Cronaca
Testimoni dell’inchiesta su mons.Scarano raccontano che la famiglia Agnelli avrebbe usato il Vaticano per rimpatriare capitali dall’estero
Negli interrogatori legati all’attività di monsignor Nunzio Scarano, ex contabile dell’Apsa in Vaticano finito in carcere con l’accusa di corruzione, saltano fuori a dichiarazioni secondo cui la famiglia Agnelli avrebbe usato il Vaticano per rimpatriare capitali dall’estero Scarano è indagato per corruzione dell’agente dei servizi segreti Giovanni Zito per il tentato rimpatrio dalla Svizzera di 20 milioni di euro, forse appartenenti agli armatori D’Amico. Scrive il Fatto Quotidiano
L’inchiesta per riciclaggio della Procura di Salerno, guidata da Franco Roberti, invece parte dai 560mila euro in contanti prelevati dal conto Ior e trasformati in assegni circolari grazie a finte donazioni. Quando Marcianò si siede di fronte al pm Elena Guarino e al colonnello Antonio Mancazzo, comandante del nucleo di Polizia Tributaria di Salerno della Guardia di Finanza, Scarano è dietro le sbarre. L’amico del monsignore, sentito a sommarie informazioni con l’obbligo di dire la verità, riporta le confidenze di Scarano a partire dalla storia degli Agnelli e dei trucchi per spostare capitali e documenti col timbro della Santa Sede.
“Scarano mi ha raccontato che le operazioni di rimpatrio di capitali dall’estero fatte per gli armatori D’Amico (i cugini Cesare e Paolo D’Amico indagati per infedele dichiarazione dei redditi dai pm di Roma. I magistrati sospettano che i 20 milioni detenuti dal broker Giovanni Carenzio, che dovevano rientrare in Italia con l’aereo noleggiato dallo 007 Giovanni Zito, pagato da Scarano, appartengono ai due armatori, ndr), le aveva già fatte in passato anche per la nota famiglia Agnelli”. La rivelazione lascia di stucco gli investigatori. Potrebbe anche trattarsi di una millanteria di Scarano, magari basata su uno scenario suggestivo e noto.
Nell’indagine milanese dei pm Fusco e Ruta alcuni testimoni hanno raccontato che in una banca svizzera esisteva una provvista riferibile a Giovanni Agnelli di 800 milioni di euro e che dietro poteva esserci la Fondazione Alkyone di Vaduz, in Liechtenstein che indicava come protectors oltre a Giovanni Agnelli anche l’avvocato Franzo Grande Stevens, da sempre legale della Fiat e anche dello Ior. Chissà se Scarano, quando raccontava a Marcianò del rimpatrio dei capitali all’estero degli Agnelli, alludeva a queste storie pubblicate dai giornali. Marcianò spiega anche il metodo usato per spostare i capitali delle grandi famiglie del capitalismo italiano nascondendone l’origine grazie all’immunità diplomatica vaticana.
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