Cultura
Alle soglie del #TFF31 ecco la solita polemica con Roma, ma Virzì spegne l’incendio
La polemica tra il Torino Film Festival e il Festival del Cinema di Roma ha radici antiche (la causa scatenante è in realtà la nascita stessa del festival capitolino) e si ripropone anno dopo anno. Il tema di quest’anno sono i soldi ed è stato il direttore del TFF a sollevare la questione durante l’incontro in Comune per presentare l’imminente edizione. Paolo Virzì ha risposto alla (anch’essa solita) polemica sulla mancanza di red carpet e di star di richiamo internazionale a Torino con la doppia motivazione della storia del festival torinese e della spesa eccessiva per ospitare star di livello internazionale. Virzì ha quindi fatto riferimento al festival romano ipotizzando che siano stati spesi 600-700 mila euro per ognuno dei grandi nomi passati sul tappetone romano, concludendo che non è questo il momento per spese del genere, considerando poi che i soldi in questione sono soldi dei cittadini.
Non si è fatta attendere la risposta di Paolo Ferrari, presidente del festival di Roma: “In un clima di distensione e collaborazione, l’amico Paolo Virzì, direttore del Torino Film Festival, solleva purtroppo un’inutile polemica contro il Festival Internazionale del Film di Roma. Nel rispetto del lavoro svolto in questi mesi dal direttore artistico, da tutta l’organizzazione e da ogni singolo lavoratore del Festival, vorrei sottolineare che, come avviene nei maggiori festival internazionali, anche a Roma attori e registi vengono per presentare il loro lavoro e beneficiano solo di ospitalità. Ovviamente non è previsto alcun compenso e questa è sempre stata la nostra policy. Voglio dire di più: in un momento di crisi come quello attuale, la sola idea che si possano spendere soldi per un compenso ad una star è impensabile e fuori dalla realtà”.
Il nostro speciale sul Torino Film Festival 31
Aggiornamento ore 12.30
Arriva la precisazione di Paolo Virzì che riportiamo integralmente
“Vorrei solo precisare che non mi è mai passato per la testa dire o pensare che Scarlett Johansson abbia percepito un qualsiasi tipo di compenso, oltre invece alla calorosa, dovuta e meritata accoglienza. Posso raccontare cos’ho detto davvero? In una sala del consiglio comunale torinese, dove veniva presentato il programma del festival di qui, a chi mi ha domandato come mai, dal momento che programmiamo un film con De Niro, Morgan Freeman, Kevin Klein e Michael Douglas non abbiamo invitato questi popo’ di attoroni ma solo il regista, ho spiegato che un certo calibro di superstar hollywoodiane comportano dei costi inaffrontabili per un festival come il nostro. Ho raccontato il caso specifico che mi è capitato di affrontare nella mia prima volta da direttore artistico di questo festival, di una graziosissima dark comedy con Julia Roberts e Meryl Streep per presentare la quale alla nostra serata d’apertura ci era stata fatta presente l’eventuale disponibilità delle due grandi attrici a venire come ospiti. Ho cercato di spiegare che tra costi tra due voli privati, una decina di persona a testa di staff, il servizio di security ed altro siamo arrivati presto a calcolare una spesa di almeno 500.000 dollari. Costi a carico delle distribuzioni? Nessun distributore italiano è più disposto ad investimenti di promozione di questa portata, e tantomeno i produttori Usa intendono investire budget importanti nel lancio di un film in Italia attraverso un festival. Di conseguenza tocca al festival stesso caricarsi di una parte importante di queste spese. E quindi ho invitato i signori del consiglio comunale torinese a guardar con più attenzione Scarlett Johansson o George Clooney quando sfilano sul tappeto rosso, perché devono sapere che stanno sfilando un mucchio di soldi, e che spesso quei soldi vengono dal budget di un festival, il cui grosso delle risorse è in genere, come sappiamo tutti, di origine pubblica. Mi dispiace che l’imprecisione e forse anche l’ingenuità del cronista abbia fatto ritenere a Paolo Ferrari che io abbia parlato di compenso, semmai appunto di enormi costi di transfer, di accoglienza e di ospitalità, che rendono la rincorsa alla movie star Usa sul red carpet qualcosa che un festival, di questi tempi, è costretto a considerare con grande attenzione. Oltretutto in un momento in cui il cinema mondiale, persino Hollywood stessa, sembra cambiare strada rispetto a certi meccanismi dello star system”.
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