Cultura
Giornate FAI, i luoghi da visitare in Piemonte nel fine settimana
Le Giornate FAI d’Autunno compiono otto anni e sono più vitali che mai. Sono giovani perché animate e promosse proprio dai Gruppi FAI Giovani, che anche per quest’edizione hanno individuato itinerari tematici e aperture speciali che permetteranno di scoprire luoghi insoliti e straordinari in tutto il Paese. Un weekend unico, irrepetibile, che sabato 12 e domenica 13 ottobre 2019 toccherà 260 città, coinvolte a sostegno della campagna di raccolta fondi del FAI – Fondo Ambiente Italiano “Ricordati di salvare l’Italia”, attiva a ottobre.
Due giorni per sfidare la capacità degli italiani di stupirsi e cogliere lo splendore del territorio che ci circonda, invitando alla scoperta di 700 luoghi in tutta Italia, selezionati perché speciali, curiosi, originali o bellissimi. Saranno tantissimi i giovani del FAI ad accompagnare gli italiani lungo i percorsi tematici espressamente ideati per l’occasione, con l’obiettivo di trasferire il loro entusiasmo ai visitatori, nella scoperta di luoghi inediti e straordinari che caratterizzano il nostro panorama. Itinerari a tema, da percorrere per intero o in parte, che vedranno l’apertura di palazzi, chiese, castelli, aree archeologiche, giardini, architetture industriali, bunker e rifugi antiaerei, botteghe artigiane, musei e interi borghi.
Ogni visita prevede un contributo facoltativo, preferibilmente da 2 a 5 euro, a sostegno dell’attività della Fondazione. Durante le Giornate FAI d’Autunno in via eccezionale anche i Beni FAI saranno accessibili a contributo facoltativo. Per gli iscritti FAI e per chi si iscriverà per la prima volta – a questi ultimi sarà dedicata la quota agevolata di 29 euro anziché 39 – saranno riservate aperture straordinarie, accessi prioritari, attività ed eventi speciali in molte città. La quota agevolata varrà anche per chi si iscriverà per la prima volta tramite il sito www.fondoambiente.it dal 1° al 20 ottobre.
(Foto Giorgio Blanco)
Tra gli itinerari tematici e i luoghi più interessanti in Piemonte:
TORINO
Il rinnovamento urbanistico della città di Torino nel ‘700
Curia Maxima o Palazzo dei Supremi Magistrati
Commissionata nel 1720 da re Vittorio Amedeo II a Filippo Juvarra, che ne fornì i primi disegni, e poi affidata a Benedetto Alfieri, la costruzione della Curia Maxima venne completata e ultimata nel 1824, quando re Carlo Felice affidò il progetto all’architetto Ignazio Michela. Il palazzo ospitava le massime magistrature dello Stato sabaudo: la Regia Camera dei Conti, che nel 1838 lo inaugurò con la prima udienza, e il Regio Senato. Successivamente è stato utilizzato come Palazzo di Giustizia fino al 2000, anno del trasferimento in corso Vittorio Emanuele II, e oggi ospita alcuni uffici comunali, la Biblioteca dell’Ordine degli Avvocati e la Biblioteca della Corte d’Appello. Eccezionalmente visitabili durante le Giornate FAI d’Autunno, i vecchi ambienti della Corte d’Appello, al momento inutilizzati e chiusi al pubblico, sono rimasti inalterati e presentano ancora gli arredi originali. Oltre a queste sale, i visitatori potranno scoprire le antiche aule di giudizio della Curia Maxima, i sotterranei dove erano collocate le prigioni e la sala delle torture, attualmente adibiti a magazzini, la Biblioteca dell’Ordine degli Avvocati, il corridoio d’onore, la Biblioteca della Corte e la Cappella della Corte.
Palazzo Capris di Ciglié
Residenza torinese della famiglia nobiliare Capris di Ciglié dei conti di Ciglié e Rocciglié, il palazzo, di origini secentesche, venne modificato e rimodernato nella prima metà del Settecento dall’architetto Gian Giacomo Plantery e nell’Ottocento ospitò il circolo del bridge frequentato dal conte Camillo Benso di Cavour. Il palazzo fu danneggiato dai bombardamenti nel 1940; venne sventrato il secondo piano, ma il piano nobile rimase integro. Di proprietà dell’Ordine degli Avvocati di Torino, che lo ha restaurato, e sede del circolo degli avvocati torinesi, è solitamente accessibile soltanto ai legali e ai praticanti della città, ospita corsi di aggiornamento, convegni e conferenze e viene straordinariamente aperto al pubblico durante le Giornate FAI d’Autunno.
Forte del Pastiss
Edificato tra il 1572 e il 1574 per volere del duca Emanuele Filiberto di Savoia, che desiderava rafforzare la difesa della Cittadella, il Forte del Pastiss, prospiciente il bastione San Lazzaro, è una casamatta – una costruzione militare in muratura corazzata a prova di bomba e munita di cannoniere – e doveva essere parte di un più grandioso progetto di fortificazione, che però non fu mai portato a compimento a causa dei costi notevoli e del prolungamento dei lavori. L’opera presenta un fronte esterno formato da una muratura di 2,80 metri di spessore e di 140 metri di lunghezza, nella cui fondazione fu ricavata una galleria di contromina. Il cunicolo, che si snoda tra i 7 e i 13 metri sotto il livello della strada, aveva la funzione di disperdere l’onda d’urto di una eventuale mina attivata dagli attaccanti, che poteva trovare sfogo attraverso uno dei 15 pozzi aperti nella volta a botte. L’interno della costruzione presenta due camere di combattimento sovrapposte. Dal piano superiore, per mezzo di apposite caditoie, era possibile difendere quello inferiore nel caso di infiltrazione da parte dei nemici. Le pareti esterne dei due livelli erano percorse da feritoie incrociate, per la difesa del fondo e del ciglio del fosso. Per tale complessità il forte prese il nome di pastiss, cioè un vero pasticcio. Dopo la sua riscoperta nel 1958, dal 1976 la casamatta fu oggetto di un cantiere permanente di scavo e recupero gestito dal Gruppo Scavi e Ricerche dell’Associazione Amici del Museo Pietro Micca.
Area archeologica Rivellino degli Invalidi
Emerso con gli scavi per il parcheggio di corso Galileo Ferraris, il Rivellino degli Invalidi è l’unica delle fortificazioni di superficie della Cittadella, riportata alla luce dopo la loro parziale distruzione alla fine dell’Ottocento. Si tratta di reperti archeologici risalenti al Seicento visitabili all’interno di un’area museale sotterranea di circa 300 metri quadrati e comprendenti parti delle mura difensive, comprese quelle del primo ampliamento di Torino del 1619, le rampe di accesso al fronte di gola, una polveriera e un esteso tratto della galleria di collegamento con il resto delle difese della Cittadella.
NOVI LIGURE (AL)
Teatro Romualdo Marenco
Aperto al pubblico in anteprima per le Giornate FAI d’Autunno, l’ottocentesco Teatro Romualdo Marenco, intitolato nel corso del XX secolo al compositore novese, svela i suoi interni dopo 50 anni di chiusura e a seguito dei recenti restauri. L’edificio, infatti, fu gravemente danneggiato da un incendio dei macchinari di scena nel 1943 e chiuso per inagibilità nel 1947, finché nel 2015 la Fondazione Teatro Romualdo Marenco ha avviato i lavori per il suo recupero. La platea – progettata da Giuseppe Becchi con l’approvazione del collega Luigi Canonica, massimo esperto di architettura teatrale dell’epoca – ricalca il modello ottocentesco di teatro all’italiana ed è caratterizzata dalla forma “a ferro di cavallo” e arredata con panche mobili e da un “alveare” di palchi, aperti sulla sala e disposti su diversi piani lungo tre pareti, mentre la quarta è occupata dall’arco di boccascena. Il teatro ha tre ordini di palchi sovrapposti e un loggione superiore che corre lungo tutto il perimetro. Al centro del secondo ordine dei palchi, sopra l’ingresso alla platea, si trova il palco reale, destinato al re Carlo Alberto, cui fu intitolato il teatro quando venne inaugurato nel 1839. La soluzione progettuale affermò la separazione dei ceti sociali con i palchetti riservati alla vecchia aristocrazia e alla borghesia nascente, la platea per la classe meno abbiente e il loggione per il popolo. Tra le particolarità, le barcacce, i palchetti a lato del palcoscenico che furono progettati in modo che potessero essere chiusi da pannelli in legno decorati e mobili e consentire ai proprietari di assistere allo spettacolo senza essere visti. Alle decorazioni lavorarono artisti di area genovese, come Giovanni Battista Cevasco (1817-1891) che ha scolpito la testa di giano sulla porta d’accesso alla platea, le cariatidi del palco reale e la boccascena.
ASTI
Palazzo Gastaldi
Sede del Consorzio per la tutela dell’Asti Spumante DOCG ed eccezionalmente visitabile in occasione delle Giornate FAI d’Autunno, Palazzo Gastaldi, affacciato su piazza Roma, venne realizzato su progetto di Carlo Bensi nel 1898, su commissione di Luigi Gastaldi, banchiere ed esponente di spicco della borghesia industriale astigiana. È uno degli edifici più belli della città, decorato dal pittore canellese Giuseppe Rizzola che lavorò per molti anni a Roma al Quirinale ed eccellente esempio del gusto liberty declinato nelle decorazioni a conchiglie, acanto e melograno, con accenni di forme eclettiche ispirate al rococò. L’atrio d’ingresso è sovrastato da stucchi a conchiglioni e motivi fitomorfi, con l’inconfondibile lastricato a tozzetti di legno pieno, mentre un drago e girali vegetali ornano la ringhiera della scala che conduce ai piani superiori.
BIELLA
Birrificio e Museo della Birra Menabrea
Motivo d’orgoglio per la città di Biella, il birrificio fondato da Giuseppe Menabrea è il più antico birrificio attivo in Italia e produce birre di alta qualità dal 1846. Nel corso dell’Ottocento l’attività ottenne importanti onorificenze da parte dei regnanti e raggiunse il successo grazie all’applicazione della tecnica a bassa fermentazione, all’epoca poco diffusa, e l’utilizzo di materie prime di qualità, prima su tutte l’acqua delle fonti biellesi. Nel 1896 la società passò in mano a Emilio Thedy e Augusto Antoniotti, mariti delle sorelle Menabrea, e da quel momento la famiglia Thedy ha guidato l’azienda. Il percorso all’interno del birrificio e del Museo della Birra Menabrea si concentrerà sul legame di Birra Menabrea con il territorio biellese e si snoderà tra gli antichi e i nuovi macchinari, le materie prime e la storia delle famiglie Menabrea e Thedy. La visita proseguirà, infine, nella sala cottura, cuore del birrificio, struttura all’avanguardia per funzionalità e spettacolare per impatto visivo, inaugurata a fine maggio.
TRIVERO (BI)
Cascina pilota di Caulera
Tra i più importanti progetti di Ermenegildo Zegna per il territorio, vi era quello di “bonificare” il bacino del Sessera e la montagna triverese attraverso il rimboschimento della zona brulla e la costruzione della Strada Panoramica. Era necessario, inoltre, creare un alpeggio sperimentale, un esempio per le altre casere alpestri. Nacque così, nel 1941, l’Alpe pilota, perché “pilota” in quell’impresa. L’obiettivo era un sistema armonico di utilizzo razionale del pascolo, con criteri sinergici tra territorio, animali e pastori. Una visione innovativa, la cui finalità era quella di antropizzare nuovamente un ambiente spopolato e fragile. Nel 1951 l’Alpe pilota accoglieva 40 pezzate rosse d’Oropa; ospita oggi un’azienda agricola a conduzione famigliare. L’allevamento che vi si pratica è sostenibile, basato sul rispetto e sulla cura dell’animale e della natura. A partire dal 2015 è iniziato un recupero e una ristrutturazione delle stalle esterne e successivamente dello stabile principale, in cui è attivo il caseificio, il laboratorio e un piccolo punto vendita.
Casa Zegna
Parte di Fondazione Zegna – nata nel 2000 con l’obiettivo di dare continuità ai valori, al pensiero e all’azione di Ermenegildo Zegna – Casa Zegna è archivio storico e polo di aggregazione culturale. All’interno del complesso produttivo, fondato da Zegna nel 1910, in una palazzina anni Trenta che fu la casa di famiglia, è stato creato un nuovo concept archivistico museale. La mostra in allestimento permanente racconta un’impresa familiare impegnata da quattro generazioni a realizzare la visione e gli ideali del suo fondatore: qualità, innovazione continua, responsabilità sociale e ambientale. Nel contesto di Padre e Figlio, progetto espositivo allestito in diverse sedi biellesi e incentrato sul dialogo tra Michelangelo Pistoletto e suo padre, Ettore Pistoletto Olivero, durante le Giornate FAI si potrà ammirare in Casa Zegna un omaggio a Ettore, apprezzato pittore di paesaggi e nature morte.
MASSINO VISCONTI (NO)
Durante le Giornate FAI d’Autunno verrà proposto un percorso alla scoperta del passato di Massino Visconti – con le chiese della Madonna di Loreto, di San Salvatore e di San Michele – e dello stretto legame tra il borgo e la nobile famiglia che ne fu feudataria per diversi secoli. Di questo rapporto restano testimonianze non solo nel Quartiere viscontino, dove si possono osservare portali medievali, tracce di murature dell’epoca e due interessanti capitelli scolpiti con lo stemma del “biscione” e con il castello e l’aquila imperiale, ma soprattutto nel Castello. Il vasto complesso, oltre a una robusta torre che reca le date 1548 e 1555, comprende edifici risalenti a epoche successive, cortili e giardini con ampie vedute verso il paese e verso il lago. Di un primo castello si hanno notizie sin dal Duecento, ma è nel Cinquecento che la fortificazione si trasformò in residenza padronale, dove erano conservati i proventi in natura, soprattutto il vino, che i Visconti riscuotevano dai sudditi. Nel 1721, vi nacque Filippo Maria Visconti, poi arcivescovo di Milano. Il castello è ancora oggi proprietà della famiglia Visconti di San Vito ed è aperto solo occasionalmente.
VARALLO (VC)
I giovani del FAI accompagneranno i visitatori in un itinerario all’interno delle più belle ville ottocentesche del comune che sorge sulle sponde della Sesia.
Villa Durio
Sede dell’amministrazione comunale, tra le più belle di tutto il Piemonte, in occasione della grande apertura autunnale del FAI Villa Durio ospiterà nel suo splendido parco una mostra con oltre 400 varietà di zucche provenienti da tutto il mondo. Sul tema della zucca, i produttori enogastronomici locali esporranno i loro prodotti tipici, mentre gli artigiani le loro creazioni di strumenti musicali e oggetti sonori con zucche secche. Sarà possibile scoprire tutte le curiosità sulle diverse tipologie di zucche e sulle loro proprietà curative e culinarie.
Villa Virginia
Edificata per volere della famiglia Axerio Cilies, di cui alcuni membri erano imprenditori del marmo artificiale, Villa Virginia è un esempio dell’utilizzo del finto marmo di Rima, tecnica ornamentale valsesiana che ebbe grande successo anche presso le grandi corti europee che la richiesero per la decorazione dei palazzi. Degni di nota sono, inoltre, il grande lucernario soprastante il vano d’ingresso e il salone centrale, posto nell’ala meridionale del piano terreno, il cui soffitto è decorato con uno splendido affresco a tema allegorico. Lungo le pareti si trovano pannelli in marmo artificiale giallo con molteplici tipi di venature. L’apertura sarà impreziosita dalla mostra L’assenza. Un percorso fotografico e sonoro di Claudio Farinone e da due laboratori dedicati alla manipolazione del finto marmo.
Villa Barbara
Villa Barbara è stata progettata nel 1883 dal geometra Cesare Peco, su commissione della famiglia Durio. Nel 1934 è stata acquistata da Adolfo Grober, grande industriale locale. Nel 1968 la villa passa nelle proprietà del Comune e oggi ospita gli uffici della Pretura. La villa è in stile eclettico ed è caratterizzata nel prospetto dalla suddivisione in tre parti con un loggiato centrale che occupa l’intera altezza dell’edificio. Per le Giornate FAI d’Autunno la cornice di Villa Barbara ospiterà la mostra Movimenti di ferro e luce, una ricerca creativa di Giovanna Vettorello.
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