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Il Prisoner 709 a Torino al Pala Alpitour: lo spettacolo del genio musicale Caparezza

Redazione Quotidiano Piemontese

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Uno show di quelli che lasciano il segno, Michele Salvemini, al secolo Caparezza ha ricordato  perché è una delle star assolute della nostra musica, seppur spesso sottovalutato.

Non solo per la qualità e l’impegno dei testi, che si fanno molto più personali nell’ultimo album e per la grande capacità di miscelare influenze musicali diverse, dal rap al rock, fino al metal, ma per la costante crescita del livello del suo show. Ogni brano è una storia a se, con scenografie ed interpretazioni dedicate, ballerini e musicisti, con Capa gran cerimoniere. Uno show diviso sostanzialmente in due parti, la prima dedicata al suo nuovo lavoro, con questi incredibili estremi, dai pezzi intimi e controversi sul suo passato e presente, come Prisoner 709 con cui apre in maniera esplosiva il concerto, come Larsen, dove racconta la sua odissea e sofferenza in balia dell’acufene di cui soffre, fino a Ti fa stare bene, pluriprogrammato brano dalle radio, che lancia il messaggio opposto, “dobbiamo fare ciò che ci fa stare bene”. C’è spazio per Confusianesimo, L’uomo che premette e Autoipnotica con echi elettronici e di krautrock.
Ma è nella seconda parte con i suoi grandi classici che lo show prende fuoco, una serie infinita di hits, tutti grandi successi della sua ormai ventennale carriera.

Si parte con Fuori dal Tunnel e non ci si ferma più. Legalize the premier, brano che irrinunciabile del suo ormai ricchissimo repertorio. Con Non me lo posso permettere saltano proprio tutti, gli spalti esauritissimi tremano, tantissime famiglie e bambini, per un fenomeno che ormai è generazionale.
Non c’è davvero tempo e non si riprende fiato, Goodby malinconia, China Town, La fine di Gaia, tutto spaccati della sua capacità di creare, mischiare generi ed influenze diverse, dal rap secco al metal, al ritornello da crooner di Tony Hadley.

Prima di finire si va tutti a Ballare in Puglia e ci si diverte con gli assurdi controsensi di Mica Van Gogh, che fa scatenare il pogo in ampi spazi della platea del Pala Alpitour e del suo mega successo che ci ricorda che in fondo “Io non provengo da nazione alcuna,Io, si, io vengo dalla luna.”
C’è ancora tempo per un lungo momento di ringraziamenti a partire dal suo compagno di voce Diego Perrone e coautore di alcuni suoi testi fino agli elementi della sua band, ai ballerini e a tutti i collaboratori dell’incredibile macchina che gli permette di mettere in scena uno show cosi ricco ed articolato.
Ma l’ultimo momento è ancora di musica e di energia con Abiura di me, ipnotico e paranoico pezzo che sembra uscito da un videogioco, “Vado ad un livello successivo/ dove dare vita a ciò che scrivo/sono paranoico ed ossessivo fino all’abiura di me”.
Due ore e mezza di fantastico show, un po’ chiacchiere, qualche messaggio importante che non dimentica mai di lasciare. E’ arrivato all’apice Michele, senza compromessi apparenti, ma con la sua musica, le sue idee, i suoi giochi e la sua grande capacità di essere creativo e al tempo stesso straordinario performer.

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