Cronaca
Torino e l’Islam dopo gli attentati a Charlie Hebdo: paura o integrazione? – Reportage foto e video
Esattamente due settimane fa al numero 10 di rue Nicolas Appert riecheggiavano ancora i colpi di kalashnikov. A terra 12 corpi che presto sarebbero diventati 20. I giornalisti di Charlie Hebdo trucidati, i poliziotti, gli ostaggi di un supermarket, infine gli stessi terroristi. Con il mondo occidentale sotto choc ed una caccia all’uomo che rimarrà per sempre nella storia dei media e nelle coscienze di tutti, l’Islam viene messo sotto accusa. Non in toto, né come religione in quanto tale, ma nell’interpretazione fanatica che ne danno i terroristi e gli accoliti deviati. La politica riesce a fare poco o nulla per rassicurare i cittadini se non proclami talvolta violenti, talvolta paternalistici che non rischiarano le ombre che da quel mercoledì 7 gennaio (e in realtà da molto prima) hanno spazzato via il senso di normalità e sicurezza nelle strade di Parigi, Londra, New York. O Torino. Passata la sfuriata emotiva del post uccisione di Coulibaly e dei fratelli Kouachi, l’europarlamentare torinese Mario Borghezio tuonava contro l’inefficienza del Governo nell’adottare contromisure valide nei confronti dei “foreign fighters”, mentre poche ore dopo la Lega Nord Piemonte, nelle persone di Stefano Allasia (deputato), Alessandro Benvenuto (consigliere regionale) e Fabrizio Ricca (capogruppo in consiglio comunale), chiedeva ai prefetti più controllo sui finanziamenti alle moschee e centri culturali islamici di Torino e provincia e, in aggiunta, l’imposizione della lingua italiana per i sermoni pronunciati dagli imam. In verità, la comunità musulmana torinese si è schierata da subito in prima fila nel condannare gli attentati al settimanale satirico parigino, partecipando in massa alla manifestazione di solidarietà di piazza Castello.
A distanza di qualche giorno, siamo andati a chiedere le opinioni delle diverse parti in causa che vivono e agiscono a Torino. Said Ait El Jide, Imam della moschea Taiba di via Chivasso, Mohamed El Bahi, presidente dell’Associazione Islamica delle Alpi, che gestisce quel centro di culto, Idris ‘Abd ar-Razaqq Bergia, responsabile per il Piemonte della Coreis, la Comunità Religiosa e Islamica italiana che da anni promuove il dialogo interculturale con cristiani ed ebrei; parola anche a Fabrizio Ricca della Lega Nord e ad una coppia di semplici cittadini musulmani che vivono in provincia di Torino e vorrebbero educare i figli all’Islam più vero.
Ecco quello che ci hanno raccontato.
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