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Cultura

L’uomo della radura, intervista con Cristina Converso

Gabriele Farina

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Siete mai stati a Moncenisio, in val Susa? Se andate in piazza trovate un frassino monumentale. Ha più di 300 anni e una chioma con una circonferenza di 570 centimetri. E’ il vero protagonista de L’uomo della radura, racconto di Cristina Converso edito da Buendia Books.

La storia narra invece di Sandra, capotreno sul convoglio che attraversa la valle tutti i giorni. La donna approfitta di una sosta forzata per raccontare una ragazzina che individua come anima solitaria la sua storia. Una storia di abbandono e rinascita, una storia di crescita e di ricostruzione. Una storia che è strettamente legata a quei luoghi e a quella natura… e naturalmente a quel frassino. Ma anche una storia che è un thriller vero. Trovate qui la recensone completa del libro.

Cristina Converso ha risposto alle mie domande.

Dottore forestale, lavori per Arpa Piemonte, ma il tuo amore per gli alberi e la natura ti spinge anche a scrivere sul tema. Come nasce questa tua passione?

Lavorare all’Arpa mantiene attiva la mia sensibilità ambientale quotidiana, ma in quella sede, si trattano numerosi argomenti anche di carattere tecnico che poco hanno a che fare con la visione più letteraria della natura. Quindi, nel tempo libero coltivo questa passione, come la definisci tu, per gli alberi e il loro rapporto con l’uomo. Sinceramente non saprei dirti da dove scaturisce quest’amore, sono nata così. Sin da piccola li amavo e li disegnavo e raccoglievo ogni sorta di reperto arboreo; sono i geni della donna del paleolitico che si svegliano quando vedo una chioma verde. D’altronde non dobbiamo mai scordare che l’uomo ha trascorso il 99,5% della sua storia evolutiva immerso nelle foreste o in ambienti simili, pianure alberate ricche di corsi d’acqua. Per me sono esseri viventi, compagni di vita quotidiana.

L’uomo della radura è una storia di abbandono e di rinascita, di solitudine e di crescita. Ci racconti come è nata l’idea?

L’idea nasce dal mio amore per il lago del Moncenisio, che ritorna in altri mei racconti. Il fascino di una terra di confine dove per secoli sono passate anime, con desideri, speranze, delusione e morte. Il racconto è un noir green, doveva far vivere insieme le due anime, quella nera e quella verde. Quindi quale altro scenario perfetto per un incontro così potente, se non lo spazio che ci offre quel meraviglioso altopiano, dove aria, acqua, fuoco e ghiaccio convivono. Dove il ciclo della vita è breve ma violento, un po’ come la trama del racconto. Dove, se non a quelle quote, l’uomo può vivere la solitudine ma anche la rinascita. E poi, mi piaceva l’idea dell’abbandono della montagna che in quegli anni era un fenomeno attuale, che oggi per fortuna sta rientrando.

In cosa il personaggio di Sandra ti somiglia?

Nel suo rapporto con la natura, o almeno, quello è il rapporto che vorrei avere con la natura. Sandra è cresciuta nella radura, tra il valico e il paese, e lì ha sviluppato i sensi animali e ha imparato ha vedere tutti gli esseri viventi in modo unico e differente da tutti gli altri. Un paesaggio interiore solo suo che vive e custodisce ogni volta che si guarda intorno.

Tra i protagonisti della vicenda c’è il frassino di Moncenisio. Parlaci di lui…

Beh, che posso dire del frassino! Come ogni albero monumentale occorre vederlo e toccarlo per sentire quanto elettromagnetismo emanino certi esseri viventi. Di sicuro ha sofferto e le sue ferite sono evidenti, ma la bellezza sta nel fatto che, senza fuggire, ha saputo piegarsi e crescere in alto verso la luce, resistendo. E come ogni sapiente esige rispetto. Nel racconto tutto il paese mi muove per lui, come mai avrebbe fatto per un uomo.

Ci consigli un piccolo angolo di Val Susa da scoprire?

Mi ricollego alla domanda precedente e vi consiglio un gita al colle del Moncenisio, passando per il paese, appunto a vedere il frassino. Ogni giorno è perfetto per visitare quell’angolo di mondo e farsi incantare. Io personalmente preferisco la sera al tramonto o i tardi pomeriggio di settembre ed ottobre, dove è davvero difficile capire se ci si trova in Val di Susa o in qualche insenatura scozzese.

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