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Il dossier Pendolaria di Legambiente presenta un’Italia a 2 velocità: diminuiscono i pendolari in Piemonte, 35.000 in meno rispetto al 2011

Redazione Quotidiano Piemontese

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La ricerca Pendolaria 2015, realizzata  da  Legambiente presentata oggi nell’ambito della campagna che ha al centro dell’attenzione la situazione e gli scenari del trasporto ferroviario pendolare in Italia.

Da una parte il successo di treni Alta Velocità sempre più moderni e veloci che si muovono tra Salerno, Torino e Venezia -con un’offerta sempre più ampia, articolata e con sempre più persone ogni giorno sui Frecciarossa (+7,7% nel 2014 ed una previsione nel 2015 tra il 6 ed il 7% di ulteriore crescita) e Italo- e dall’altra la progressiva riduzione dei treni Intercity e dei collegamenti a lunga percorrenza (-22,7% dal 2010 al 2014) su tutte le altre direttrici nazionali, dove si è rimasti fermi agli anni Ottanta come tempi di percorrenza. La novità è che un’analoga situazione si evidenzia sempre di più anche tra le Regioni. Sono 2 milioni e 842 mila i passeggeri che ogni giorno usufruiscono del servizio ferroviario regionale, e nell’aumento generale (+2,5% rispetto al 2014) vi sono situazioni molto diverse.

In Lombardia sono arrivati a 703 mila (con un +4,9%), crescono anche in Puglia (+2,8%), mentre diminuiscono in Sardegna (-9,4%) e in Umbria (-3,3%). Emblematica la situazione in Campania, dove malgrado i pendolari siano tornati a crescere, siamo comunque a -130 mila al giorno rispetto al 2009, e in Piemonte, dove dopo la cancellazione di 14 linee avvenuta nel 2011, sono 35.000 i viaggiatori al giorno in meno.

La ragione di queste dinamiche differenti è nei tagli al servizio ferroviario regionale che complessivamente dal 2010 sono stati pari al 6,5%. In parallelo il record di aumento del costo dei biglietti si è registrato in Piemonte con +47%, in Liguria del 41%, del 25% in Abruzzo e Umbria, a fronte di un servizio che non ha avuto alcun miglioramento. In alcuni territori sono invece proprio scomparsi i treni, visto che in questi anni sono stati chiusi 1.189 chilometri di linee ferroviarie.

Per l’associazione ambientalista l’avvicendamento tra Maurizio Lupi e Graziano Delrio al Ministero delle Infrastrutture ha portato alcuni cambiamenti positivi. In primo luogo l’approvazione della Delega Appalti, che ha finalmente cancellato la Legge Obiettivo introducendo regole chiare per progettazione, controlli, collaudi delle opere, e poi negli stanziamenti previsti nella Legge di Stabilità 2016 per il trasporto merci ferroviario e marittimo, per le ciclovie. Ora però serve una riforma complessiva del Ministero in modo da chiudere per sempre la stagione delle grandi opere inutili e spostare attenzione e investimenti nelle aree urbane e in una visione integrata dei trasporti per ridurre le differenze nel Paese. Per Legambiente la situazione che vivono i pendolari è, infatti, figlia di precise responsabilità politiche in questi anni da parte del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e delle Regioni. Il Ministero avrebbe le leve in mano per garantire un servizio dignitoso, intervenendo in particolare per rivedere le priorità di investimento infrastrutturali, per approvare un nuovo contratto di servizio per i collegamenti universali (Intercity) scaduto nel 2014, per controllare lo stato del servizio nelle Regioni e accompagnare il delicatissimo passaggio alle gare, in una fase di privatizzazione delle Ferrovie dello Stato. Le Regioni dal 2001 hanno la responsabilità per il servizio ferroviario regionale, ma hanno investito poco -anche qui il Piemonte è in fondo alla classifica con lo 0,04% della spesa rispetto al bilancio annuale- e, malgrado differenze negli investimenti è evidente la diffusa necessità di un salto di qualità nelle politiche.

Le scuse non valgono, nel bilancio dello Stato le risorse ci sono per realizzare, con una seria programmazione, un salto di qualità nel servizio ferroviario. Da dove partire? Tagliando gli incentivi all’autotrasporto, che nella Legge di Stabilità 2016 beneficia di 250 milioni di euro di sconti sui pedaggi autostradali, e di 3 miliardi di Euro di sconti sull’accisa. Spostando le risorse dalle infrastrutture stradali a quelle ferroviarie, visto che con lo Sblocca Italia sono stati stanziati 1.530 milioni di euro per le strade e autostrade, e nel 2015 il Governo Renzi è anche intervenuto per salvare dal fallimento la prima autostrada realizzata in Italia in regime di project financing, la BreBeMi, con 320 milioni di Euro, oltre al prolungamento della Concessione. Queste politiche sono tanto più sbagliate perché è nelle città il deficit infrastrutturale italiano, in termini di dotazioni di linee metropolitane, tram, ferrovie suburbane rispetto all’Europa.

 

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