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Alla scoperta del Chiossetto con Urbexteam-OldItaly #villeabbandonate

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La villa che vi presentiamo oggi ha dell’incredibile. La sua storia risale al 1700 quando ne fece la sua residenza una delle famiglie più famose d’Italia: la famiglia Artom; Una famiglia di origine ebraica che tanto ha dato non solo al Piemonte, ma anche alla scienza e alla Nazione, anche quando ancora era in embrione e si chiamava Regno Sardo-Piemontese. Gli Artom erano una famiglia di scienziati, diplomatici, bottegai, giuristi, economisti e scrittori.

Il primo Artom noto per aver contribuito all’unità d’Italia accanto a Camillo Benso Conte di Cavour fu Isacco, l’Ebreo, figlio di Raffaele e di Benedetta Segre, nato il 31 dicembre 1829. Isacco Artom (1829/1900) fu il più valido e fidato dei collaboratori di Camillo Benso Conte di Cavour ed in questa veste partecipò all’elaborazione di tante delle tele che hanno reso famoso il “Tessitore”, ma fu anche ambasciatore e Ministro Plenipotenziario nelle trattative della Pace di Vienna del 1866 e fu ancora lui che ebbe l’incarico di convincere l’imperatore Francesco Giuseppe a non intervenire in caso di ingresso in Roma da parte degli Italiani, rivelandosi così il vero artefice di quella che passò alla storia come “La breccia di Porta Pia” (che sancì la fine delle guerre di indipendenza e realizzò l’unità d’Italia con Roma capitale del Regno).

Ma non basta; in quella villa, visse anche Alessandro (1867/1927), forse il più noto degli Artom, l’inventore, tra l’altro, del radiogoniometro, ed a cui è intestato l’Istituto Tecnico Industriale Statale cittadino, che devolvette allo Stato ogni compenso per tutti i suoi innumerevoli brevetti meritandosi per questo dal re Vittorio Emanuele III il titolo di Barone, di cui ancora oggi possono fregiarsi i suoi discendenti. Le antenne radio direzionali sono oggi alla base dei sistemi di telecomunicazione radiofonica e televisiva, di navigazione marittima, aerea e spaziale, di radioastronomia e radarastronomia. Artom s’interessò anche a fenomeni atmosferici, alla protezione dalle scariche (brevettò nel 1920 un tipo di parafulmine radioattivo) e alla formazione e prevenzione della grandine.
La Villa viene spesso citata anche da uno degli ultimi Artom, Guido (1906/1982), nel suo libro “ I giorni del mondo” :  “La sera del pranzo di Pasqua, in famiglia si auguravano a vicenda ‘questo altr’anno a Gerusalemme’ (…) Ma in realtà ogni volta che Raffaele ritornava al Chiossetto (…) sentiva che la sua terra era quella, che il paesaggio di collina, tagliato dalle anse lente del fiume, era quello in cui avrebbe voluto trascorrere la sua vita, i giorni, le notti”. Questo libro racconta dell’emancipazione della comunità ebraica, in parallelo con l’indipendenza dell’Italia e s’intreccia con le vicende della famiglia dello scrittore negli anni del Risorgimento.
Oltre alla Villa del Chiossetto, la collina dove si erge fu ricca di eccellenze storiche; Fu la collina del premio nobel Rita Levi Montalcini, sfollata qui durante la guerra: la collina della sua giovinezza. Un po’ più in là, risiede la casa a mezza costa dove Manzone dipingeva, dove lui e il grande Guglielminetti si incontravano.

Entrare al Chiossetto è come immergersi in diversi capitoli della storia d’Italia. Le emozioni sono tante e la ricchezza intellettuale della casa è tangibile. In ogni stanza risiede qualche cenno del passato pieno di significato storico. Lasciare all’abbandono un tale tesoro è davvero un grande peccato; vale a cancellare una parte del patrimonio culturale italiano.

(Articolo e foto di Urbexteam OldItaly e Blamboley)

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