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#iostocondimatteo Le Agende Rosse manifestano per difendere Nino Di Matteo – fotogallery
Erano in centinaia in Piazza Castello a Torino per la manifestazione a favore di Nino Di Matteo il magistrato che indaga sui rapporti fra Stato e Mafia ripetutamente minacciato da Cosa Nostra. Nino Di Matteo è in magistratura dal 1991. Sostituto procuratore della Repubblica presso la Dda di Caltanissetta dal ’92 al ’99 e pubblico ministero della Dda di Palermo dal ’99, ha indagato sulle stragi dei magistrati Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e delle loro scorte, e sull’omicidio del giudice Antonino Saetta. Attualmente Nino Di Matteo è impegnato nei processi sulla trattativa fra mafia e Stato Italiano. Durante la manifestazione organizzata dal movimento delle Agende Rosse è stato distribuito un volantino che racconta la difficile situazione umana e professionale che vive Nino Di Matteo.
Un magistrato è condannato a morte dalla mafia, e nei grandi giornali quasi non se ne parla: poche informazioni, zero volontà di mobilitare l’opinione pubblica. In Italia, chi indaga sui mandanti di un crimine e – ancor di più – sul legame mafia-politica è in grave pericolo, da sempre. Falcone e Borsellino,le vittime più illustri. Oggi è nel mirino Nino Di Matteo. Lavora con scrupolo e onestà e porta avanti l’indagine sulla Trattativa Stato-mafia. È in trincea e rischia la vita: ogni giorno.
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Un uomo così dovrebbe essere protetto dallo Stato. Non accade. Gli si frappongono ostacoli e finisce per essere, paradossalmente, inviso alla mafia e allo Stato. Gran parte dell’opinione pubblica, tuttavia, è come narcotizzata da notizie e azioni tese a confondere le acque non vogliono vedere la sostanza e sono parte, consapevoli o meno, del tentativo di fermare l’inchiesta sulla Trattativa Stato-mafia.
Si delegittima il magistrato, lo si isola, col rischio che si avveri la volontà criminale di Totò Riina.
Ciò che stupisce è la capacità di dimenticare. La letteratura vede, intuisce, ciò che la magistratura dimostrerà nei processi. Ma bisogna istruirli i processi e consentire alle indagini di andare avanti. Invece,si frappongono ostacoli. Capaci è un ostacolo. Via D’Amelio è un ostacolo. Essere morto nel cuore di Riina (caso Di Matteo) è un ostacolo. E ancora, ma per altri motivi, distruggere le intercettazioni Napolitano – Mancino … è un ostacolo. Se la società civile non si stringe intorno ai magistrati coraggiosi mentre indagano, è inutile e ipocrita che pianga quando vengono uccisi.Una “serena paura”, solo un ossimoro può spiegare la condizione psicologica di Di Matteo, fermamente determinato ad andare avanti nel suo lavoro e umanamente preoccupato per sé e i suoi familiari. Ha validi sostenitori il magistrato, adesso, però, è arrivato il momento di ragionare “con la gente e tra la gente”, di partecipare ai dibattiti e parlare di questi temi per le strade, a casa, nei luoghi di lavoro. Oggi si tratta di capire che, come per Falcone e Borsellino, è in atto nei confronti di Di Matteo un processo di delegittimazione e isolamento: quanto? Come? Fino a che punto è esteso questo processo? Si può fare qualcosa per fermarlo? Non è una questione di poco conto.
Dobbiamo sapere in che Paese viviamo. Se necessario scendere in piazza. Lo esige la memoria dei magistrati uccisi .
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