Cronaca
“Mi dicevano di omettere i dati sull’amianto”. Le testimonianze sul caso Olivetti
“Mi dicevano di fare così: se c’erano dei valori che non andavano mi dicevano di ripetere l’esame e se i dati erano ancora critici mi dicevano di non riportare il dato”. Parole pesanti che a distanza di trent’anni spiegano, almeno in parte, la morte di 15 operai della Olivetti, colpiti da mesotelioma pleurico a causa dell’asbesto respirato e non denunciato dai manager dell’azienda di Ivrea. La testimonianza è di Luisa Arras, responsabile del servizio prevenzione e protezione dal ’91 al ’96, uno dei cardini su cui poggia l’inchiesta che vede indagati 39 dirigenti dell’epoca, tra cui Carlo De Benedetti, Corrado Passera, Roberto Colaninno ed Elserino Piol. Le accuse (per tutti tranne Colaninno che si è visto addossare solo le lesioni) sono di omicidio colposo plurimo, con l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. “Si faceva così. Lo facevano altre aziende e lo facevamo anche noi” ha detto la Arras a maggio davanti ai pm Lorenzo Boscagli e Gabriella Viglione, che hanno però ricostruito il passa parola informale con cui i piani alti di Olivetti venivano comunque a sapere dello sforamento nei valori dell’amianto nei loro stabilimenti, soprattutto in quelli di Agliè e di San Bernanrdo, ma non facevano nulla per rimediare. Nell’81 si scoprì che la quantità di amianto presente nel talco usato nelle officine era 500 mila volte superiore al consentito, ma la Olivetti sostituì quel prodotto soltanto cinque anni dopo, nell’86. “Noi del servizio ecologia avevamo rilevato la presenza dell’amianto. Ci hanno messo cinque anni a decidere” ha spiegato ai giudici Paolo Fornero, ex membro del servizio ecologia ambientale dell’azienda che, in merito a chi doveva risolvere il problema del talco contaminato, afferma: “La Commissione per l’ecologia avrebbe dovuto dare l’input, ma in quegli anni non ci riunivamo spesso a causa dei cambiamenti avvenuti dopo il passaggio ai De Benedetti”. Emblematico il caso del capannone di San Bernardo Sud, il più a rischio per i livelli di asbesto, che non verrà mai bonificato. Al posto di metterlo in sicurezza, operazione che sarebbe costata oltre un miliardo di lire, la Olivetti lo vendette ad un certo Merletti, che non fece in tempo ad iniziare la bonifica perché fu arrestato.
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