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La truffa corre sul Web: sextortion e clonazione di carte di credito

Redazione Quotidiano Piemontese

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La realtà virtuale è inarrestabile e diventa sempre più invadente, al punto che sempre più spesso si sostituisce a quella che si vive lontano dai click. Su internet si fa amicizia, ci si innamora, si fa la spesa, si comprano i libri di scuola per i figli e, che sia per lavoro o per piacere, ci si passa la giornata.
Questo incipit potrebbe sembrare un po’ banale e retorico, se non fosse che arrivano i risultati di una ricerca e segnalano che tra il 2010 e il 2015 i cyber-reati sono aumentati del 30%.

A Vercelli, ad esempio, è stato un cittadino su 394 a rivolgersi alle forze dell’ordine per segnalare un tentativo di estorsione, a fronte di una media regionale di 1 su 343. Diciamo che Vercelli va meglio di quasi tutte le altre province, nel Verbano-Cusio-Ossola, ad esempio è un cittadino su 239 a denunciare e a Torino, che si colloca al ventesimo posto della classifica nazionale, uno su 318, ed è seconda solo al cuneese, che porta a casa un ottimo punteggio con il suo 1 su 535, ma aggiungiamo anche che questi sono primati di cui non andare fieri.

Sul podio delle truffe che vengono ordite ai danni degli internauti, il primo posto lo detiene la clonazione di carte di credito, da sempre oggetto d’interesse dei cyber malintenzionati, i quali, a causa di una certa dose di ingenuità degli utenti, riescono spesso a recuperare i dati necessari per utilizzare le carte sul Web. In effetti oggi, con l’avvento del Digital Banking, è molto semplice diventare titolari di una carta di credito, viste anche le numerose tipologie che esistono, da quelle classiche, a quelle prepagate, per arrivare fino alle carte di credito revolving (confronta le migliori carte di credito revolving su cartedipagamento.com), ma questo non deve far pensare che non siano strumenti sicuri, perché basta un po’ di accortezza per evitare questo tipo di truffa.

Ciò che colpisce, però, è che i virtuosi delle estorsioni si sono inventati un nuovo modo per ricattare l’ignaro, e anche in questo caso molto ingenuo, internauta, con quella che, con un efficace termine anglosassone, viene chiamata “sextortion”, parola che nasce dalla fusione di sex ed extortion. L’adescamento avviene attraverso i canali social, come Facebook o Twitter, ed è portato avanti da giovani di bell’aspetto e molto disponibili ad approfondire quanto prima la conoscenza attraverso videochiamate che diventano velocemente molto intime. È sufficiente che il malcapitato si faccia registrare in atteggiamenti poco consoni che parte all’istante il ricatto; se ci si rifiuta di pagare la somma richiesta ci si ritrova su Youtube in quattro e quattr’otto, esposti alla potenziale gogna mediatica.

La maggior parte di coloro i quali sono caduti in questo inganno, principalmente uomini di ogni fascia di età, si vergogna così tanto che paga e non denuncia, ma questa è la strada peggiore da percorrere, perché la maggior parte delle volte le richieste economiche continuano all’infinito.
La Polizia Postale lancia, quindi, l’allarme e consiglia di denunciare subito il tentativo di estorsione, spronando i cittadini a superare l’imbarazzo, perché l’unico modo per combattere questo tipo di reati è quello di dotare le autorità competenti di quei dati necessari per risalire alle identità che si celano dietro ai vari account, spesso solo punta dell’iceberg di vere e proprie organizzazioni criminali 2.0.

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