Ambiente
Cinemambiente, il programma del 2 giugno #CA20
Il pomeriggio al Festival CinemAmbiente contempla tre appuntamenti in successione con la ricchissima sezione Panorama corti. La prima serie di proiezioni, intitolata “Ecovisioni” (ore 15.15, Massimo 1), riunisce produzioni brevi, per lo più sperimentali, caratterizzate visivamente dal contrasto tra contesti urbani e naturali. La seconda sottosezione, “Il mondo deve sapere” (a seguire, ore 16.30), presenta i film brevi che testimoniano o denunciano plurime e drammatiche emergenze ambientali. Tra questi, tre titoli si distinguono per la particolare gravità delle situazioni documentate. For Flint dello statunitense Brian Schulz, proiettato in anteprima al Tribeca Film Festival, racconta la reazione resiliente di alcuni abitanti di Flint, cittadina del Michigan, di fronte allo stato di emergenza dichiarato da Obama dopo la scoperta della tossicità dell’acqua in distribuzione alla popolazione, attinta da un fiume vicino. Drammatico contraltare a seguire, Roozegari Hamoun (Once Hamoun), dell’iraniano Mohammad Ehsani, racconta invece le conseguenze ambientali e sociali gravissime provocate dal prosciugamento del lago Hamoun, al confine tra il suo Paese e l’Afghanistan. Le proiezioni saranno seguite da un incontro con il pubblico dei due registi. Di plastica – argomento ricorrente in quest’edizione del Festival – parla, invece, Straws, cortometraggio che si avvale della voce narrante d’eccezione del premio Oscar Tim Robbins. Diretto dalla statunitense Linda Booker, il film è un appello per limitare l’uso eccessivo e indiscriminato delle cannucce fatte con il materiale non biodegradabile per eccellenza che, piaga in diffusione incontrollata (il film ne mostra una finita anche nel naso di una tartaruga in Costa Rica), rappresentano una delle maggiori fonti d’inquinamento delle spiagge insieme con tappi, involucri e mozziconi di sigaretta. La terza sottosezione in cartellone, “Ecofantasy” (ore 17.30, Cinema Massimo 3), comprende invece film di animazione destinati espressamente al pubblico dei più piccoli, ma capaci di offrire con leggerezza spunti di riflessione anche ai più grandi sull’importanza del rispetto per la natura e della tutela dell’ambiente.
In parallelo, nel pomeriggio, il Festival presenta il lungometraggio italiano in concorso Cenere (ore 15.30, Cinema Massimo 3), ritratto dell’Italia contemporanea vista dall’entroterra più aspro della Sardegna, la Barbagia. A partire dal passato di una regione caratterizzata da un forte sentimento di indipendenza dallo Stato e ferita da un passato di povertà, banditismo e faide tra famiglie rivali, e dalle sue ancestrali tradizioni – un carnevale duro e crudo dalle radici preistoriche – lo sguardo dell’autrice, Camilla Tomsich, si allarga all’oggi: un presente difficile, in cui il collasso del sistema industriale e gli operai in lotta per il diritto al lavoro condividono con il sistema agro-pastorale la coscienza del sacrificio. Al termine della proiezione, incontro con la regista e Enzo Cugusi, presidente dell’Associazione dei Sardi in Torino “A. Gramsci”.
Nel secondo pomeriggio, nella sezione Panorama, il Festival presenta Auroville Towards a Sustainable Future (ore 18, Centro Studi Sereno Regis), di Basile Vignes, lungometraggio di cui è protagonista la “città universale” fondata sulla visione del filosofo e mistico bengalese Sri Aurobindo, creata nel 1968 sulla costa orientale dell’India meridionale, vicino a Pondicherry. Sede di un Festival cinematografico con cui CinemAmbiente ha da quest’anno stretto rapporti di collaborazione, Auroville rappresenta uno degli esperimenti più noti e riusciti di ecovillaggio e di bonifica radicale di un’area sterile, oggi trasformata in un territorio lussureggiante e produttivo. Storia delle pluridecennali sperimentazioni di tecnologie alternative che hanno permesso la pratica di un’agricoltura fiorente e sostenibile, il documentario sarà seguito da un incontro con Marco Feira, della comunità di Auroville, e con Stambecco Pesco, della Federazione di Damanhur.
Nel tardo pomeriggio, in proiezione un altro lungometraggio in gara nella sezione competitiva internazionale, Footprint (ore 18.30, Cinema Massimo 1), produzione statunitense firmata dalla regista di origine italiana Valentina Canavesio. Viaggio intorno al mondo che documenta come, tra crescita esplosiva della popolazione mondiale, iper-consumo, decremento delle risorse, il peso dell’impronta umana abbia ormai raggiunto il limite della sostenibilità per il Pianeta, il film dà voce a chi, consapevole della posta in gioco, non si rassegna: attivisti impegnati sul territorio, operatori sanitari o persone comuni che, nei vari angoli della terra – dalle Filippine, al Messico, al Pakistan al Kenya –, sfidano ogni giorno lo status quo. Dalle loro testimonianze emergono soluzioni possibili, ma anche sorprendenti rivelazioni sugli attori che si oppongono al cambiamento e su quelli che lo favoriscono. Al termine della proiezione, gli studenti di Economia dell’Ambiente dell’Università di Torino intervisteranno la regista.
Sempre nel tardo pomeriggio, il Festival ricorda il trentennale de L’uomo che piantava gli alberi, il film che l’illustratore e animatore canadese naturalizzato francese Frédéric Back trasse nel 1987 dall’omonimo racconto allegorico di Jean Giono, pubblicato nel 1953 e diventato ben presto un classico della letteratura ambientalista. Altrettanto, la sognante trasposizione in immagini della storia del pastore Elzéard Bouffier, che da solo riforesta la sua vallata ai piedi delle Alpi piantando cento ghiande al giorno, è considerata un piccolo capolavoro della cinematografia d’animazione. Il Festival ripropone il cortometraggio premiato con l’Oscar (ore 18.45, Cinema Massimo 3) accompagnandolo con l’intervento di Tiziano Fratus, lo scrittore che ha elaborato il concetto di Homo Radix, la disciplina della dendrosofia e la pratica dell’alberografia.
In serata, il Festival presenta un altro cortometraggio di rilievo, Civilians (ore 20, Cinema Massimo 3), ritratto dell’“altra” New York, minacciata dalla gentrificazione e dalla crisi economica, firmato dal rumeno Toma Peiu, e, a seguire, un altro lungometraggio italiano in concorso, Ci vuole un fiore, di Vincenzo Notaro. Il film prende spunto dalla nascita, nel 2008, del primo orto urbano nel quartiere più antico della città di Roma, la Garbatella, per raccontare le iniziative di semplici cittadini volte, in contrasto con un’amministrazione ancorata a vecchi modelli economici, a occupare zone degradate per farne aree agricole condivise. Nella narrazione delle lotte cittadine, si insinuano le storie più personali di Giacomo e Luigi, distanti per età, ma uniti dall’amore per la terra, che diventa spazio vitale per sopperire alle proprie difficoltà economiche. Al termine della proiezione, incontro con il regista.
In parallelo, il cartellone propone un altro lungometraggio in gara nella sezione internazionale, Thank You for the Rain (ore 20.30, Cinema Massimo 1), documentario di Julia Dahr e Kisilu Musya con cui si torna al tema di apertura del Festival: i cambiamenti climatici. Per cinque anni Kisilu Musya, agricoltore kenyota, ha ripreso con una videocamera gli effetti devastanti, l’impoverimento progressivo e gli altissimi costi umani che l’alternarsi impazzito di inondazioni, siccità e tempeste hanno comportato nella vita della sua famiglia e del suo villaggio. L’incontro con la filmmaker norvegese coautrice del film trasformerà Kisilu da padre di famiglia in leader di una comunità contadina e in attivista a livello mondiale, in grado di portare la sua testimonianza alla Conferenza sul clima di Parigi. La proiezione sarà seguita da un incontro con Jeongha Kim, Decent Rural Employment Policy Officer – FAO, e Ana Belén Sanchez, coordinatrice del settore Sostenibilità di Fundación Alternativas.
In seconda serata, per la sezione concorsuale One Hour, il Festival propone Fukushima: Les Voix silencieuses (ore 22, Cinema Massimo 3), mediometraggio firmato a quattro mani dal regista francese Lucas Rue e dalla moglie Chiho Sato e storia del ritorno sul luogo di un disastro che pare rimosso dalla coscienza collettiva. A sei anni dal tragico scoppio dei reattori nucleari, una visita della giovane regista giapponese alla famiglia, che vive a soli 60 km dalla quella che è definita la “Voluntary Evacuation Zone”, è occasione per riaprire un dibattito sulla situazione di Fukushima attraverso le storie e le testimonianze dirette di coloro che vivono oggi in uno dei posti più radioattivi della terra. Alla proiezione seguirà un incontro con i due registi.
Sempre in seconda serata e sempre per la sezione One Hour, il cartellone presenta Holy (un)Holy River (ore 22.30, Cinema Massimo 1), la cronaca di un viaggio compiuto dai registi statunitensi Pete McBride e Jake Norton lungo i 2500 chilometri del Gange che documenta le contraddizioni del fiume più venerato al mondo. Costretto a raccogliere emissioni industriali, a subire deviazioni per scopi agricoli e l’impatto con i circa 500 milioni di abitanti del suo bacino, a inglobare rifiuti domestici, fognature grezze e resti dei riti funebri, ad affrontare lo sbarramento di sedici dighe per la produzione di energia elettrica e il controllo delle inondazioni, il fiume sacro appare un simbolo di purificazione destinato a un futuro quanto mai incerto, sul quale si interrogano gli esperti.
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