Cronaca
Omicidio Murazzi, il Presidente della Corte d’Appello: non possiamo farcela da soli, potrebbe accadere di nuovo
Il Presidente della Corte d’Appello di Torino, Edoardo Barelli, ha espresso in conferenza stampa tutto il suo dolore per il caso di Said Mechaquat, che ha ucciso Stefano Leo mentre avrebbe dovuto essere in carcere. Condannato a 18 mesi in via definitiva il 18 aprile 2018, a febbraio 2019 l’uomo era ancora a piede libero.
Barelli ha poi cercato di spiegare come la situazione sia drammatica, concludendo che non è in grado di garantire che un episodio del genere non si ripeta di nuovo. Barelli è sceso nel dettaglio di quanto accaduto:
“La persona indagata dell’omicidio ha commesso un reato di maltrattamenti in famiglia nel 2013. La sentenza di primo grado risale al 20 giugno 2016 cioè a tre anni di distanza dai fatti. La legge sul punto prevede che in primo grado il processo duri tre anni. Tempi dunque rispettati. È stato proposto appello. Come sapete la Corte d appello è in grave ritardo e lo abbiamo già detto più volte ma in questo caso la Corte di primo grado ha emesso un ordinanza di inammissibilità il 18 aprile 2018 nel tempi previsti. Una volta che il giudice ha emesso il provvedimento a quel punto lo stesso può essere impugnato in Cassazione. E ci sono tempi tecnici.
La cancelleria a questo punto, se ciò non avviene, mette un timbro di irrevocabilità . La sentenza è divenuta irrevocabile l’8 maggio 2018. Se il 9 maggio il cancelliere avesse immediatamente trasmesso l’estratto e ammesso che la Procura avesse eseguito la sentenza non c’è alcuna garanzia che il 23 febbraio Said sarebbe stato in carcere. Anche in sede esecutiva, ogni 6 mesi se uno si comporta bene, il condannato ha 45 giorni di beneficio. E comunque poteva accedere a misure alternative. Capisco che è difficile da spiegare. La.mancanza di personale in corte d’appello è una scriminante. Tutto quello che riguarda l’organizzazione e i servizi spetta al ministero della giustizia. Siamo stato in seria difficoltà . Lo sapete tutti. Ho cercato di rendere più efficiente la.macchina sui procedimenti pendenti che sono diminuiti. Se si lavora di più aumenta il lavoro di cancelleria che per legge da priorità all’esecuzione delle sentenze superiori a tre anni. Quando una persona viene condannata a un anno e mezzo il condannato avrebbe potuto accedere alle misure alternative previste dalla legge.
Stiamo facendo l’impossibile per rientrare dal pauroso arretrato ma i servizi di cancelleria sono gravemente carenti. Detto questo quando c’è un problema si coglie l’occasione per cercare la soluzione perché questo non accada più. Sarà l’occasione perché un caso del genere non capiti più. Devo essere sincero fino in fondo. Con le attuali forze non posso garantire che questo non succeda mai più. Noi ce la mettiamo tutta ma c’è bisogno che qualcuno ci aiuti. Non possiamo farcela da soli. Ma la giustizia non è un costo è un investìmebto che se aueri vi sono rende e da massime garanzie.”
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