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L’intervista di Lapo Elkann tra dislessia e abusi sessuali subiti in collegio a 13 anni

Gabriele Farina

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lapo_elkannLapo Elkann ha concesso un’intervista a Beatrice Borromeo e Malcom Pagani del fatto Quotidiano, raccontando molti episodi della sua vita e ripercorrendo anche i momenti più difficili. Dalle scazzottate sotto le armi, ai problemi di dislessia, fino alla rivelazione più clamorosa: gli abusi sessuali subiti a 13 anni quando era in collegio.

La leva finì in commedia?
Mio nonno voleva che facessi l’allievo ufficiale. Ma io non ne avevo alcuna intenzione. Grazie a Dio ero già ipertatuato. Mi declassarono. Che soddisfazione.

Perché?
Così non ero tra i raccomandati. Però i commilitoni mi vedevano lo stesso come un marziano. Un volontario di carriera mi provocava. Quando mi vedeva lavare i piatti mi prendeva per il culo: “Agnellino di merda, pulisci anche questo”. Allora mi sono incazzato .

E che è successo?
Sarò anche buono e non sono cinico, ma so come difendermi. Sono uscito dalla mensa ed è finita a botte. Non dico che ho fatto bene, i pugni non sono mai una soluzione, ma da quel giorno mi hanno rispettato tutti. Non ero più solo il cognome o la mezza calza senza coraggio, ma Lapo. Il Capitano Valle però non era d’accordo e mi diede qualche giorno di camera di consegna. Ho avuto sfiga, tifava per il Toro.

Che disse?
“Elkann, dove credi di essere?”. Gli spiegai che poteva punirmi. Ma se provocato ancora, pur essendo un non violento, l’avrei rifatto. Accetto tutto, non gli insulti alla mia famiglia.

Eredità pesante sin da bambino?
Da piccolo non capivo che cosa avevamo di così speciale. Anche perché io volevo fare il negoziante. Vedevo i miei amici francesi, ebrei sefarditi, con le loro botteghe, sempre pieni di contanti. Si potevano comprare i vestiti e mille altre cose. Io mi vendevo gli stivali da cow boy in lucertola e il giubbotto dell’Avirex per comprarmi il motorino. Volevo essere come loro, che invece mi guardavano stupiti e mi dicevano: “Ma che vuoi? Tu hai le fabbriche”.

Non doveva essere male crescere tra cavallini rampanti e autografi di Platini.
Il mio film preferito era Big. Vedi Tom Hanks da bambino circondato da macchinine. Io avevo proprio la fissa. Andavo da mio nonno e gli chiedevo: “Scusa, se tu fai le macchine perché non posso avere le mini-macchine anch’io?”. Quando ci hanno regalato il go kart, a Villar Perosa, è stato un sogno. Giravamo da mattina a sera. Le estati più belle, disinvolte e libere della mia vita. C’erano mio fratello e i cugini a cui di notte mettevo il dentifricio nelle orecchie. Invece mia sorella Ginevra era diversissima: lei bruna, io biondo. Ci scambiavano per fidanzati. Ce la ridevamo.

Eravate tutti a scuola insieme?
No, perché in classe avevo grandi difficoltà. Ero dislessico, amavo solo le lingue e la storia. Ero molto più bravo a parlare che a scrivere. Dunque i miei fratelli sono rimasti al liceo pubblico, e io, che ero il secondo di otto, sono stato spedito in collegio, dai gesuiti. L’ho vissuta come una vera e propria punizione.

Come mai?
Da quando ho compiuto 13 anni ho vissuto cose dolorose che poi mi hanno creato grosse difficoltà nella vita. Cose capitate a me e ad altri ragazzi. Parlo di abusi fisici. Sessuali. Mi è accaduto, li ho subiti. Altre persone che hanno vissuto cose simili non sono riuscite ad affrontarle. Il mio migliore amico, che era in collegio con me per quasi 10 anni e ha vissuto quello che ho vissuto io, si è ammazzato un anno e mezzo fa. Non ne ho mai parlato prima anche perché voglio che questa storia serva a qualcuno. Sto pensando a una fondazione. Voglio aiutare chi ha passato quello che ho passato io. Parlare è giusto, ma facendo qualcosa di utile, di positivo.

Che impatto hanno avuto queste esperienze nella tua vita?
Tu puoi essere una persona solare e positiva, ma certe cose, quelle cose, riescono a conficcarti il male dentro. Però io non mi considero una vittima, le vittime sono altre.

Come si affronta un trauma simile?
Ho dovuto fare un enorme lavoro su me stesso, anche vedere cose che non avevo voglia di vedere. Non nasconderle più. Non nascondermi. Ho dovuto essere sincero con me stesso e con gli altri. Anche perché quando si ammazza il tuo migliore amico ti metti in discussione. Ti fai delle domande. Avrei potuto fare qualcosa? Stargli più vicino? Me lo sono chiesto anche quando è morto mio zio Edoardo.

Il figlio di Gianni Agnelli scomparso nel 2000.
A mio zio penso molto spesso. Mi manca. Mi mancano anche tutti gli altri: mio nonno, Giovannino, Umberto, mio cugino Filippo, che se ne è appena andato. Tutti. Però Edoardo era una persona speciale. Atipica. Che ha vissuto una vita estremamente travagliata. Certe cose dure che ha vissuto, oggi le capisco ancora meglio di ieri. E ho sempre un grande dolore nel pensare che si sarebbe potuto fare di più. Che avremmo dovuto fare tutti di più.

Hai detto che essere nipote dell’Avvocato è stato più facile che esserne il figlio.
Molto più facile. Essere figlio di Gianni Agnelli non poteva essere una passeggiata di salute. Sono sicuro che non sia stato semplice averlo come padre. Perché il nonno te lo puoi godere, ma un genitore ti deve educare. Da giovane volevo somigliare a mio nonno. Era il mio esempio, il mio modello. Pensavo esistesse solo lui. Poi ho capito che il nonno era il nonno e io sono solo io. È giusto così. Oggi non ho più nessuna voglia di essere come lui, il che non vuol dire che non lo rispetti. Però io sono diverso.

Pensi di avere più cose in comune con tua nonna, donna Marella?
Non faccio mai confronti. I paragoni sono pericolosi. Presuntuosi. Sarebbe facile sostenere che mia nonna è bella ed elegante, ma preferisco dire che è una donna forte e veramente buona. Una persona che mi è stata vicina nei momenti più bui. Quando ho sofferto di più, lei c’era. Con grande generosità. Buona com’era anche la madre di mio padre, nonna Carla che hanno rapito nel 1977 eppure non ha mai perso la gioia di vivere.

Si parla da anni della rottura con Margherita Agnelli.
Non è vero che non parlo con mia madre. Nei rapporti umani ci sono delle fasi. Succede con fratelli, amici, cugini e anche con i genitori. Non sono fiero di certe cose che ho detto su di lei e del modo in cui le ho dette, ma ho i miei limiti, non ho mai preteso di essere perfetto. Ho avuto momenti di grande insicurezza e sofferenza personale e professionale che mi hanno portato a essere duro, freddo e, a volte, verbalmente violento. Poi io e mia madre ci siamo confrontati. Ma quello che ci siamo detti riguarda solo noi, non lo condivido con i giornali. E anche se oggi con lei ho un dialogo nel quale di certe cose non si parla e non si discute, il rapporto è costruttivo. E auspico che con il tempo migliori. Parto sempre dal presupposto che se c’è buona volontà da entrambe le parti, le cose possano prendere una buona piega. Anche perché so che per me è basilare.

Per arrivare a cosa?
Io nasco da lei. Non da un’altra donna. E se un domani voglio costruire una famiglia tutta mia so che il rapporto con mia madre è fondamentale per avere una relazione sana con le donne, per non nutrire uno spirito vendicativo, o cattivo nei confronti delle donne in generale.

Ci pensi davvero, a mettere la testa a posto?
Una volta pensavo che sarei stato ricco solo dopo aver guadagnato da solo i miei soldi. Oggi credo che la vera ricchezza non dipenda da quanti zeri hai sul conto in banca. Ma da come stai interiormente. E io ho ancora tanta strada davanti. Per me farcela significa conquistare una vita normale e creare la mia famiglia, avere dei bambini. Non vedo la mia vita senza moglie e figli. Ho 36 anni, entro i 40 ci arrivo.

È vero che vuoi chiamare tua figlia Italia?
Certo che è vero. Sempre che la moglie sia d’accordo. Come esistono Asia e India, perché Italia non va bene?

Sei innamorato di un Paese che va sempre peggio.
Non sono d’accordo. I problemi ci sono, ma anche i segnali positivi. Guardate questo Papa, è fantastico, umano, moderno. E anche se il Vaticano non è in Italia, la sua influenza si sente parecchio. L’Italia soffre, ma non è sconfitta. Solo che dovremmo evitare di prenderci a schiaffi da soli. C’è un enorme potenziale non espresso.

Per esempio?
Si parla tanto di Alitalia, ma ancora prima bisogna guardare ai problemi strutturali. Abbiamo infrastrutture inadeguate. Gli aeroporti, per dire, vengono gestiti molto male. Se atterri a Madrid o a Barcellona – e cito la Spagna perché sta peggio di noi – puoi passare la giornata a girare i duty free senza annoiarti. A Fiumicino un’esperienza come quella raccontata nel film The Terminal me la risparmio volentieri.

E del declino di Berlusconi cosa pensi?
Non sono paraculo né finto, e a differenza di molti altri dirò le cose come stanno. Ammetto che io Berlusconi, nel ’94, l’ho votato. Nel suo lavoro aveva creato slancio e pensavo potesse replicare lo stesso schema in politica. Poi molto di quel che era stato promesso non è stato fatto e io non l’ho votato più. Come imprenditore e italiano il mio scopo non è dimenticarmi delle tasse. Guadagno e sono contento di pagarle. Poi Berlusconi che pure non è un mio amico, non mi sta affatto sulle palle. Non partecipo al tiro al bersaglio. Qui da sempre prima si fa un applauso, poi si prepara il plotone di esecuzione. Troppo comodo.

La sua epoca è davvero finita?
È una domanda complessa. Berlusconi non è solo un individuo. È un sistema: un modo di pensare, comportarsi, comunicare. Ha compiuto errori, come tanti altri, ma sarei stato felice se avesse fatto di più. Per me non è mai stata questione di destra o di sinistra. Non faccio il radical chic, né fingo di essere comunista o di sinistra. Di principe rosso ce n’era uno e si chiamava Carlo Caracciolo. Fantastico e inimitabile, ma io sono diverso.

Oggi governano Letta e Alfano, il parricida.
Possono fare un buon lavoro e anagraficamente, il tempo è dalla loro parte. Quando c’è stato lo show down nel Pdl, ho cercato il numero di Alfano che incontro spesso in treno e poi l’ho chiamato: “Lei ha dato prova di avere grandi coglioni”, gli ho detto.

L’Huffington Post Italia in primavera titolava ‘Elkann vota Grillo’.
Impossibile, ero in America, non avrei potuto neanche volendo. Ma non l’avrei votato comunque.

L’intervista integrale su Il fatto Quotidiano.

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