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Cultura

Arrivata a Torino in fuga dai Balcani diventa membro del Consiglio internazionale della danza

Gabriele Farina

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Lei si chiama Ivana Nikolic ed è arrivata a Torino nel 1994. Era una bambina ed era in fuga dalla guerra dei Balcani. Papà ortodosso e mamma musulmana, in quelle terre in quel periodo proprio non avrebbe potuto rimanere.

A Torino ha costruito la sua vita e la sua carriera di danzatrice, unendo cultura Rom e italiana partendo dalla Casa del Quartiere di Mirafiori. Ora Ivana è diventata membro del Consiglio internazionale della danza, l’organizzazione fondata nel 1973 dall’UNESCO per tutte le forme di danza, in tutti i paesi del mondo.

Ivana così e con queste foto, ha annunciato su Facebook l’importante riconoscimento e impegno:

Questa foto è stata scattata a Torino nel 1994 e la bambina con la tuta bianca sono io. Da pochi mesi avevamo raggiunto l’Italia dopo essere fuggiti attraverso la Bosnia e la Germania. Durante la guerra dei Balcani, infatti, il fatto di costituire una coppia mista (marito ortodosso, moglie musulmana) era sufficiente per essere uccisi. Mentirei se dicessi che non ci siamo andati vicini, più volte.
Il primo corso di ballo l’ho tenuto a 20 anni nella casa del quartiere di Mirafiori (per i non torinesi, una di quelle periferie in cui i problemi hanno la forza di uno schiaffo in faccia ma le amicizie sono abbracci senza fine).
La mia danza è un racconto. In ogni gesto c’è la storia della mia famiglia, con le sue ferite e le sue risate intorno al tavolo della cucina. In ogni passo c’è una cultura che ho incontrato, un amico che ha intrecciato le sue orme con le mie.
Qualche settimana fa ho ricevuto una lettera che dice che sono membro del Consiglio internazionale della danza, che è l’organizzazione ufficiale per tutte le forme di danza, in tutti i paesi del mondo, fondata nel 1973 dall’UNESCO.
Mentre mi rigiro la medaglietta tra le mani penso: “sono davvero io?”. Sì sono io, che rappresento allo stesso tempo la cultura Rom, e l’Italia, nel mondo.
Tutti gli uomini e le donne della mia famiglia sono sopravvissuti a un qualche genocidio, questo è storia. La prima foto di questo album serve per ricordare che non può esserci arte che non abbracci l’umanità intera, e che il ritmo della musica si sente più forte quando sai camminare a piedi scalzi.

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