Economia
Perchè non si deve morire di Tav
Andrea Boitani su Lavoce.info spiega perche non vale la pena di morire di Tav con governi e politici che sappiano prendere decisioni supportate da serie e condivise valutazioni e gli oppositori a rispettare la democrazia, senza mischiarsi coi violenti di professione.
Sembra incredibile che il cocciuto rifiuto di una decisione politica legittima, ancorché sbagliata, possa spingere qualcuno ad agire come la mafia (bruciando i “mezzi di produzione” delle imprese), a mettere in pericolo la sicurezza dei lavoratori, costringendo alla mobilitazione di centinaia di agenti di polizia e addirittura a resuscitare le velleità “egemoniche” delle (nuove?) brigate rosse (basta una imbarazzata presa di distanza ex post?). Eppure è accaduto in Val di Susa, per la tormentata e tormentosa TAV.
Da tempo la cosa è sfuggita di mano agli oppositori valligiani e le argomentazioni razionali pro e contro l’opera sono state travolte da ogni genere di strumentalizzazione politica e dalla pratica della violenza.
Credo che la scelta di realizzare la TAV non sia, ancora oggi, supportata da una chiara prevalenza dei benefici sui costi secondo gli standard valutativi internazionali e l’ho scritto più volte. Credo – come del resto la Corte dei Conti Francese – che la TAV genererà seri problemi di bilancio sia all’Italia che alla Francia per i prossimi 30 anni e forse più. Ritengo che il silenzio dei grandi giornali nazionali sulle opinioni e le molteplici analisi razionali contrarie alla TAV (l’ultima è il frutto di un’analisi comparativa tra grandi opere condotta da una commissione ministeriale francese) sia l’ennesima cattiva prova della stampa italiana.
Ma se il governo italiano e, quindi, la maggioranza del Parlamento hanno deciso e più volte confermato la realizzazione dell’opera, credo che opporsi ancora a quella scelta, per di più con sabotaggi e azioni violente, sia anti-democratico. Rientra nella logica e nella prassi dei black bloc, che con la democrazia hanno poca familiarità. Non riesco a credere che un grande e sensibile scrittore come Erri De Luca dichiari – con un certo orgoglio – di aver partecipato a quei sabotaggi. Da questa bruttissima vicenda sarebbe bene che tutti imparassero: governi e politici a prendere decisioni supportate da serie valutazioni e più condivise (che fine ha fatto il débat public?) e gli oppositori a rispettare la democrazia, cercando magari di vincere le elezioni, senza mischiarsi coi violenti di professione.
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