Cultura
Novecento di Baricco torna in scena diretto da Vacis e con Eugenio Allegri 25 anni dopo il debutto
Al Teatro Gobetti di Torino, martedì 16 ottobre 2018, alle ore 19.30, debutta Novecento di Alessandro Baricco, con Eugenio Allegri e la regia di Gabriele Vacis. Scenofonia di Roberto Tarasco, collaborazione ai costumi di Elena Gaudio.
Lo spettacolo, che torna in scena a venticinque anni dal debutto, dopo aver incantato oltre duecentomila spettatori, è coprodotto da Società Cooperativa ArtQuarium e dal Teatro Stabile di Torino –Teatro Nazionale e resterà in scena la Teatro Gobetti fino a domenica 28 ottobre.
«Novecento c’est moi». Novecento sono io, dice Eugenio Allegri, che da un quarto di secolo incanta ed emoziona il pubblico nei panni di Danny Boodman T. D. Lemon, il pianista sull’oceano, nel monologo cult di Alessandro Baricco, messo in scena per la prima volta nel 1994 con la regia di Gabriele Vacis. Lo spettacolo torna in scena, nella stagione dello Stabile, a venticinque anni dal debutto, dopo una ininterrotta tournée in Italia e in Europa che ha contribuito (assieme al film di Tornatore con Tim Roth) ad alimentare il suo mito.
Allegri ridà nuovamente vita al suo personaggio più emozionante, il musicista jazz che dal Virginian, il grande transatlantico dal quale non scende mai, riesce a cogliere l’anima del mondo. Un alter ego incontrato per la prima volta quando, nell’estate del 1993, sotto un temporale – ricorda l’attore – Baricco gli diede da leggere per la prima volta il testo del monologo: «Quando mi ritrovai tra le mani la storia, fui sopraffatto dall’emozione. Avevo le lacrime agli occhi». Collaudata dal tempo e dalla repliche, la vicenda leggendaria del grande pianista jazz che vive in simbiosi con il piroscafo sul quale è cresciuto, incapace di staccarsene, è diventata un classico. Eugenio Allegri si cala nel ruolo con la disinvoltura di chi lo possiede pienamente: «Dopo tutto questo tempo Novecento mi è entrato talmente dentro – confessa – che non mi richiede più alcuno sforzo. Lo recito quasi più per me, devo ammettere, che per il pubblico».
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