Cronaca
Colpo di coda, i giudici tornano a colpire la ‘ndrangheta a Chivasso
Non c’è pace per Chivasso e la pietra dello scandalo è sempre la stessa: quelle elezioni del 2011 su cui già si pronunciarono duramente i giudici del processo Minotauro. Come emerso dalle precedenti indagini, anche nel processo abbreviato denominato “Colpo di coda” si evince che la ‘ndrangheta ha radici solide in Piemonte. I pm Monica Abbatecola e Roberto Sparagna della procura di Torino hanno infatti condannato sei affiliati alla cosca a Chivasso e Livorno Ferraris (Vercelli).
Sorprende come i politici, lungi dallo scegliere i propri candidati in ragione delle comuni idee politiche, li individuino sulla base dei voti che sarebbero riusciti a portare – affermano i giudici nella sentenza – e, soprattutto, accettando il rischio di mettere tra le proprie file persone che non solo di politica non ne sanno nulla, per loro stessa ammissione, ma che non hanno alcuna dimestichezza con la carica che vanno ad assumere.
Altrettanto stupore lasciano le intercettazioni tra alcuni candidati dell’Udc e esponenti del crimine organizzato per far diventare assessore Beniamino Gallone, ora agli arresti. Esperienza politica nulla, ma nelle liste del partito per un accordo tra ‘ndranghetisti e politici locali. Stesso discorso e stesse modalità anche per scegliere i componenti del cda della società municipalizzata Chind spa, selezionati con l’esclusivo obiettivo di donare una “quota minima di partecipazione” alle cosche.
Non solo Udc sostenuto dalle famiglie calabresi: nel 2011, dopo la sconfitta del segretario provinciale Massimo Striglia, la ‘ndrangheta sostiene al ballottagio Gianni De Mori del Pd, portandolo alla vittoria. L’accordo che si prefigura è semplice, si parla di voto di scambio per i due politici per ottenere posti in consiglio e giunta comunale, nello specifico un assessorato (le indagini hanno chiarito trattarsi di quello al bilancio e finanze), di un posto da vice sindaco e “altri tre o quattro incarichi”.
Per i calabresi, la politica non è più lo “strumento per il governo della res pubblica, ma lo strumento per la spartizione utilitaristica di tutto ciò che è pubblico”. Con la connivenza e complicità di Striglia e di Bruno Trunfio, arrestato al termine del filone processuale “Minotauro”.
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