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I signori della notte, storie di vampiri italiani – intervista con Danilo Arona e Maurizio Cometto

Gabriele Farina

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Da poco uscito per Morellini Editore, è nelle librerie italiane una affascinante raccolta di racconti dal titolo “I signori della notte, storie di vampiri italiani“, a cura di Luca Raimondi.

Al centro da secoli della letteratura horror europea e mondiale, il vampiro ha raramente trovato lo spazio che gli compete in Italia. Questi 14 racconti gli restituiscono il giusto valore, in una varietà di temi che trovate spiegati in questa più approfondita recensione.

Tra i 14 autori della raccolta ci sono anche due piemontesi. Danilo Arona, alessandrino, con “La forca dei lamenti”, il cui protagonista è alle prese con una base Nato improvvisamente rimasta disabitata e Maurizio Cometto, cuneese, con “Turno di notte”, curioso racconto industriale ambientato a Rivalta di Torino. Li abbiamo intervistati.

Come è nata la collaborazione per questa raccolta ed in particolare il tuo racconto?

Arona: Sono stato contattato dal curatore dell’antologia, l’ottimo Luca Raimondi che ringrazio per avermi coinvolto. Mi ha spiegato il progetto e mi ha chiesto un racconto in tema. Io stavo lavorando alla fase iniziale de La forca dei lamenti, avendo ben chiara la location – straordinaria non per mio merito – ma senza sapere ancora chi poteva essere il mostro di turno. Al che è scattato l’adattamento vampirico. Ingredienti penso appassionanti: una base Nato abbandonata, personale scomparso misteriosamente, un editore e uno scrittore ambedue spregiudicati che ci vogliono lucrare, la moglie dello scrittore che è sensitiva, e i vampiri, ovvio, altissimi e pericolosi.

Cometto: La prima risposta è molto semplice: sono stato “chiamato” dal curatore Luca Raimondi. Credo che molto abbia giocato la nostra comune militanza, anche se in tempi differenti, in quella fucina di talenti e spazio di libertà creativa che sono le edizioni Il Foglio di Gordiano Lupi. Il mio racconto nasce da esperienze personali, in particolare riguardo il mio lavoro nell’ambito dell’industria automotive. Così mi sono chiesto come potrebbe inserirsi, al giorno d’oggi, in un ambiente come quello, un vampiro, che è quanto di più distante potrebbe sembrare. La risposta è il racconto. E se dopo averlo letto vi fermerete un attimo a riflettere, vi renderete conto di una cosa. Non è il vampiro a vincere; è il business, sempre.

Qual è il tuo rapporto con la figura del vampiro?

Arona: Da bambino leggevo I racconti di Dracula di nascosto. Il vampiro mi ha “formato” così. Poi al cinema sono esplosi i Dracula della Hammer. Affascinanti. Insomma, è un Archetipo con cui fare sempre i conti.

Cometto: Da buon amante dell’horror, soprattutto quello classico, mi ha sempre affascinato. Da piccolo guardavo i film della Hammer, e per me il vampiro rimarrà sempre il conte Dracula di Christopher Lee. Con gli anni ho imparato che dietro questa figura si cela un mito, un archetipo, che affonda le radici ben al di là del nostro immaginario letterario e cinematografico. C’è una bella storia di Martin Mystère che affronta il vampiro da un punto di vista inedito, come vittima della sua stessa maledizione, e dandogli sembianze più umane; uccide le sue vittime con un paletto di frassino, per non diffondere il contagio. In fondo il vampiro è anche un emarginato, un diverso, che si nutre del nostro sangue, della nostra vita, per colmare la distanza che ci separa da lui.

Secondo te il territorio del Piemonte si presta a storie con vampiri protagonisti?

Arona: Assolutamente sì. Il Piemonte è una regione alquanto gotica e andando a scartabellare nel suo folclore puoi trovarci storie in tema. Poi il Piemonte è pieno di castelli e alcuni “castellani” sono vampiricamente credibili.

Cometto: Secondo me si. Sia a storie classiche, ambientabili in qualche sperduto paesino delle nostre valli, sia a storie più “strane”, tipo il mio racconto, sia a incubi metropolitani, ambientandoli in una città come Torino che non a caso è definita “magica”. In Piemonte abbiamo tutta la varietà possibile di location, ambienti e atmosfere, spesso molto suggestive. Manca solo il mare, ma in fondo basta spostarsi di poco.

Qual è il tuo rapporto con la tua città di nascita?

Arona: Ottimo. Fino a pochi anni rispondevo amore-odio. Ma oggi, con la maturità, le pulsioni si sono attenuate. Certo, è una città un po’ addormentata, ma la quiete ha anche i suoi vantaggi.

Cometto: Sono nato a Cuneo e ho vissuto fino ai 30 anni circa in un paesino della provincia Granda, in mezzo alle montagne. L’infanzia trascorsa a giocare per i campi o a costruire capanne in mezzo ai boschi, o d’inverno con la slitta sulla neve, hanno segnato in modo indelebile la mia memoria. Le storie ambientate a Magniverne, immaginario paesino piemontese della val Labironte, riprendono temi e suggestioni di questi miei ricordi, trasformandoli in storie fantastiche o inquietanti. Cuneo è una cittadina tranquilla e ordinata, ideale per viverci; quando posso mi piace tornarci e passeggiare sotto i suoi splendidi portici.

Facciamo un gioco. Immaginando una trasposizione cinematografica del tuo racconto, quali attori ti piacerebbe interpretassero i tuoi protagonisti?

Arona: Sempre giocando… Lo scrittore che vuol trarre un best seller dal mistero della base Nato è di sicuro Jeremy Irons; la moglie sensitiva Margherita Buy; il carabiniere evocato dal diario enigmaticamente recapitato all’editore, Sergio Rubini (così stiamo in famiglia). Sul casting non bisogna risparmiare.

Cometto: Risposta difficilissima. Beh, credo che Gheorghe Liliac, il protagonista, avrebbe potuto tranquillamente interpretarlo Christopher Lee, magari un po’ meno conte Dracula e un po’ più distinto dirigente d’azienda. Ma siccome non c’è più, potrei optare per un Benicio del Toro, le cui fattezze ricordano bene l’immagine mentale che ho di Liliac. Tutti gli altri personaggi li farei interpretare dai vari colleghi incontrati nel mio percorso lavorativo, e che in un modo o nell’altro ne hanno ispirato e influenzato la caratterizzazione.

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