Cittadini
Moschee d’Italia: un libro perché la ‘pancia’ non prevalga sulla ‘testa’
A Torino (ma forse un po’ in tutta Italia) sembra impossibile parlare di moschee senza lasciarsi andare all’emotività. Un esempio su tutti è quello di borgo Aurora: il progetto del centro islamico del Misericordioso in via Urbino è stato trattato fin da subito come un caso politico, tra diatribe religiose, ostilità leghiste e timori dei residenti. Tutto si riduce a un discorso ‘di pancia’: il bisogno di schierarsi prende quasi sempre il sopravvento sul desiderio di capire. Ecco perché il libro Moschee d’Italia di Maria Bombardieri (Emi editore) presentato mercoledì al Circolo dei Lettori, è un contributo particolarmente significativo.
L’intento del volume è prima di tutto quello di fare chiarezza: non permettere che i conflitti abbiano la meglio sui fatti. L’autrice parte da una lunga ricerca comparativa svolta in una quindicina di Paesi europei. Sfogliando le pagine saltano all’occhio alcuni dati. Si scopre, ad esempio, che in Italia, a fronte di una popolazione islamica di circa un milione e mezzo di musulmani, le moschee vere e proprie, costruite secondo i canoni islamici, sono soltanto 5. Tutti gli altri spazi, circa 800, andrebbero più correttamente indicati come sale per la preghiera: di solito sono capannoni o palestre attrezzati con tappeti e oggetti per il culto.
Nel libro tutti questi luoghi sono descritti con cura e inseriti in una precisa mappatura, che li individua regione per regione. Questo approccio ha diversi meriti. Prima di tutto dà l’idea di quanto la realtà islamica italiana sia complessa: non si tratta di un blocco monolitico, ma di uno scenario mobile e multiforme, all’interno del quale coesistono visioni diverse e non mancano punti di attrito. Un’analisi fondata su dati oggettivi aiuta anche a ricollocare il problema nel suo alveo naturale, che per uno Stato di diritto è la libertà di culto. Liberà, ricorda l’autrice, sancita negli articoli 8 e 19 della Costituzione.
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