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Economia

Mirafiori ed ex Bertone unite nel polo dell’auto del lusso, ma il futuro è ancora nebuloso

Redazione Quotidiano Piemontese

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maserati-supercarParte ufficialmente il polo delle auto di lusso a Torino e cintura che unirà Mirafiori e la ex fabbrica Bertone. Fiat e sindacati, Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione Quadri, hanno raggiunto  un’intesa che prevede la realizzazione di un’unica unità organizzativa per la realizzazione di auto di lusso con l’incorporazione della società Officine Maserati di Grugliasco in Fga, Fiat Group Automobiles, dando vita ad un’unica unità produttiva tra l’ex fabbrica della Bertone e Mirafiori. Dal primo novembre 2013  Mirafiori e Officine Maserati saranno un unico stabilimento, con un’unica procedura di cassa integrazione. Resta però da chiarire il futuro strategico della Fiat a Torino come scrivono Vittorio Malagutti e Fabio Lepore su L’Espresso. 

«Vedo la luce in fondo al tunnel, ma rischia di essere un treno», scherzava Marchionne un paio di anni fa dando fondo alle riserve di humour nero. Il guaio è che quella fosca previsione rischia di rivelarsi corretta. Con gli stabilimenti che viaggiano a scartamento ridotto o ridottissimo, l’annoso problema dell’eccesso di capacità produttiva si esaspera. Uno studio di AlixPartners rivela che il 40 per cento delle più importanti fabbriche di auto in Europa viaggiava già l’anno passato sotto la soglia di utilizzo del 75 per cento delle proprie possibilità. E siccome per pareggiare i conti bisogna stare tra il 70 e l’80 per cento, le perdite fioccano. E fioccherano pure nel 2013 se si avvereranno le previsioni della società di consulenza.

Gli esperti di AlixPartners ipotizzano infatti che, quest’anno, la percentuale di impianti sotto la linea di galleggiamento arriverà al 58 per cento. Se in Francia e in Spagna non se la passano bene, rispettivamente con il 62 e il 67 per cento di utilizzo medio degli impianti, l’Italia – con il suo 46 per cento – appare in condizioni ancora peggiori, al limite della sopravvivenza. E infatti, ciclicamente, scurissime nuvole si addensano sopra uno o l’altro degli stabilimenti Fiat, e cresce il timore di un’altra chiusura come a Termini Imerese, in Sicilia.

Molti osservatori, dentro e fuori la Fiat, ritengono assai improbabile, per ragioni politiche e identitarie, la chiusura di Mirafiori. «Non si chiude un simbolo», è la convinzione (o la speranza) diffusa. Al momento, però, l’unica certezza è che la cassa integrazione, nello storico impianto Fiat, comunque continuerà a lungo dopo i 18 mesi che termineranno a fine settembre.

Perché anche il suv Maserati appena annunciato per Mirafiori avrà bisogno di almeno 18 mesi per entrare in produzione. Per il momento, secondo indiscrezioni di fonte sindacale, la Fiat ha investito solo una manciata di milioni sulle linee produttive della vecchia fabbrica torinese. Interventi di mantenimento portati a termine nei mesi scorsi per una ventina di milioni, niente di più.

Caterina Gurzì, addetta delle Carrozzerie di Mirafiori, in fabbrica non ci entra da maggio, dopo aver lavorato a lungo per i famosi tre giorni al mese. «Quando era stata portata qui la nuova Punto è stata fatta una grande festa e poi dopo appena un anno ce l’hanno tolta. Quali prospettive abbiamo? C’è solo la rabbia, anche gli impiegati si sono accorti che neanche loro resteranno immuni dai problemi veri».

Infatti, anche tra i colletti bianchi c’è sconforto. «Adesso abbiamo parecchio da fare per i lanci dei modelli prodotti in Serbia e la Maserati, e i due piccoli suv destinati a Melfi. Però dalla fine del 2014 in poi non abbiamo visibilità su alcun progetto avviato», racconta un impiegato dell’ufficio acquisti che preferisce restare anonimo.

 

 

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