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L’economia del design in Piemonte

Redazione Quotidiano Piemontese

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Presentata questa mattina a Palazzo Birago l’indagine sul valore economico del design piemontese, realizzata dalla Camera di commercio di Torino insieme al Politecnico di Torino (DAD – Dipartimento di Architettura e Design e DIGEP – Dipartimento di Ingegneria Gestionale e della Produzione) e all’Osservatorio Culturale del Piemonte (OCP).

“Una ricerca fondamentale per continuare a parlare di design, conoscendone meglio e in modo oggettivo l’effettiva portata sul territorio: si tratta infatti di un settore trasversale e pervasivo che dall’industria manifatturiera si è propagato a tutti gli ambiti produttivi, dai servizi ai processi – ha spiegato Guido Bolatto, Segretario Generale della Camera di commercio di Torino. – Nell’aggiungere valore ai singoli prodotti, il design crea a sua volta valore all’economia del territorio, tutto questo grazie all’attività di oltre 2.600 tra aziende, studi e professionisti piemontesi. Un articolato universo che fattura complessivamente 14,5 miliardi di euro e impiega oltre 72.500 addetti”.

La ricerca comprende una parte quantitativa e una qualitativa, basata su interviste a stakeholder e focus group tematici. Per l’individuazione dell’universo di riferimento si è partiti da un database individuato mediante l’analisi dei codici di attività economica delle imprese e la selezione dei liberi professionisti grazie alla collaborazione con OAT (Ordine Architetti di Torino) e Circolo del Design. A seguito di un’analisi puntuale delle realtà cessate, fuori settore e di quelle che hanno dichiarato espressamente di non ritenere centrale il design per la propria attività e il proprio fatturato, è stato definito un universo di 2.677 attività che in Piemonte danno il loro contributo all’economia design–oriented, producendo un fatturato complessivo di 14,5 miliardi di euro grazie a oltre 72.500 addetti. Circa il 66% delle attività hanno sede in provincia di Torino, seguono Cuneo con il 10% Alessandria e Novara con il 7% ciascuna.

Si tratta di un sistema “in salute”, con una crescita nell’ultimo anno sia del fatturato sia degli addetti complessivi (+8,7% e +3,5%). Si tratta di realtà che progettano, producono, offrono servizi grazie al design. L’universo è composto in prevalenza da realtà di piccole dimensioni: il 79% ha meno di 5 addetti e il 71% fattura meno di 99mila euro all’anno. Quanto alla natura giuridica, il 49% è rappresentato da imprese individuali, ma una quota significativa, il 31%, è rappresentato da società di capitali.

Il sistema del design è particolarmente articolato: da un lato infatti si collocano queste società di capitali, più strutturate e in prevalenza orientate alla produzione manifatturiera, dal tessile e abbigliamento ai mezzi di trasporto, dall’oreficeria all’industria alimentare: producono il 99% del fatturato complessivo del campione, ma solo il 30% di questo è direttamente imputabile al design. Discorso opposto per l’ampio gruppo di società di persone, imprese individuali, liberi professionisti e altre realtà, pari al 69% (1.850 unità), che contribuiscono meno alla creazione del fatturato complessivo, ma che concentrano nel design il proprio core business.

Quali settori?
Adottando la classificazione dei settori che l’ADI – Associazione Disegno Industriale – propone per la partecipazione all’ADI Index, selezione alla base del premio Compasso d’Oro, è possibile intercettare le “nuove direzioni” del design: oltre infatti alla più tradizionale connotazione di un design legato all’abitare (progettazione di arredi, complementi, elettrodomestici, illuminazione e oggettistica, pari al 13,4% dei rispondenti), il settore più rappresentato riguarda lo sviluppo di servizi di comunicazione (multimedialità, packaging, grafica, web design) con il 21,5%. A seguire il design per la persona (abbigliamento, oreficeria, elettronica per la persona, giochi e articoli per l’infanzia, protesi e apparecchi medici, il 13%) e il design per eventi, fiere e merchandising (il 12% circa). Si ferma al 10% il design per la mobilità (mezzi di trasporto), che tuttavia prevale in provincia di Torino.

Design sì, ma in che fase produttiva?
Il design pervade la filiera produttiva a 360 gradi: nel 74% dei casi le attività design-oriented offrono servizi (progetto, modellazione e prototipazione, …), nel 45% prodotti finiti (direttamente ai consumatori finali) e solo per il 14% operano nella fabbricazione di prodotti intermedi (semilavorati e componenti). Non si tratta di attività esclusive, ma si assiste alla presenza di fenomeni di convivenza di progetto e produzione (i designer autoproduttori), di progetto e modellazione ma anche di prototipazione e produzione (rapid prototyping e stampa 3D per piccole serie).

Design oltre confine
Il 64% delle attività design-oriented dichiara di esportare (+7% rispetto a 5 anni fa). Il 27% realizza all’estero fino al 20% del proprio fatturato, ma è significativa anche la percentuale di imprese (17%) che ricava all’estero fra il 21 e il 50% del fatturato. Un orientamento all’internazionalizzazione che risulta essere più pronunciato fra le aziende che si occupano di design per la persona, per la mobilità e per i servizi.
Se si stila una classifica dei primi 5 Paesi di provenienza del fatturato estero, al primo posto si colloca la Francia (17% del complessivo fatturato export), seguita da Stati Uniti (16,4%), Germania (14,6%), Inghilterra (10,3%) e Cina (7,3%).

Giovani designer cercasi…
Il reperimento di nuovi designer da inserire in organico è un punto cruciale: i preferiti sono laureati in design non necessariamente magistrali (40% laurea di primo livello, 35% di secondo livello), dato che conferma l’efficacia della vocazione professionalizzante del primo grado della formazione universitaria in design. Tuttavia quello che conta davvero ai fini del reperimento di figure professionali connesse al design è possedere precedenti esperienze lavorative, cioè un portfolio di progetti da mostrare (69%). Non sempre le realtà intervistate trovano con facilità le nuove figure professionali che cercano: la motivazione addotta più di frequente è quella della distanza tra il candidato e l’impresa, a seguire l’accettazione della contrattualità e delle condizioni proposte e la mancanza di una rete di contatti da parte della realtà in cerca di nuove figure.

Parola d’ordine: fare rete. Nel 58% dei casi le imprese e gli studi hanno stretto negli ultimi tre anni da 1 a 5 collaborazioni con loro omologhi per progetti specifici. Ma ben il 33% invece non ha mai instaurato forme di partnership. In realtà, però, il networking risulta essere la modalità di contatto privilegiata con i nuovi clienti secondo la maggioranza degli intervistati (l’84%), sia esso inteso come modalità evoluta e “social” sia, parallelamente, come passaparola tradizionale. Si tratta dunque di un tema da approfondire eventualmente potenziando maggiori occasioni di fare sistema, specialmente fuori Torino, nelle diverse province piemontesi.

L’indagine qualitativa
Se, da un lato, imprese, professionisti e designer presentano spiccate capacità nel fare networking, nel lavorare insieme e nel competere all’interno del mercato, dall’altro è stata rilevata la difficoltà, anche a livello istituzionale, a valorizzare appieno il grande lavoro prodotto in occasione del World Design Capital 2008 (WDC). A dieci anni da questo grande evento, ha acquisito gradualmente importanza lo sviluppo di reti di connessione collaborative grazie alla nascita di “luoghi fisici”, volti a facilitare le connessioni e le interazioni tra mondi disciplinari diversi e la creazione di ambienti favorevoli di co-working per lo sviluppo di processi di progettazione innovativa (FabLab, Talent Garden, ecc.).

Criticità e punti di forza del design piemontese
La struttura produttiva regionale incentrata su poche grandi aziende, una rarefazione accentuata d’imprese di medie dimensioni e un brulicare di micro imprese, costituisce sicuramente un vincolo per le aziende di design. Grandi potenzialità, tuttavia, emergono invece dal design per la sostenibilità e dal social design, in forte espansione per energie dedicate, numero d’iniziative e di progetti avviati, sia nel contesto nazionale, ma soprattutto, in quello locale. Sul Piemonte, e su Torino in particolare, emerge una sempre maggiore diffusione di una cultura della responsabilità sociale che coinvolge non solo le aziende, ma anche singoli individui e professionisti, che applicano con risultati innovativi metodologie di progetto acquisite in altri ambiti del design, proponendo un significativo cambio di atteggiamento nella modalità in cui possono essere pensati servizi e prodotti di utilità sociale.

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