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Cultura

Il sole era freddo, intervista con Roberto Gandus

Gabriele Farina

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Da poco in libreria per i tipi di Fratelli Frilli Editori il nuovo romanzo di Roberto Gandus, Il sole era freddo. Ambientato completamente nella Torino del 1972, il romanzo, che è un vero e proprio noir, prende spunto da un episodio di cronaca, come era stato per il precedente lavoro di Gandus.

Qui si tratta dell’omicidio di un travestito, sul quale si trova ad indagare il commissario Lemonier, che con questo romanzo fa il suo esordio sulla scena della letteratura italiana. Trovate qui la recensione completa del libro.

Roberto Gandus ha risposto alle nostre domande.

Come per il precedente “La sarta” anche qui la vicenda prende spunto da un reale episodio di cronaca, ed anche qui la vicenda è ambientata in una Torino del passato. Come nasce l’idea di questa vicenda?

Come forse sai mi interessa costruire, quindi divagare su fatti reali in particolare di cronaca in quanto ho bisogno di partire da fatti concreti, avvenuti. In questo era caso era una vicenda che mi stava a cuore da anni. Perchè gran parte di quei personaggi negli anni 72′ ho avuto modo di conoscerli così come i luoghi dove è avvenuta la vicenda.
Come puoi immaginare tutto usato esclusivamente come spunto per imbastire il meccanismo di più storie parallele che mi intriga in modo particolare.
Come già forse ti avevo detto ho amato i film di Inarritu :”21 grammi”, “Babel” che usa lo stesso meccanismo . In particolare (ora si è separato) ero affascinato dal lavoro di questo regista in coppia con un grande sceneggiatore come Arriaga.
Perchè lavoro molto sul passato?
Forse per riviverlo quindi un modo per ringiovanire. (psicologia da strapazzo). O forse perchè mi pare avendolo inconsciamente rielaborato, conoscerlo meglio

Come è invece nato il personaggio del commissario Lemonier?

Ti confesso che Carlo Frilli mi ha stimolato in questo senso, trova utile costruire un personaggio a cui il tuo pubblico si affezioni, io sono sempre stato un po’ contrario a questi commissari ricorrenti e quindi stereotipi poi in realtà mi ci si sono affezionato molto e come è facile intuire mi ci sono in parte riconosciuto.

Sullo sfondo una Torino cupa, estrema. Al cinema sono in fondo gli anni di Torino Violenta e dei poliziotteschi…

Confesso anche che malgrado io viva metà dell’anno a Roma per motivi di lavoro (sceneggiature appunto) sono profondamente e sempre più con il passare degli anni innamorato di Torino, non mi sembrava di averla resa così cupa, anche se quegli anni, non erano certo rosei, perchè questi lo sono?

Impossibile non notare nel romanzo la presenza forte del narratore, che mi sembra essere un po’ l’autore, un po’ uno dei protagonisti, un po’ l’inventore della vicenda. Come hai deciso per questa soluzione particolare?

Rispondere alla tua penultima domanda mi è facile: il forte egocentrismo ti fa essere autore, protagonista e
costruttore della storia. Mi è davvero nato spontaneo , mi ha divertito, inoltre mi pare abbastanza originale che chi
scrive faccia parte della storia come in realtà avviene, facendo un volo pindarico è il dentro e fuori che succede
in architettura penso alla casa sulla cascata di Wright. Oppure nel cinema al grande Robbe Grillet, un suo film
che mi ha segnato è Trans Europ Express.

Immaginando una trasposizione cinematografica del romanzo, quali attori vedresti bene nei ruoli dei tuoi personaggi?

Chi vedrei come protagonista nella “certa” trasposizione cinematografica?
Me naturalmente io, in tutti i ruoli. Uscendo dallo scherzo sceglierei non attori quindi gente presa dalla strada al massimo qualche giovane delle accademie di teatro ma questi con beneficio d’inventario (in realtà credo poco anche in questi per la loro impostazione teatrale).

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