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Cultura

Barbon Style, Può accadere che a Torino… intervista con Enrico Chierici

Gabriele Farina

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E’ da poco in libreria per i tipi di Neos Edizioni Barbon Style, Può accadere che a Torino… un piccolo viaggio in uno scorcio di Torino scritto da Enrico Chierici. Al centro del libro c’è il tram numero 16, nel suo percorso dal capolinea a Porta Palazzo. Ogni sabato sul tram si incontrano Marco, 19 anni, che ha appena cominciato il suo volontariato al Sermig, e Fiore, 15 anni, che torna a casa dopo la notte regolarmente trascorsa da un’amica.

I due ragazzi imparano a conoscersi e a crescere sabato dopo sabato, viaggio dopo viaggio, 16 dopo 16, passando dalla musica al volontariato, dalla scuola a Dio, dall’amicizia a sentimenti ancora più forti. Trovate qui la recensione completa del libro.

Enrico Chierici ha risposto alle nostre domande.

Due ragazzi, un tram, un sabato dopo l’altro. Come nasce l’idea di utilizzare il tram 16 come palcoscenico per questo incontro?

Il tram. Intanto lo trovo esteticamente affascinante, porta con se un sapore di antico, insieme a un colore arancio, vivace, in una città che a volte fatica a trovare il colore. Il 16 perché è l’unico che, in Torino, ha un percorso circolare, i suoi capolinea sono semplicemente delle fermate più lunghe. La circolarità credo sia un elemento importante, nelle pagine del libro si trovano interrogativi sul senso della vita e sul tema della morte: capolinea o anch’essa semplicemente “fermata un po’ più lunga”?

L’amicizia tra Marco e Fiore, due mondi molto lontani, cresce come crescono i personaggi. Barbon Style è anche un romanzo di formazione?

Bravo, credo di sì, anche se oggi è una definizione che un po’ spaventa… Marco e Fiore hanno elementi comuni, ovvio, ma inizialmente sono distantissimi. Marco sembra assurdamente sicuro, forte delle sue idee chiare. La sua visione sul mondo é nitida, troppo a fuoco. Fiore invece sembra porsi meno questioni, é più sfumata, indefinita nei suoi pensieri, nella consapevolezza del senso delle cose. Marco ha bisogno di Fiore per smussare i suoi spigoli, per sfocare la sua visione sul mondo in modo, sembra paradossale, da riuscire a vedere meglio le cose, perdere un po’ di preconcetti e accogliere in se un po’ di dubbio. Diventa così più tollerante e tollerabile. Fiore ha bisogno di Marco per iniziare a definire alcune questioni che non sono rimandabili in eterno, lui le regala domande che inizialmente faticano a trovare spazio, ma che diventano presto pressanti, interessanti.

Ho individuato due simboli precisi. Il tram, che viaggia fisso e pesante sulle sue rotaie, facendo sempre lo stesso percorso. E la mongolfiera del Turin Eye, che diventa un po’ il sogno di evasione per i due ragazzi. Sbaglio di tanto?

La mongolfiera é il sogno, é l’andare oltre e vedere le cose in modo diverso, trasfigurate. Marco e Fiore non ci saliranno mai, almeno in queste pagine.
Il tram, inizialmente simbolo del tran-tran quotidiano, può trasformarsi dal “non luogo”, dal tempo che si è obbligati a perdere per andare da qualche parte, in QUEL qualche parte. A volte basta abbassare il volume negli auricolari e ascoltare, guardarsi intorno, per farlo diventare luogo della scoperta, dell’immaginazione, dell’incontro… e, in questo caso, ben venga che il viaggio possa durare a lungo.

Al centro del romanzo, tram a parte, c’è il Sermig, c’è Porta Palazzo, una zona fondamentale di Torino e piena di significati…

Porta Palazzo e le strade di Borgo Dora sono, insieme, spavento e magia. Sono il luogo delle paure, dei traffici loschi, del “meglio non andarci con il buio” e, contemporaneamente, intreccio spettacolare di ogni cosa: colori, odori, culture, credi religiosi, razze, anni di ingresso in Italia… Miscuglio che sa essere più fertile del pulito e dell’ordinato.
Certo c’è anche tanta povertà, tanta difficoltà e in Barbon Style se ne parla. Il Sermig é una realtà importante quanto bella, che si prende cura di moltissimi, e lo fa con grande garbo. “Far bene il bene”, dicono da quelle parti. Lo dicono e lo fanno.

Nella crescita del rapporto tra i due ragazzi si toccano inevitabilmente un sacco di temi. Quale credi abbia maggior peso nella crescita dei due giovani?

Uno dei temi che, forse non senza un po’ di goffaggine, vanno a toccare è quello della ricerca di senso nella vita e, insieme, del volto di Dio. Forse quest’ultimo non ha un nome solo ed é bello così. Se Marco é in qualche modo il promotore del confronto su Dio, Fiore sembra più preparata di lui sul tema Uomo. Entrambi avranno occasione di imparare qualcosa.

La domanda con cui chiudo sempre le mie interviste. Immagina una trasposizione cinematografica del tuo lavoro. Quali attori ti piacerebbe vedere nel ruolo dei tuoi protagonisti?

Attore e attrice: ecco una domanda che mi mette in gran difficoltà. Emile Hirsch sarebbe disponibile? Se sì, non credo farà fatica a portarsi dietro una brunetta dalla faccia strafottente quanto carina…

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