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Cronaca

I rapporti fra Comune di Torino, GTT e InfraTo: quando la credibilità dei debiti di un comune verso le partecipate varia se il debitore cambia cappello

Redazione Quotidiano Piemontese

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E’ di  pochi giorni fa la  visita della Guardia di Finanza in Comune a Torino per indagare sul bilancio del comune e di due aziende partecipate di trasporto pubblico. Si sta aprendo un’inchiesta che potrebbe avere risvolti giudiziari, ma anche politici.

Franco Becchis direttore della Fondazione per l’Ambiente e della Turin School for social regulation e docente universitario spiega sulla voce.info la situazione e i possibili risvolti.

A Torino qualcosa non quadra nei conti del comune e di due importanti aziende partecipate: Gruppo trasporti torinesi (Gtt) e InfraTo. A pagina 49 della relazione allegata al rendiconto annuale del comune per l’anno 2015, approvato l’8 maggio scorso dal Consiglio comunale, alle voci “crediti/debiti verso comune di Torino” c’è scritto “nd, non disponibile”. Che non vuol dire zero, ma è comunque inquietante. Purtroppo, però, nei bilanci delle due partecipate compaiono circa 50 milioni di crediti. Che sono il motivo per cui la procura ha aperto un’inchiesta, la Guardia di finanza è andata a spulciare le carte e l’ipotesi di reato è “falso in atto pubblico”.
Gtt, in particolare, vanta circa 38 milioni di crediti di cui 24 per il contratto di servizio della linea 1 della metropolitana. Fonti di cronaca informano che il comune da due anni contesta l’ammontare dei debiti con lettere formali a Gtt e al suo revisore Pwc, adducendo a motivo la riduzione del fondo regionale per il trasporto pubblico locale. In una sorta di patto di non belligeranza, continua però ad approvare i bilanci delle partecipate, le quali a loro volta, ignorando la dichiarazione di “non esigibilità” arrivate dal presunto debitore su alcuni crediti, continuano a inserirli nei loro bilanci. Un bel gioco delle parti. Viene da chiedersi se il contratto di servizio che lega i due soggetti non sia “molto” incompleto.
InfraTo, che sta costruendo il prolungamento della linea 1 della metro, ha subito invece una sorta di “disconoscimento” contabile (non politico) dalla proprietà. In sostanza, il comune dice: cara InfraTo, hai deciso gli investimenti in modo autonomo, ora finanziateli; politicamente e strategicamente li approvo e se avrò i soldi parteciperò, ma non ho obbligazioni giuridiche. Traduzione, 12 milioni che la società si aspettava dal comune non sono arrivati.

Le scelte del comune di Torino sono condizionate da una massa di debiti: 2.929 milioni a fine 2015 contro i 3.004 del 2014 (fonte: Rendiconto finanziario approvato nell’aprile 2016). Il segnale che la città deve mandare ai mercati bancari e finanziari è semplice: Torino è in grado di gestire e ridurre il debito rendendolo sostenibile. Se in bilancio comparissero le somme vantate da Gtt e InfraTo, il debito sarebbe 2.979 milioni, una riduzione molto meno evidente. Alleggerire questo peso è anche la strategia obbligata per ridare un minimo di libertà alle politiche pubbliche locali, oggi molto ingessate e in parte dipendenti dal supporto delle fondazioni di origine bancaria. La giunta Fassino (centrosinistra) l’ha perseguita ed è una eredità obbligata anche per quella nuova di Chiara Appendino (M5S).
Gtt è controllata al 100 per cento dal comune tramite Ftc Holding: eroga i servizi di trasporto, parcheggi a pagamento, metropolitana (ha vinto una gara ristretta). Le scelte aziendali dovrebbero in teoria essere nell’alveo di una utility pubblica strettamente regolata che fornisce un servizio essenziale e ad alto impatto sociale e ambientale. Tuttavia, l’azienda è stata oggetto, negli anni, di forti “attenzioni” dei politici locali, che ne hanno riempito gli organici e le posizioni apicali, pagandoli generosamente; né sono mancati i rilievi formali dei controllori sul comportamento di Gtt nelle acquisizioni e nelle gare.
InfraTo, anch’essa al 100 per cento del comune, è nata scorporando da Gtt le reti e le infrastrutture: può sopravvivere se chi passa sui suoi binari paga e se comune, regione e stato finanziano le infrastrutture.
C’è poi l’Agenzia mobilità piemontese, in cui il comune ha il 25 per cento: è l’ente responsabile per la pubblica amministrazione della mobilità collettiva nell’area metropolitana di Torino, un regolatore locale che soffre di tutti i fattori di debolezza di questa posizione.

Senza entrare nel merito della cronaca contabile, che riguarda chi deve dare quanti soldi a chi, quando e su che base, va ricordato che la contabilità aziendale (come rappresentazione delle realtà economiche sottostanti) ha margini di discrezionalità. Nel caso delle aziende partecipate da enti pubblici locali, i margini possono essere usati come strumento per stabilire, modificare o rescindere legami e alleanze politiche. Nelle reti politico-amministrative le relazioni sono gestite sulla base degli equilibri politici, di consenso e sindacali, da cui derivano conseguenze sul piano della “credibilità” delle scritture contabili
Il fatto che oggi a Torino i conti non tornino è direttamente legato alla vittoria del M5S nelle elezioni municipali, che ha incrinato la rete di potere che ha governato la città per lungo tempo, non senza brillanti risultati proprio nelle partecipate (Iren, Smat), nelle infrastrutture e nella cultura. Il sindaco Appendino ha dichiarato che ha approvato i bilanci perché altrimenti le banche chiudevano i rubinetti (post su facebook).
Insomma, la credibilità, l’esigibilità e l’emersione contabile dei debiti di un comune verso le partecipate è altissima quando vi è omogeneità politica nell’amministrazione e nel management, può incrinarsi per fattori esterni (vincoli di debito), ma potrebbe anche crollare, entro i limiti consentiti dalla discrezionalità contabile, se il debitore (il comune) cambia cappello. Torino attenta: Livorno insegna.

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