Ambiente
Cosa fa luccicare la Dora? Non è il cromo esavalente
Alcuni cittadini allarmati da dei detriti argentei depositati dalla Dora nel tratto urbano di Torino hanno avvisato Arpa Piemonte con il timore che possa trattarsi di cromo VI anche detto cromo esavalente, una sostanza cancerogena che può inquinare falde acquifere e corsi d’acqua.
L’Arpa chiarisce riassumendo la storia di Spina 3 e il fiume Dora:
Il Parco Dora: un po’ di storia
Nei pressi del Parco Dora vi è un grande comprensorio interessato da importanti opere di urbanizzazione dalla fine degli anni ‘90 e tuttora in corso. In questa area si inserisce quella che viene definita “Spina 3”, vale a dire una delle quattro aree in cui è suddiviso l’ipotetico asse centrale della Città di Torino. Su questo territorio, caratterizzato dalla massiccia presenza di impianti industriali attivi dalla fine degli anni ‘80, si è da subito avviata un’importante opera di bonifica dagli inquinanti lasciati nel suolo e nelle acque. Lo scopo era quello di renderlo fruibile anche a fini di svago, con livelli di contaminanti, quindi, inferiori.
E’ stata riscontrata la presenza del cromo esavalente sin da subito, principalmente in un’area posta sulla sponda sinistra della Dora, in quello che è stato definito “Comprensorio Vitali”. A partire dai primi anni duemila è stata quindi avviato un procedimento volto alla bonifica dell’intera area, tuttora in corso.
Il cromo
Il cromo esavalente (o cromo VI), una delle forme in cui si presenta questo metallo, è caratterizzato dall’essere uno dei più importanti e pericolosi inquinanti ambientali: è tossico, cancerogeno e mutageno (vale a dire provoca mutazioni genetiche) ed ha la caratteristica di essere molto solubile in acqua. Era ed è ampiamente impiegato nell’industria metallurgica, chimica e tessile.
I livelli di cromo esavalente presenti nel terreno per la normativa italiana non devono superare i 2 mg/Kg per le aree verdi residenziali e 15 mg/Kg per i siti a uso commerciale e industriale. Il limite nelle acque sotterranee, cioè quelle di falda, è invece 5 µg/l (vale a dire 5 microgrammi per litro, dove il microgrammo è la milionesima parte del grammo, quindi 0,005 mg/l). In caso di superamento di questi valori scatta l’obbligo di bonifica. Riguardo a questi valori, ed in particolare a quello delle acque sotterranee, si evidenzia che l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) pone per le acque destinate al consumo umano il valore guida di 0,05 mg/l, vale a dire 50 µg/l, quindi 10 volte superiore al valore che per l’Italia non deve essere superato nelle acque sotterranee, pena l’obbligo della bonifica. Per l’acqua potabile italiana esiste attualmente solo un limite espresso per il cromo totale (che comprende quindi il cromo esavalente), ed è pari a 50 µg/l; il 31 dicembre dovrebbe entrare in vigore il nuovo limite specifico per la forma esavalente del cromo, previsto in 10 µg/l (quindi sempre il doppio rispetto a quello per le acque sotterranee).
La bonifica
Nel “Comprensorio Vitali”, com’è d’uso per la bonifica di aree contaminate, è stata creata una fitta rete di piezometri (pozzi che consentono il prelievo di acque sotterranee) al fine di valutare gli effetti della bonifica. Esperti incaricati dalla proprietà dell’area conducono periodiche campagne di monitoraggio sui piezometri e sulla porzione della Dora prospiciente il comprensorio che, dallo studio dell’andamento della falda, potrebbe essere interessata da un’eventuale contaminazione. Gli esiti sono trasmessi ai vari Enti, tra cui Arpa, per le valutazioni del caso. Periodicamente anche Arpa svolge ulteriori indagini sia sulle acque sotterranee, sia sulla Dora: gli esiti hanno confermato l’attendibilità dei dati forniti dalla proprietà.
Le analisi hanno evidenziato che il fenomeno è generalmente in calo e la contaminazione dell’acqua di falda monitorata nei pozzi posti lungo la Dora è sostanzialmente entro i limiti imposti dalla normativa. Non è così per altri pozzi di confine sul lato est del sito, che presentano ancora lievi superamenti: lo scopo della bonifica è proprio quello di far rientrare anche questi valori.
In conclusione l’Agenzia rassicura sul luccichio argenteo dei detriti: non si tratta di cromo VI che invece è di colore rosso o giallo. Molto probabilmente si tratta di micacisti, un tipo di roccia presente nel bacino idrografico della Dora, che la fluttuazione ha portato a valle fino in città.
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