Cronaca
“Mio padre non era violento, voglio la verità sull’iniezione del Tso”. Parla la figlia del pensionato morto a Sant’Ambrogio
Troppe ombre sulla morte del pensionato di 64 anni, deceduto mercoledì scorso a Sant’Ambrogio a seguito di un TSO, un trattamento sanitario obbligatorio. A parlare è la figlia, Sara Combetto, che, sulle pagine di Repubblica, esterna tutto il suo dolore: “Mio padre era un uomo malato, ma si è curato e questo gli ha permesso di essere un genitore adorabile e di non avere problemi al lavoro. Per questo voglio che per la sua morte si faccia chiarezza e gli si restituisca dignità”. L’uomo, affetto da schizofrenia, era curato con degli antipsicotici, anche se in certi periodi sospendeva i medicinali senza gravi conseguenze. Quando la malattia tornava a peggiorare, i famigliari contattavano gli psichiatri che lo avevano in cura e ricominciava la terapia. “Non aveva mai subito un Tso e non gli erano quindi mai stati somministrati quei tranquillanti che dicono di avergli iniettati: certamente non so se siano stati quelli a causare la morte”. Sono parecchi gli aspetti di quel 24 settembre che non quadrano: il padre aveva smesso di assumere le sue medicine a maggio e stava iniziando a peggiorare, chiudendosi in se stesso e riuscendo a comunicare solo con la figlia Sara. Erano già stati avvertiti i medici per una visita nei giorni successivi, ma mercoledì il pensionato aveva bucato le gomme di un furgoncino davanti casa, reo di essere parcheggiato male. “Mio padre non è mai stato un violento, è ovvio che sia un comportamento anomalo, ma la malattia mentale fa vedere cose che non ci sono. Io ho cercato di parlargli, poi sono arrivati i carabinieri, lui si è sentito asserragliato e ha iniziato ad agitarsi”. Qui iniziano le discrepanze tra la versione ufficiale dei fatti ed il racconto della Combetto: “Mi hanno lasciato un po’ di tempo per trattare, ma troppo poco: poi sono entrati e l’infermiere gli ha fatto l’iniezione. Non so quante e con che medicinale, perché io sono stata lasciata a distanza. Ed è stato uno sbaglio perché ero l’unica che poteva tranquillizzarlo. Ho sentito che dicevano che si era addormentato, l’ho visto su una barella con le braccia penzoloni. Ma una volta sull’ambulanza ha avuto un attacco cardiaco, infatti hanno iniziato a rianimarlo. Ma quello non era un mezzo attrezzato, non c’era il defibrillatore. Hanno aspettato un’ambulanza di soccorso avanzato, ma lui è morto”.
Sull’accaduto il sostituto procuratore Laura Longo ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti, un atto dovuto per poter procedere con le perizie tecniche, tra cui fondamentale sarà quella sui medicinali usati per l’iniezione. L’autopsia, affidata al medico legale Fabrizio Bison e in programma per lunedì, chiarirà se la crisi cardiaca sia stata procurata dal tipo di farmaci o dall’eccessivo dosaggio degli stessi.
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