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Il Piemonte risparmia meno: metà dei piemontesi riesce a mettere da parte una porzione del suo reddito

Redazione Quotidiano Piemontese

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E’ stata presentata al Grattacielo Intesa SanPaolo di Torino l’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2016, un progetto del Centro Einaudi e di Intesa Sanpaolo, basato su interviste effettuate da Doxa che ha coinvolto ha coinvolto 1011 famiglie italiane, di cui 90 piemontesi.

Secondo l’indagine la crisi appare ormai alle spalle, ma presso le famiglie è diffusa la percezione che la perdita di reddito disponibile non sia stata completamente recuperata: per conseguenza, le spese nel 2015-2016 hanno continuato a essere improntate alla sobrietà.

L’evoluzione demografica dell’ultimo decennio stabilizza il risparmio ai livelli del 2012. La crisi economica ha accelerato l?impatto dell?invecchiamento della popolazione sulla distribuzione del campione per condizione lavorativa: in otto anni, la quota dei pensionati sul campione è aumentata di oltre 10 punti percentuali, con una  riduzione sia dei lavoratori indipendenti che dei dipendenti.

La difesa del capitale è sempre la priorità. Nonostante si sia ridotta la preoccupazione di perdere
il capitale. Solo a seguire vengono il rendimento (15 per cento), la liquidità (14 per cento), nonché l?apprezzamento del capitale nel lungo termine (7 per cento).

Con i tassi a zero, case e depositi liquidi polarizzano gli investimenti. Le intenzioni di comportamento polarizzate: la scelta della liquidità (che riguarderebbe il 32 per cento degli investitori) e la scelta dell?investimento immobiliare (il 29 per cento considererebbe l?acquisto di una casa per sé e il 20 per cento l?acquisto di una casa da dare in affitto).

Per quello che riguarda direttamente il Piemonte per alcuni anni le famiglie piemontesi si sono distinte per la maggiore capacità di risparmio rispetto alla media nazionale. Per la prima volta si ha  una diminuzione della quota di risparmiatori tale da portare il Piemonte più vicino al livello dell’Italia. In una fase di ripresa economica, seppure embrionale, la percentuale di piemontesi che dichiara di aver risparmiato è pari al 54,4% (40% in Italia e 48,9% nel Nord-Ovest) mentre l’anno passato erano 2 su 3. L’intenzione di risparmiare per far fronte a eventi imprevisti è ancor oggi la motivazione principale dei risparmiatori piemontesi (55,6% di coloro che risparmia intenzionalmente) a cui segue la volontà di accantonare capitali per la pensione (22,2%).

Mediamente una famiglia piemontese oggi risparmia il 10% del proprio reddito (ovvero il 4,2% in meno rispetto al 2015) riducendo, anche su questo fronte, il divario che sino allo scorso anno si poteva osservare confrontando il campione piemontese con quello italiano.

Sia le famiglie piemontesi sia quelle italiane dichiarano di aver attuato azioni di contenimento della spesa per il tempo libero (67,8%), della spesa per le vacanze (63,3%) e della spesa giornaliera (63%) per far fronte a una ridotta disponibilità economica.

Il bilancio delle famiglie piemontesi però non sembra mutato dall’anno precedente: per il 61,1% degli intervistati gli effetti della crisi non lo aggraveranno ulteriormente nel prossimo futuro, percentuale analoga in Italia (60,2%) e nel Nord-Ovest (59,3%). Il 40% delle famiglie piemontesi ritiene che il proprio reddito sia sufficiente (e il 7,8% più che sufficiente), mentre il 17,7% afferma che il reddito percepito attualmente non sia neppure sufficiente. Guardando all’età della pensione (65-70 anni), rispetto al dato nazionale (31,1%), in Piemonte è il 40,3% a pensare che il reddito atteso sarà sufficiente.

L’87,8% dei piemontesi deposita i propri risparmi esclusivamente in banca, mentre l’11,1% predilige la posta. Si osserva, in Piemonte, una sostanziale stabilità del numero di correntisti bancari in modo esclusivo; a livello nazionale invece anche quest’anno tale percentuale registra una flessione (78,4%). L’ulteriore diminuzione di correntisti che detengono sia un conto corrente in banca sia in posta (1,1% degli intervistati) è spiegata dall’incremento del numero di famiglie che detengono esclusivamente un conto corrente postale.

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