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Cultura

La felicità perfetta, intervista con Elisa Rolfo

Gabriele Farina

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E’ una storia dura, sferzante, immediata, quella che racconta Elisa Rolfo nel suo La felicità perfetta, Edizioni Leucotea. Alice è una giovane ragazza che vive in una comunità protetta per persone con disturbi mentali. In realà lei ha difficoltà a relazionarsi con il prossimo.

E’ però brava a disegnare e questa sua abilità potrebbe aprirle le porte per raggiungere la felicità perfetta, grazie alla figlia di un assessore. Il piccolo sogno però nasconde più di un segreto. Trovate qui la recensione completa del libro.

Elisa Rolfo ha risposto alle mie domande.

Come nasce l’idea di raccontare la storia di Alice, una ragazza che ha difficoltà a relazionare e per questo è considerata mentalmente disturbata?

L’idea è nata in un bar di periferia, dove bazzicano spesso persone strane. Quelli che non sappiamo ben definire, non proprio matti, ma neanche normali. Si pensa che chi vive ai margini soffra della sua condizione, ma forse non sempre è così. Staccarsi dal mondo può essere una scelta. Ad Alice non interessa integrarsi, vuole essere lasciata in pace. Per lei la solitudine è un lusso che solo pichi possono permettersi.

Alice però è tutt’altro che pazza. Riesce ad essere estremamente lucida e perfino a tratti pratica. Il suo è un rifiuto verso la gente dovuto alle esperienze che ha vissuto?

Alice è intelligente e può essere spietata. Quando ha provato ad aprirsi è stata presa in giro, trattata come un’idiota. Ora ha compreso che essere considerata matta può portare dei vantaggi, e ne approfitta. Quelli che consideriamo fuori di testa spesso hanno capito tutto, ne sanno più degli altri.

Il sogno è che l’arte possa regalare quella felicità che la vita le ha negato. Per Alice però questo percorso sarà pieno di ostacoli, perchè le persone che dovrebbero aiutarla hanno in realtà altri fini. La tua è un’accusa nemmeno troppo velata ad alcuni settori della vita politica e culturale del paese…

Della città, più che altro. Nei miei romanzi parto sempre da esperienze vissute o ascoltate. Quello che accade è la trasposizione di episodi reali; la corruzione, l’arroganza di chi sta in alto, mettere in piazza valori per perseguire i propri fini personali, tutte quelle cose che si sanno, succedono, ma guai a dichiararle pubblicamente. Allora lo si dice raccontando storie.

Alice ha un rapporto contrastato con Torino. Qual è il tuo rapporto con la città?

Adoro Torino, soprattutto quando è deserta, ma ormai non accade quasi più. Mi piace la fusione di eleganza e mistero. Non mi piace l’eccessiva austerità di certi ambienti, la gente che si prende troppo sul serio. Per scrivere questo libro ho girato i quartieri, i locali, osservato le persone. Volevo che la città fosse protagonista.

La mia ultima tradizionale domanda. Immagina una trasposizione cinematografica del tuo romanzo. Quali attori ti piacerebbe vedere interpretare i tuoi personaggi?

Ho costruito i personaggi basandomi su persone realmente incontrate, ho in mente dei volti precisi, non riesco ad associarli ad attori conosciuti. Se si realizzasse un film dovrei vedere il casting, la voce, le espressioni. Non lo vedrei, comunque, interpretato da volti noti. Se proprio devo fare un nome, per la protagonista, potrebbe essere adatta Alba Rohrwacher, che ha già interpretato bene ruoli difficili. Però Alice non ha quella faccia.

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