Ambiente
Sagat preoccupata per l’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeroporti
“L’applicazione dell’imposta regionale sulle emissioni sonore nella nostra regione può provocare delle distorsioni della concorrenza con gli altri aeroporti. Per esempio, la Lombardia non applica questa imposizione come la maggior parte delle Regioni italiane. È giusto che chi inquina debba pagare, ma il problema dovrebbe essere affrontato a livello globale”.
In questi termini si è espresso Dario Maffeo, direttore delle risorse umane, affari societari e qualità della Sagat Spa, l’ente di gestione dell’aeroporto di Torino, nel corso dell’audizione in merito all’applicazione dell’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (Iresa).
L’audizione, tenuta il 25 ottobre congiuntamente dalla prima e seconda Commissione, è stata presieduta dal presidente della prima, Vittorio Barazzotto, alla presenza della presidente della seconda, Nadia Conticelli.
L’imposta ambientale sulle emissioni sonore è dal primo gennaio 2013 un tributo proprio regionale, attualmente applicato in Lazio e Campania, nell’ambito di quanto stabilito dal decreto legislativo 68/2013. Con un successivo provvedimento statale è stata disposta una entità massima di € 0,50 per tonnellata per aeromobile ed altri parametri come il riferimento a decollo o atterraggio diurno o notturno. Importante poi l’adozione, nella normativa di riferimento, della suddivisione dei velivoli in cinque classi inquinanti secondo le disposizioni dell’Icao, l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile, l’agenzia autonoma delle Nazione Unite che gestisce la navigazione aerea, standard compresi.
Secondo la norma regionale che istituisce l’Iresa piemontese, approvata con il Bilancio di previsione l’aprile scorso, questa deve entrare in vigore dal primo gennaio 2018.
Sono state poste alcune domande dai commissari e, in particolare, sono intervenuti Gianpaolo Andrissi e Davide Bono (M5s), Marco Grimaldi (Sel) e Conticelli per il gruppo Pd.
Il gruppo M5s ha chiesto come una tassa che, secondo i calcoli della stessa Sagat porterebbe ad un aggravio di costi di circa 40 euro per decollo o atterraggio dell’aereo tipo che opera su Caselle (B 737), possa influire così sensibilmente sui costi, visto che per ogni volo si vendono mediamente oltre un centinaio biglietti per altrettanti passeggeri. Grimaldi ha argomentato circa una corretta proporzionalità che possa indurre le compagnie a comportamenti virtuosi, mentre Conticelli ha chiesto se la precedente tassa ambientale, all’inizio degli anni ’90, abbia portato a concreti investimenti per la mitigazione dell’inquinamento acustico e il risarcimento delle popolazioni interessate, visto che da 15 anni non ci sono più tasse. Inoltre, “è un principio che deve essere applicato da tutte le Regioni, non è possibile creare disparità territoriale ai danni di chi vive nelle zone aeroportuali e subisce i danni ambientali conseguenti”.
Dalle risposte della delegazione Sagat è emerso che i 40 euro corrispondono, sempre nell’esempio del velivolo della Boeing, ad un aumento di circa il 25 per cento e che nel loro complesso le compagnie aeree, su Torino, verrebbero a pagare annualmente un milione di euro in più l’anno. Secondo Maffeo, sarebbe provato statisticamente che un aumento di questa entità porta normalmente le compagnie aeree, soprattutto quelle low cost, ed essere fortemente influenzate nella scelta degli scali sui quali operare. In merito ad una possibile proporzionalità delle tariffe, è stato rilevato che a Torino operano un 60 per cento di velivoli di classe terza e un 40 per cento di classe quarta (un po’ meno inquinanti). Infine, la delegazione Sagat ha raccontato come a suo tempo vennero acquistate le otto centraline per il rilevamento del rumore con i proventi della vecchia tassazione. Centraline che comunque sono state successivamente rinnovate.
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