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Braccianti stipati in cascine e caporalato, arresti nelle vigne astigiane e cuneesi

Redazione Quotidiano Piemontese

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I carabinieri della Compagnia di Alba, insieme agli agenti del Corpo Forestale dello Stato di Cuneo, hanno compiuto serrati controlli nella campagne di alcuni paesi delle Langhe (in particolare Mango, Barbaresco e Neive) per prevenire e contrastare il fenomeno del lavoro nero e altre forme di sfruttamento di manodopera straniera legate alla vendemmia in corso.

I militari dell’Arma, agli ordini del comandante della locale Compagnia Tenente Giacomo Conte, ed i colleghi della Forestale, a partire dalle quattro del mattino hanno controllato una serie di cascinali identificandone tutti gli occupanti, in massima parte braccianti agricoli prevalentemente di nazionalità macedone e bulgara giunti nelle Langhe per partecipare, a settembre ed ottobre, alla raccolta dell’uva.

In particolare in una cascina tra le colline di Mango sono stati identificati una settantina di braccianti agricoli stranieri, giunti da pochi giorni dai loro paesi d’origine per essere impiegati nella vendemmia, che vivevano in condizioni di rilevante degrado socio-abitativo, letteralmente stipati in un’unità abitativa che in realtà avrebbe potuto ospitare non più di dieci persone. Altra situazione di degrado quella riscontrata vicino a Barbaresco dove sono stati identificati altri 22 braccianti in precarie condizioni.

Carabinieri e Forestali hanno documentato, anche con filmati e foto, la situazione di precarietà igienico-sanitaria delle cascine e delle eventuali violazioni saranno informati gli Enti preposti e la Direzione Territoriale del Lavoro di Cuneo per le eventuali violazioni in materia di tutela dei lavoratori.

Una dettagliata informativa di reato è stata inoltre inviata dai militari dell’Arma alla Procura della Repubblica di Asti in quanto, nel corso dei controlli, è stato denunciato un 30enne pregiudicato macedone abitante nelle Langhe per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro aggravata (c.d. caporalato). Si tratta infatti del reato di cui all’art. 603 Bis del Codice Penale, introdotto nel nostro ordinamento penale dal D.L. n. 138 del 2011, con cui viene punito da cinque ad otto anni di reclusione il c.d. caporale, ovvero colui che organizza l’intermediazione di manodopera approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori stessi, retribuendoli in modo difforme dai contratti nazionali. Dalle indagini avviate dopo i controlli è infatti emerso che il macedone indagato per caporalato (si tratta del primo caso accertato in provincia di Cuneo in concomitanza della vendemmia) fungerebbe da organizzatore dell’intermediazione della manodopera straniera, a cui procaccerebbe anche l’assai precaria sistemazione alloggiativa ed il lavoro in condizioni di sfruttamento. Ai braccianti avrebbe trattenuto infatti illecitamente soldi sia per l’alloggio che per ogni ora di lavoro fatta conto terzi.

Le indagini dei carabinieri della Compagnia di Alba e della Stazione di Neive, in collaborazione con la Forestale ed i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Cuneo, sono ancora in corso per capire l’esatta portata del fenomeno venuto a galla durante i controlli in campagna.

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