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Cronaca

Caso Musy, inquietanti prospettive su Furchì e la mafia calabrese: ”’A pistola illu s’inde liberau…”

Redazione Quotidiano Piemontese

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Attentato_Musy_Furchì_-tribunale-4-1024x588-600x400E’ un processo che non finisce di dispiegare nuovi risvolti, via via più inquietanti, quello per l’assassinio di Alberto Musy. Emergono intercettazioni telefoniche effettuate presso Felice Filippis, il pensionato (strettissimo amico di Furchì) accusato dallo “007” Pietro Altana di conservare l’arma del delitto. L’anziano, per il quale è stato necessario un interprete stante l'”indecifrabile dialetto calabrese” nel quale si esprime, parla dell’omicidio del politico torinese come di un atto avvenuto su commissione di non meglio identificate cosche mafiose, dietro un compenso di 30.000 euro, che sarebbero stati versati sul conto della sorella di Furchì, Caterina. Dall’altra parte del telefono c’è Maria Cefalì, moglie di Filippis.

La sorella dell’imputato si dice “indignata”, affermando che i 30.000 euro effettivamente girati sul suo conto li avrebbe ricevuti da una finanziaria per alcune spese personali, e la difesa parla di “fesserie”, affermando altresì che l’assassino sarebbe ancora a piede libero; e gli inquirenti stanno appunto ancora proseguendo le ricerche, perchè ritengono che Furchì sia stato aiutato e che l’omicidio si inquadri in un contesto ben più ampio della semplice “vendetta” personale. Intanto, Maria Cefalì sarà ascoltata il prossimo 2 dicembre, non ritenendo affatto “fesserie” le ultime rivelazioni, con la storia dell’arma rispedita in Calabria a presentarsi più volte nelle varie deposizioni. “A’ pistola illu s’inde liberau subito…da cu ha mandà mu’ ammazzà chillu”, afferma la stessa Cefalì nelle telefonate con il marito.

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