Cronaca
Il declino senza fine di Aiazzone: la figlia del mobiliere in sciopero della fame davanti al Tribunale di Torino, ”Aspetto la verità da anni”

Sono passati 28 anni da quando, nel 1986, Giorgio Aiazzone moriva in un incidente aereo quando era all’apice di un’ascesa senza soste la sua azienda, quella che è stata – piaccia o meno – una gloria piemontese, se è vero che un semplice mobilificio di Biella conquistò l’intera penisola. Da allora, la sorte si è accanita in ogni modo sullo storico marchio, sugli eredi dell’imprenditore, con un peso che oggi la figlia Marcella non riesce più a sostenere, come dicono le lacrime che le scendono mentre sta immobile, con un cartello in mano, a condurre uno sciopero della fame davanti al Tribunale di Torino. Da otto lunghi giorni. Ma come si è giunti a questo?
Oggi è Repubblica a tentare una ricostruzione della vicenda, che sinteticamente prende il via quando – poco dopo la morte del fondatore – la di lui vedova, Rosella Piana, vende tutto a un imprenditore di Prato che però non avrebbe mai pagato i 18 miliardi pattuiti; nel frattempo, i risparmi con cui pensava avrebbe agevolmente garantito il futuro alle tre figlie viene affidato a un trust svizzero che l’avrebbe però amministrato in maniera fraudolenta. Il condizionale è d’obbligo perchè la vicenda giudiziaria non è ancora riuscita a fare luce sull’intera realtà dei fatti, che comunque costrinsero ai domiciliari la stessa Rosella, morta poi di cancro nel 2002.
Il marchio poi finiva in liquidazione e quindi nelle mani di Gian Mauro Borsano (famoso come ex presidente del Torino Calcio) e Renato Semerato, entrambi in carcere ormai da tre anni per bancarotta fraudolenta. Perchè Marcella è arrivato a questo punto, si diceva? Perchè nel frattempo ha presentato due esposti, uno contro il curatore fallimentare che non le avrebbe mai concesso di visionare gli atti, e uno contro Mario Conzo, ex presidente del Tribunale di Biella, il quale si era occupato della vertenza Aiazzone ma che accidentalmente è stato anche condannato per essersi fatto corrompere dal commercialista di Franceschini, l’imprenditore di Prato che aveva “acquistato” la catena nel 1986. L’esposto però è passato da Roma a Milano a Biella a Torino e a tutt’oggi non è stato avocato, proprio come la prima querela. Marcella Aiazzone chiede giustizia, o per lo meno vorrebbe sapere la verità.
Iscriviti al canale Quotidiano Piemontese su WhatsApp, segui la nostra pagina Facebook e continua a leggere Quotidiano Piemontese
