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Cronaca

Fassino risponde alla moglie di Alberto Musy promettendo soluzione per dimissioni

Gabriele Farina

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Piero-FassinoIl sindaco di Torino Piero Fassino ha risposto alla moglie di Alberto Musy dopo la lettera in cui la signora Angelica chiedeva all’amministrazione comunale di trovare un modo per dimissionare Alberto Musy dalla carica di consigliere comunale. La signora Musy si è detta certa che questa sarebbe la volontà del marito non essendo lui in grado di essere utile alla città in questo momento. Fassino ha risposto apprezzando il senso dello Stato espresso da Angelica Musy ed il suo amore profondo per il marito, ha quindi promesso che il segretario generale si impegnerà per trovare un modo per rendere effettive le dimissioni di Musy, richieste dalla moglie ma evidentemente impossibili da presentare per il marito. Riportiamo integralmente la lettera inviata da Angelica Musy al sindaco Fassino ed ai consiglieri comunali.

Al Sindaco di Torino, ai Consiglieri comunali di Torino.
Un anno fa qualcuno sparò ad Alberto. Oggi ancora dorme in un letto d’ospedale, senza che nessuno possa dire con certezza se e quando tornerà.
Nella loro brutale semplicità questi fatti hanno determinato per Alberto e per tutti noi molte conseguenze, fra le quali oggi vorrei ricordare questa, nient’affatto secondaria: da un anno Alberto non partecipa ai lavori del Consiglio comunale. Credo di non tradire il suo pensiero dicendo che Alberto ha sempre inteso l’impegno in politica come un servizio, per restituire qualcosa alla Città e al Paese.
Mettendo la sua esperienza e le sue capacità a disposizione delle istituzioni democratiche, esercitando le funzioni pubbliche “con disciplina ed onore ” (art. 54, Costituzione), per provare a realizzare libertà e giustizia. Ad Alberto piaceva infatti ricordare la storia del giovane re Salomone, che in occasione dell’incoronazione non chiese a Dio successo, ricchezza, una lunga vita, l’eliminazione dei nemici, ma “la saggezza nel governare”, concedendo “un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male” (I Re, 3,9).
Sono sicura che, se Alberto si accorgesse di non essere più in grado di svolgere le funzioni pubbliche di consigliere, non esiterebbe a rassegnare le dimissioni, per consentire ad altri di svolgere quelle funzioni pubbliche e al Consiglio comunale di tornare a operare nel suo plenum, garanzia di democraticità.
Se potesse, lo farebbe. Purtroppo non può farlo.
D’altronde, nell’attuale momento storico di grave difficoltà economica questa strana situazione non
pesa comunque sulle finanze della Città, perché non partecipando alle sedute del Consiglio Alberto non riceve alcun compenso, né la sua cessazione dalla carica comporterebbe per la Città alcun esborso.
Spero dunque che la saggezza di governo vi faccia trovare nella legge la soluzione perché Alberto possa abbandonare la carica di consigliere, che oggi proprio Alberto non vorrebbe ricoprire non potendo farlo nella pienezza che la carica stessa richiede.

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