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Accatastamento fabbricati rurali: borghi alpini piemontesi nel caos
La storia ha inizio qualche anno fa, quando con il D.L: 210/2011, conosciuto anche con il nome, un po’ famigerato, di Decreto Salva Italia, si stabiliva che i proprietari di immobili rurali avrebbero dovuto iscriverli al Catasto Fabbricati entro il 30 Novembre del 2012. Dire che nessuno l’ha fatto è, forse, esagerato, ma sicuramente la chiamata alle armi non ha convinto molte persone, tra cui 150.000 cittadini piemontesi, i quali si sono visti recapitare nei mesi scorsi una lettera dall’Agenzia delle Entrate.
Il sollecito, abbastanza imperioso, contenuto nella comunicazione è quello di regolarizzare la situazione catastale quanto prima, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso, che è stato profondamento rinnovato e facilitato con la Legge di Stabilità del 2015; nel caso di inadempimento, conclude la lettera, saranno gli stessi Uffici Provinciale del Territorio a procedere all’accertamento, con oneri, more e sanzioni completamente a carico del contribuente.
Va sottolineato che se i proprietari di fabbricati rurali procederanno in modo autonomo alla regolarizzazione del loro fabbricato rurale potranno ottenere un notevole risparmio sulle sanzioni, arrivando a pagare da un minimo di 172 euro a un massimo di 1377 euro, a seconda delle caratteristiche dell’immobile in oggetto. A ciò vanno aggiunte le spese del professionista accreditato che deve presentare all’ufficio competenti i documenti relativi sia all’aggiornamento cartografico sia a quello del Catasto Urbano.
UnCEM, Unione dei Comuni e degli Enti Montani, però, dopo aver ricevuto molte segnalazioni dai sindaci dei numerosi borghi montani piemontesi, da quelli delle Valli di cuneese e quelli delle Valli di Lanzo, non ci sta e scrive una lettera al ministro dell’Economia, al fine di rendere pubblica la situazione in cui si trovano i proprietari dei numerosissimi immobili rurali, la maggior parte dei quali sono dei ruderi, che costellano le pendici delle montagne dei borghi alpini piemontesi. La maggior parte di queste abitazioni sono, infatti, quasi diroccate e hanno un valore pari a zero, sotto il profilo della commerciabilità. Troppo alte sono, quindi, le sanzioni richieste, seppur diminuite, e, soprattutto, spaventa la prospettiva futura, che prevederebbe di pagare degli oneri fiscali annuali su quelle che poi alla fine verrebbero valutate come seconde abitazioni, anche se non hanno le caratteristiche per poterlo essere.
Il vice presidente dell’Uncem sollecita una riforma che preveda o un totale abbattimento dei costi a carico del cittadino o un’incentivazione al recupero, al risanamento e alla conservazione di quelli che sono da considerarsi comunque dei fabbricati storici, preziosi sotto il profilo architettonico e comunque rappresentativi di una tradizione locale. Piani di Sviluppo rurale, incentivi a fondo perduto o, anche più semplicemente, la facilitazione di prestiti personali, tra i quali la cessione del quinto INPS ( ecco qui alcune informazioni http://www.calcoloprestito.org/guida/cessione-quinto-inps ) è quello più facilmente concedibile, se sussistono i requisiti, potrebbero essere uno stimolo a recuperare il patrimonio urbanistico che merita di essere recuperato, cosa che se accadesse potrebbe portare a una sferzata nel mercato delle compravendite immobiliari.
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