Cultura
La Chiesa del SS. Sudario a Torino riapre al pubblico dopo il restauro
La Chiesa del SS. Sudario di Torino è pronta per riaprirsi alla città e per svelare finalmente, dopo i restauri, lo splendore della sua volta a botte affrescata negli anni ’30 del Settecento dai pittori Piero Alzeri e Michele Antonio Milocco. Il gioiello settecentesco appartenente alla Confraternita del SS. Sudario, e nella cui cripta da vent’anni ha spazio il Museo della Sindone, viene ufficialmente riconsegnato ai torinesi venerdì 11 gennaio.
Sarà una giornata densa di appuntamenti, a partire dalle 12 e sino alle 22,30, scandita dall’arrivo delle autorità, da visite e da momenti di preghiera, e culminante in un concerto serale. Presenti all’incontro le rappresentanti delle dieci restauratici del Centro Conservazione e Restauro della Venaria Reale che ha condotto gli interventi di recupero delle inquadrature trompe l’oeil firmate dal veneziano Pietro Alzeri e del dipinto al centro della volta: la Trasfigurazione di Cristo, realizzato nel 1734 dal pittore piemontese Michele Antonio Milocco. A spiegare il valore artistico e culturale del progetto ci saranno Stefano Trucco, presidente del CCR e gli esponenti degli enti sostenitori del restauro: Giovanni Quaglia, presidente di Fondazione CRT, Laura Fornara, vice responsabile dell’Area Arte, Attività e Beni Culturali della Compagnia di San Paolo, e Carlo Piccolo del Niaf (National Italian American Foundation di Washington), che impossibilitato a venire di persona in Italia ha comunque preparato una lettera di felicitazioni per la positiva conclusione dell’opera. A fare gli onori di casa sarà Gianfranco Favarato, presidente della Confraternita del SS. Sudario, proprietaria della chiesa. Gli approfondimenti sui restauri saranno a cura di Valeria Moratti, storico dell’arte della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città di Torino e di Michela Cardinali, direttore del Laboratorio di restauro del Centro Conservazione e Restauro della Venaria Tra i relatori prenderà la parola, con un intervento sulla storia della chiesa, anche Gian Maria Zaccone, direttore del Centro Internazionale di Sindonologia, ente che da 50 anni segue le ricerche scientifiche sulla Sindone e che è anche responsabile della conduzione scientifica del Museo della Sindone.
Gli enti sostenitori del restauro Niente di più opportuno di un’inaugurazione a più voci per sottolineare la coralità del progetto; per segnalare che l’urgente programma di recupero non sarebbe stato possibile senza la sensibilità e le risorse di una cordata di enti a vocazione internazionale e tuttavia saldamente radicati sul territorio piemontese. Innanzitutto la Fondazione CRT, che nell’ambito del bando sui “Cantieri diffusi” per il recupero di beni sottoposti a tutela del patrimonio storico
artistico e architettonico del Piemonte e della Valle d’Aosta, ha stanziato a inizio 2018 i 36 mila euro che hanno consentito l’avvio del cantiere, nell’aprile scorso. Ma la somma si è aggiunta ai 27 mila già erogati nel 2016 dal Niaf, il National Italian American Foundation di Washington, che aveva così inteso testimoniare i legami degli italoamericani con l’arte e i valori della terra di origine. Data l’entità dei danni – che si è potuta constatare solo in primavera, a ponteggi montati, e quindi con una visione ravvicinata degli affreschi – è stata infine chiesta ed ottenuta una elargizione liberale da parte della Compagnia di San Paolo, che porterà in cassa altri 30 mila euro.
La riapertura del SS. Sudario Finalmente riaperta, la Chiesa potrà tornare a servizio delle funzioni religiose e degli incontri dei Confratelli del SS. Sudario. Ma l’intenzione è quella di estenderne la fruizione alla città, con calendari di mostre, conferenze e concerti. Il primo della serie sarà quello in programma proprio l’11 gennaio, alle 21. Organizzato dal’Associazione Musicaviva – presidente e direttore artistico Daniela Costantini – il concerto è un estro poetico armonico sui Salmi di Benedetto Marcello e sarà eseguito da Soli, Coro e Camerata strumentale di San Pancrazio sotto la direzione di Bruno Bergamini.
Concepita in prima istanza come oratorio, la chiesa del SS. Sudario fu costruita tra il 1734 e il 1735, di fianco all’ospedale dei Pazzerelli, gestito dalla stessa Confraternita del SS. Sudario e proprio a servizio dei malati di mente loro assistiti, Vero gioiello architettonico settecentesco, era stata progettata – a navata unica – dall’ ingegnere Ignazio Mazzoni, confratello della Congregazione del Santo Sudario, che l’aveva anche fatta erigere. “La monotonia delle ampie pareti laterali fu…interrotta da diverse lesene – informa un saggio dello storico Luigi Cesare Bollea sulla Confraternita e sugli affreschi della sua chiesa – sormontate da ricchi capitelli in istucco ed un doppio movimento di porte e di finestre sovrapposte. Lo sfondo della chiesa, dalla parte opposta all’entrata, è dipinto a colonne, statue e cornici, raffiguranti un tempietto barocco che si distacca con un magnifico rilievo illusorio…”. Un contesto ideale per gli affreschi dell’Alzeri e per la pala del Milocco. L’ apertura al pubblico risale al 1764, sempre su iniziativa della Confraternita ,che fece realizzare il portone sulla strada per offrire al re Carlo Emanuele III la disponibilità dei propri cappellani per l’ assistenza religiosa ai militari e alle loro famiglie, residenti nei quartieri militari costruiti in quell’epoca a pochi passi dalla Chiesa. “Non è a dire in quanta folla i Torinesi accorressero alla nuova chiesa – si legge nel volume di Giovan Battista Artuffo sulla Regia Confraternita, edito per i tipi della Libreria Salesiana nel 1898 – e come generose fossero le loro offerte a pro’ dei mentecatti quasi a testimonianza di lode per lo splendore delle religiose funzioni che quivi avevano luogo”. “Così animati gli amministratori della Confraternita deliberarono addì 30 luglio 1766 di arricchire la propria chiesa del campanile e d’un nuovo Altar Maggiore, nonché di due altari laterali…” La cura per l’edificio trovava immediata corrispondenza nello zelo del servizio: una messa solenne nei giorni festivi, oltre le consuete messe lette, quaresimali predicati da oratori di fama, e poi corsi di istruzioni religiose domenicali ed esposizioni di catechismo subito prima dei Vespri e ancora la pubblicazione di libri di Lezioni sacre e morali. Tutto a non voler parlare delle molteplici opere di carità che si potevano condurre grazie a lotterie, caritatevoli soccorsi e anche frutti di eredità. Quando nel 1811 l’esercito francese di Napoleone occupò l’Italia, la Confraternita, al pari di troni e istituzioni varie, fu soppressa, i beni incamerati, gli archivi con le testimonianze del culto, incendiati e la chiesa stessa adibita a magazzino. “né solo fu così profanata – si legge ancora nel volume dell’Artuffo – Ma da essa ancora si tolse quanto era possibile asportare… venne alienato il ricchissimo Altar Maggiore, di prezioso marmo e fregiato di aquile in bronzo per trasportarlo alla chiesa dei SS. Simone e Giuda, dove pure venne portato l’organo colla rispettiva cassa e cantoria ricca… di pregiatissimi intagli e dipinti”. Quanto al pulpito e alla balaustra “questa di marmo finissimo, quello ricco di intagli in legno noce e di stile barocco, vennero pure venduti al miglior offerente. Così una gran parte delle opere, frutto dei sacrifizi fatti nell’ardenza di fede e di zelo per la gloria di Dio, durante circa due secoli e mezzo dai Confratelli del SS. Sudario, venne da mano usurpatrice distrutta in pochi giorni.” Furono tre anni terribili per la città e per la chiesa, trasformata in bivacco per le truppe e per le bestie, stalla, dormitorio di clandestini e covo di merci di dubbia provenienza.
Alla caduta del Grande Napoleone, Re Vittorio Emanuele I ritornava il 20 maggio del 1814 in Torino, accolto con affetto e riverenza figliale. “In sulle prime – così ancora l’Artuffo – niuno degli antichi confratelli del SS: Sudario pensò a richiamare in vita il Pio Sodalizio, ma dopo alquanti mesi di pace sorse il pensiero del ristabilimento. Epperciò convenuti in Generale Adunanza gli antichi Confratelli deliberarono di presentare a tal fine umile supplica al Re…”. Nel 1820 finalmente la Confraternita poteva riprendere possesso della sua Chiesa, che sino ad allora era stata ancora usata come magazzino militare. Mentre si affermava via via un clima vivacemente anticlericale la Confraternita perdeva nel 1888 la direzione del Manicomio, ma poteva concentrarsi sui servizi filantropici per le famiglie che ne popolavano i dintorni. La priorità fu data al restauro della chiesa del SS. Sudario, che “ trascurata quanto mai negli anni precedenti, quando le riparazioni sarebbero state a carico della Regia Direzione del Manicomio, presentava di sé triste spettacolo e più non era degna del culto divino. Primo pensiero fu erigere un altare marmoreo ad onore della Vergine Addolorata…”. Ma tutto l’edificio fu al centro di un recupero radicale. Anche le due Guerre mondiali segnarono il destino della chiesa. In particolare, nell’ estate del 1943, data la violenza dei bombardamenti su Torino, venne anche concepito un progetto di trasformarla in rifugio antiaereo per i residenti del quartiere, progetto presto abortito per mancanza di fondi adeguati. Pochi mesi dopo, nel novembre, il SS. Sudario doveva anzi dare ospitalità al parroco e ai parrocchiani della vicina chiesa del Carmine, gravemente danneggiata dalle incursioni della RAF e in vista delle più frequenti funzioni pubbliche veniva almeno essere provvista di nuovi vetri alle finestre, dal momento che quelli originali erano andati in frantumi. Sta di fatto che spesso i suoi locali venivano occupati anche da senzatetto e disperati e non di rado trasformati in covo da ladri di mestiere e dagli sciacalli che razziavano gli appartamenti temporaneamente lasciati incustoditi sotto la pioggia di granate. Nonostante il prodigarsi dei Confratelli del SS. Sudario, che avevano fatto di tutto per salvaguardarne integrità e dignità, la chiesa all’indomani del secondo conflitto mondiale appariva fatiscente e spoglia, danneggiata dai nemici non meno che da balordi di passaggio. I successivi interventi di restauro furono lenti, faticosi, segnati da battute di arresto e dalla continua mancanza di fondi. Nel ’57 fu necessario consolidare il campanile, ma ai lavori provvide direttamente il Genio Civile di Torino. Nei primi anni ’60 si poté invece mettere mano al ripristino di parte della chiesa, grazie anche all’impegno del Venerabile Adolfo Barberis, prete eclettico torinese, studioso della Sindone e amante dell’arte sacra. Lo stesso Barberis nel 1961 fu autore dei bozzetti per la nuova balaustra. Per un’opera di recupero completa e radicale si dovette comunque attendere sino al 1996. Lunga la gestazione, ma notevole il risultato: il progetto sfociò infatti nel 1998 nell’apertura della cripta della chiesa al museo della Sindone, centro espositivo unico nel panorama culturale del nostro paese. Al di là del Duomo, dove il Lenzuolo è stabilmente conservato, ma non visibile, se non nei rari periodi di ostensione, questo è infatti il luogo che più di ogni altro offre la possibilità di accostarsi alla Sacro Lino.
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