Cittadini
Ortoressia, Torino si piazza al terzo posto delle città più “fissate” per gli alimenti
E’ la patologia che minaccia i salutisti. E soprattutto i torinesi. Si chiama ortoressia, ed è una malattia che affligge chi trasforma il desiderio di mangiare sano, in una patologia ossessivo-compulsiva. A lanciare il problema è il Ministero della Salute che, secondo i recenti dati diffusi, avverte che, degli oltre 3 milioni di italiani con disturbi alimentari, circa il 15 per cento soffrirebbe di questo disturbo: con una netta prevalenza degli uomini (11,3 per cento) rispetto alle donne (3,9 per cento).
La classifica delle città più fissate: Torino medaglia di bronzo
Quali sono le città italiane affette da questa patologia? Al primo posto si classifica Milano con il 33 per cento: i meneghini sono i più ossessionati dai valori nutritivi del cibo, capaci di spendere gran parte del tempo libero al centro commerciale, per disegnare un menù settimanale maniacale.
Al secondo posto si posiziona Roma, con il 27 per cento. E poi, al terzo posto, c’è Torino con il 21 per cento: fatta eccezione per agnolotti e bagna càuda, i torinesi non transigono e vivono l’alimentazione attraverso rigide regole alimentari autoimposte.
Fissazioni più comuni
Ma quali sono le fissazioni più comuni? Al primo posto si piazza la pianificazione dei pasti, con il (78 per cento). Dedicare gran parte della domenica a cucinare per la settimana ventura, calcolando alla perfezione le dosi di pranzo e cena, senza sgarrare di un solo grammo. Al secondo posto il tempo trascorso al supermercato (75 per cento) che si lega inevitabilmente al primo punto. Al terzo posto, infine, il pensiero ossessivo del cibo (71 per cento).
Classifica delle situazioni più singolari della patologia
Tra le situazioni più singolari di questa patologia ce ne sono alcune particolari: al primo posto rinunciare ad un appuntamento galante (76 per cento); Disertare le uscite di gruppo (72 per cento); evitare cerimonie (68% per cento)
Cos’è l’ortoressia?
Il termine Ortoressia nasce nel 1997: a coniarlo per la prima volta, il dietologo americano Steven Bartman che accoglie le denunce lanciate più volte da quotidiani illustri come il The Daily Telegraph e il The Indipendent.
Spiega Sara Bertelli, psichiatra e presidente dell’Associazione Nutrimente Onlus: “L’ortoressico sviluppa una vera e propria fobia per i cibi considerati “pericolosi” come gli Ogm. Questa ossessione porta ad una dieta molto restrittiva e all’isolamento sociale. È come se il cibo sano diventasse una missione morale e tutte le altre sfere di vita passassero in secondo piano. Quando un comportamento alimentare diviene ortoressico in maniera rigida, si può affrontare con una buona psicoterapia, che sottolinei i benefici e le limitazioni di tale rigidità e che aiuti ad individuare delle alternative più funzionali. La psicoterapia può essere affiancata da un approccio dietologico che vada a correggere le sindromi carenziali che possono insorgere, quali deficit vitaminici”.
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