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Prevedere lo sviluppo delle neuropatologie: la scoperta dei ricercatori dell’Università di Torino

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I ricercatori del FocusLab, laboratorio di ricerca del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino,guidato dai Prof. Franco Cauda, psicologo Docente di Psicofisiologia e Tommaso Costa, fisico Docente di Statistica Computazionale, hanno dimostrato che le patologie cerebrali tendono a propagarsi nel cervello non in maniera casuale, ma seguendo dei percorsi ben precisi. La diffusione delle alterazioni cerebrali è guidata dall’organizzazione strutturale, anatomica e funzionale del cervello e, per la prima volta, è stato visto che le neuropatologie si sviluppano seguono degli schemi che è possibile prevedere.

Una scoperta che porta alla luce nuovi meccanismi alla base dei processi neuropatologici, attraverso i quali sarà possibile prevedere con un’accuratezza superiore all’80%come si svilupperà una certa patologia, dall’Alzheimer, al Parkinson, alla Schizofreniasolo per citare alcune delle più note.

Alla base della ricerca è stato applicato un metodo transdiagnostico, uno stesso metodo matematico adottato per tutte le patologie contemporaneamente, senza distinzioni. L’obiettivo era stabilire una prova di principio che fosse compatibile con le singole malattie neurodegenerative.

Lo studio, vincitore dell’Editor’s Choicee per questo scelto come articolo principale sul numero di novembre di Brain, una delle riviste più importanti nel settore neuroscientifico, è frutto di una collaborazione nazionale e internazionale. Oltre al FocusLab ha contribuito l’Ospedale Koelliker di Torino (GCS-fMRI), in particolare il Dott. Sergio Duca. Sono stati inoltre coinvolti gruppi di ricerca del Research Imaging Institute dell’Università del Texase del Centro per i disordini neurodegenerativi dell’Università di Brescia.

L’articolo apre importanti prospettive nella comprensione dei disordini cerebrali e cerca di far luce su uno dei meccanismi fondamentali con cui le patologie evolvono. Comprendendo questo meccanismo sarà possibile, in futuro, sviluppare delle terapie ad hoc e capire perché malattie differenti tendono spesso a danneggiare le stesse aree del cervello.

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