Economia
A settembre parte l’acquisizione di Seat Pagine Gialle da parte di ItaliaOnline: si teme per i posti di lavoro a Torino
Sta per iniziare a settembre un periodo importante per il futuro della Seat Pagine Gialle dato che partirà ad inizio del mese di settembre partirà il processo di acquisizione da parte di ItaliaOnline. Potrebbe essere la fine di una lunga storia di spregiudicate azioni di finanza, tentativi di salvataggio e ristrutturazioni. Il problema che resta da chiarire è quanti posti di lavoro costerà alle sedi Seat in Piemonte: scrive il Giornale:
Seat Pagine Gialle sta per cominciare la sua ultima, nuova, vita. È atteso all’ inizio di settembre il primo passo verso l’ acquisizione da parte di Italiaonline, la società del magnate egiziano Naguib Sawiris che controlla già i portali Virgilio e Libero.
Sulla base delle tempistiche previste per le autorizzazioni dell’ Antitrust e dell’ Agcom, Italiaonline, la controllante Libero e i fondi Avenue e GoldenTree prevedono di dare esecuzione l’ 8 settembre (o in data immediatamente prossima a questa) al conferimento del 53,9% del capitale di Seat detenuto dai due fondi in cambio di una quota di minoranza in Italiaonline.
Il titolo brinda in Borsa: ieri ha chiuso la seduta con un balzo del 7,89% a 0,0041 euro. Ovvero sopra il prezzo dell’ Opa (0,0039 euro) che verrà lanciata sul flottante. E pensare che nel 2000 le azioni Seat quotavano sopra i 7 euro e la società – in pena ubriacatura da new economy – valeva in Borsa 8 miliardi, mentre oggi la capitalizzazione supera di poco i 244 milioni. Come sono stati bruciati i soldi di quella che un tempo era la compagnia degli elenchi telefonici? Dalla privatizzazione avvenuta alla fine degli anni Novanta, ci sono stati ben cinque passaggi di mano.
Tutte le volte qualcuno si è arricchito e l’ azienda ci ha perso. Il vero declino ha però inizio nel 2003 quando Seat finisce nel mirino dei fondi di private equity Cvc, Permira, Bc Partners e Investitori associati che la comprano da Telecom per 3 miliardi. L’ anno dopo, dalla società viene prelevato un dividendo di 3,57 miliardi con il quale i fondi-azionisti riducono di fatto a soli 800 milioni l’ esborso per l’ acquisizione.
Esempio da manuale per quelli che un tempo erano definiti fondi locusta: si aggiravano sui mercati a caccia di imprese, entravano nel capitale utilizzando una forte leva finanziaria che scaricavano sulla stessa società finanziando i suoi progetti di sviluppo e dopo qualche anno uscivano con mirabolanti plusvalenze, anche del 100% sul capitale investito.
Come le cavallette: spremevano valore da una società per poi uscire e andarsene a cercarne un’ altra e ricominciare daccapo lo stesso ciclo. Con la crisi, però, le prede conquistate hanno drasticamente ridotto i fatturati e i margini, rendendo problematico e in alcuni casi impossibile il pagamento del forte debito accumulato con le banche.
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