Ambiente
“A come spreco”: Carlo Degiacomi contro il nuovo Museo A come Ambiente
“I conti economici in dettaglio: uno scandalo”. Carlo Degiacomi, ex direttore del Museo A come Ambiente, interviene con una lettera contro i vertici del MAcA dopo l’inaugurazione dei nuovi allestimenti. Ecco il testo:
Il nuovo allestimento, frutto dell’attuale ristretta e opaca gestione del Museo che ha operato in questi ultimi due anni precise scelte politiche:
1. ha epurato il Museo dai temi di grande attualità ambientale che ne hanno caratterizzato la sua mission per oltre 10 anni: i cambiamenti climatici, le politiche energetiche, gli sprechi di cibo, la mobilità sostenibile, il rapporto fra ambiente e biologia, la qualità dell’aria che respiriamo, l’economia circolare, le nanotecnologie … , rinunciando a essere un luogo dove diffondere comportamenti virtuosi per migliorare l’ambiente in cui viviamo;
2. ha distrutto,forse accecata da puerili intenti di rivalsa contro la mia persona e quella di mio figlio, la gran parte degli allestimenti a noi riconducibili (ovvero il 99% degli allestimenti di A come Ambiente), rinunciando a un patrimonio unico, comune, per nulla obsoleto dal punto di vista tecnologico (era basato su tecnologie industriali come i PLC, con bassissima obsolescenza tecnologica) e contenutistico;
3. ha ignorato il comitato scientifico che nato sotto la mia direzione riuniva molte delle principali eccellenze torinesi e italiane in campo scientifico (il Politecnico e l’Università di Torino, l’Istituto Italiano di tecnologia di Genova, Agorà Scienza, … ) con lo scopo di realizzare allestimenti museali interattivi e multimediali capaci di rivolgersi a un pubblico sempre più vasto e coniugare le esigenze cognitive dei più piccoli con il bisogno di informazione di famiglie e adulti sui grandi e quotidiani temi ambientali;
4. ha perso la forte interattività che caratterizzava il Museo fino al 2013, nata da un nutrito gruppo di lavoro di eccellenze torinesi che avevano assurto A come Ambiente a luogo di sperimentare di tecnologie all’avanguardia nel campo dell’edutainment, luogo di lavoro per giovani creativi. Aspetto questo che rendeva il museo unico nel panorama italiano e oggetto continue di visite di enti e di aziende interessate alla divulgazione in campo ambientale;
5. ha ridotto la propria offerta formativa e laboratoriale ai minimi termini, banalizzando temi complessi, riducendo la didattica a momento esclusivamente e passivamente ludico. Dell’originario imparare giocando è rimasto forse solo il giocando poco divertente e coinvolgente;
6. ha rinunciato al ruolo di museo innovativo, capace di raccogliere l’odierna sfida in campo ambientale, vetrine per tutti: azioni dei cittadini, delle imprese, degli enti di formazione, delle associazioni, dei gruppi di opinione.
7. ha avvilito il ruolo fondamentale che avevano gli animatori/mediatori culturali all’interno della struttura museale, beneficiari di periodici corsi di formazione, finalizzati a fornire ai visitatori un servizio di accompagnamento attivo nella visita e non di mero controllo degli spazi.
Non mi resta che diffidare l’attuale gestione del Museo da associare il mio nome (come ha deciso arbitrariamente e recentemente di fare) a un Museo che non riconosco più come mia opera e idea. Il sito internet di A come Ambiente, infatti, omettendo strumentalmente il nome dell’altro fondatore, mio figlio, recita, senza il mio consenso” … A come Ambiente è il primo museo europeo interamente dedicato alle tematiche ambientali, nato ad opera dell’architetto Carlo Degiacomi, che ne è stato il direttore fino al 2013″.
Queste semplici osservazioni sugli allestimenti proposti, non possono sfuggire non solo agli addetti ai lavori, ma anche a quelli che erano (e non sono più da due anni) i numerosissimi visitatori di A come Ambiente.
Dispiace costatare come le scelte operate dall’attuale gestione del Museo sembrano rispondere esclusivamente a un Assessore all’ambiente e all’innovazione (?) in scadenza, Enzo Lavolta, che vive di questi piccoli spot pre-elettorali a suo solo beneficio, fautore di scelte politiche così poco attente al futuro di questa città tanto da rinunciare a progettarlo.
Non vorrei che il citato assessore, dopo le dimissioni da Presidente del Museo nell’autunno 2014 (a seguito del dibatto pubblico in Consiglio Comunale), non potendo comparire negli inviti ufficiali all’inaugurazione dei nuovi spazi espositivi, per non mancare alla presentazione del “suo” vuoto Museo non esiti a inventarsi l’inaugurazione di un piccolo parco giochi di fianco al Museo, insignificante di fronte al disastro manutentivo in cui versa il grande Parco Dora.
Così come dispiace costatare che il Sindaco della nostra città non si sia occupato dei controlli di merito che merita una vicenda da 1,7 milioni di euro come quella qui narrata. E chi deve controllare?
Dal dicembre 2013 a oggi, le commissioni comunali (in special medo quella di Gestione e Controllo) ha constato, in una lunga sequenza di incontri, senza trarne le conseguenze: la mala gestione ad opera dell’Assessore Enzo Lavolta; la presenza di membri non indicati dagli enti nel Consiglio Direttivo dell’Associazione A come Ambiente; la nomina priva di requisiti previsti dal bando dell’attuale direttore (inquadrato peraltro come semplice impiegato e non come quadro/dirigente); la totale mancanza di risposte da parte dell’attuale gestione in merito a dati sui visitatori, bilanci preventivi e consuntivi chiari e leggibili, permanenza o meno di soci paganti; la mancanza di un progetto museale alla base dei nuovi allestimenti; la non sempre chiara gestione degli appalti per l’assegnazione dei fondi FESR per gli allestimenti; il perlomeno anomalo intervento diretto di SMAT (senza appalti pubblici) per il completamento di ala del Museo al posto di una cooperativa edile a cui spettavano gli oneri di urbanizzazione (circa 500 euro); il mancato utilizzo per due anni consecutivi del nuovo padiglione terminato nel 2013; ecc.
Purtroppo si è spesso deciso di non verificare se i comportamenti descritti, seppure censurati sul piano politico, siano stati anche possibili violando norme e regolamenti; così come non si è dato troppo peso all’emorragia di visitatori, di soci finanziatori, di progetti capaci di contribuire a creare entrate di bilancio, tutti speranzosi che prima o poi i riflettori sulla vicenda si spengano e, come è appena accaduto, la mano pubblica risani bilanci e conti e tutto possa continuare come sempre, all’insegna dell’arroganza di certi potentati politici.
Alcuni fati per approfondire.
I MANCATI CONTROLLI SUI CONTI ECONOMICI DEL MUSEO.
Fra quelli citati l’aspetto più grave di questa vicenda rimane l’enorme esborso di risorse pubbliche che si è reso necessario a ripianare i conti di questo biennio di gestione del Museo, anche a fronte della pesante riduzione della compagine sociale privata.
In tempi di riforma Madia delle partecipate, gli enti pubblici e le ex municipalizzate che già versano circa 400.000 euro all’anno in quote sociali, nel 2015 hanno provveduto a un finanziamento extra quota di pari importo, che si è sommato agli oltre € 900.000 di fondi europei a fondo perduto ricevuti nello stesso anno (sulla base di un progetto, oggi stravolto, nato sotto la presidenza Alfieri). Se si calcola anche che la SMAT anticipa per conto di una nota cooperativa edile 500.000 € per completare un’ala del Museo non in tempo per l’attuale inaugurazione si arriva a un investimento complessivo di 2,2 milioni euro.
Una cifra davvero importante, impensabile persino ai tempi ben più generosi delle olimpiadi invernali del 2006.
Una cifra composta da scelte fatte in emergenza, alla fine dell’anno scorso, ovviamente dagli enti pubblici: l’Assessorato all’Ambiente della Regione Piemonte, dopo aver negato per anni la quota sociale al Museo, improvvisamente, prima di Natale, decide di contribuirvi per una cifra pari a € 200.000 euro, così come la Città Metropolitana, ente che ha interrotto il finanziamento di molte partecipate pubbliche, decide, ripensandoci e smentendo se stessa, solo a fine 2015, di pagare la quota sociale 2014 (di € 55.000) dopo aver dichiarato per iscritto un anno prima di non poterne far fronte.
SI TRATTA DI CIFRE IMPORTANTI, SPECIE PER UNA REALTÀ DI QUESTE DIMENSIONI, SPECIE IN UN PERIODO COME QUESTO FATTO DI TAGLI E RIDUZIONI. Una cifra che non corrisponde minimamente alla risposta di pubblico che il Museo è capace di suscitare, anche a causa della sua attuale gestione improvvisata e dilettantesca.
È facile chiedersi se i nuovi allestimenti valgono le cifre che abbiamo sopra riassunto? Basterebbe che a controllare i conti. Ci piacerebbe conoscere, nei prossimi tempi, l’opinione dei consiglieri comunali, degli addetti ai lavori, dei nuovi e vecchi visitatori che avranno modo di giudicare direttamente gli spazi vuoti del “nuovo” museo.
Questa lettera è un appello perché chi (funzionari europei, magistrati, politici, giornalisti, semplici cittadini…) è chiamato a verificare l’operato di associazioni come quella del Museo non esiti a farlo.
Dato che mi annovero fra coloro i quali credono nella forza della verità , sono certo che giudice ultimo di quanto accaduto sarà il tempo, sempre capace di far emergere con totale chiarezza tutto il male qui denunciato. Purtroppo nel nostro caso, troppo tardi e solo dopo le prossime elezioni amministrative …
Quante storie simili a questa conosciamo che non sono state fermate quando sarebbe stato non solo opportuno ma anche più che possibile?
Torino, 15 febbraio 2016
Carlo Degiacomi
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