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I ricercatori del dipartimento di Fisica di Torino scoprono fra i segreti più profondi della radiazione elettromagnetica

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Un team di ricerca del Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino e della Sezione di Torino dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha scavato in profondità nell’Universo,

in una parte ancora sconosciuta della radiazione elettromagnetica di alta energia, realizzando quella che è al momento la visione più profonda mai ottenuta.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Physical Review Letters, è stato coordinato da Michela Negro, in collaborazione con Simone Ammazzalorso, Marco Regis, Luca Latronico e Nicolao Fornengo e con il supporto della Collaborazione Fermi-LAT.
Grazie a Fermi, il telescopio spaziale della NASA, negli ultimi dieci anni il cielo attraverso la radiazione gamma è stato studiato in grande dettaglio. La missione Fermi vanta un’ampia collaborazione internazionale a cui l’Italia partecipa, oltre che con l’Università di Torino, l’INFN e l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), anche con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).
Oltre all’emissione diffusa di raggi gamma della nostra stessa Galassia, gli studiosi hanno identificato individualmente le più brillanti sorgenti gamma presenti nel cielo. Tutto questo però rappresenta soltanto la punta dell’iceberg: le sorgenti più deboli sono infatti le più numerose, ma essendo poco luminose non si possono vedere individualmente. La loro emissione cumulativa va a formare una luce diffusa che proviene da ogni parte del cielo e, pur rappresentando soltanto il 20% del totale, nasconde alcuni dei segreti più profondi dell’Universo, tra cui forse un segnale dovuto alla materia oscura.
Gli autori hanno utilizzato una tecnica particolare, sensibile alle piccolissime fluttuazioni del bagliore diffuso, dovute al fatto che questo è prodotto dalla somma di moltissime sorgenti molto deboli. Lo studio ha permesso di misurare queste fluttuazioni e di ottenere informazioni sulla abbondanza e sulle caratteristiche delle sorgenti nascoste. In particolare, i ricercatori hanno evidenziato la presenza di due tipi diversi di popolazioni di sorgenti e hanno identificato a quale energia avviene la transizione tra le due popolazioni. Questi risultati portano a un nuovo e più profondo livello la nostra conoscenza riguardante le proprietà e le caratteristiche della parte meno compresa dell’Universo estremo lungo tutta la sua evoluzione cosmica.

La presentazione del lavoro scientifico sul sito di INAF

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