Cronaca
Le Fiamme Gialle smascherano maxi truffa ai danni di Stato ed Unione Europea con fondi Finpiemonte
Truffa aggravata ai danni dello Stato e dell’Unione Europea ed indebita percezione di contributi per oltre 2,2 milioni di euro. E’ questa l’accusa mossa nei confronti di centoquaranta persone, indagate dalle Fiamme Gialle torinesi nell’ambito di una vasta indagine coordinata dal pool Riciclaggio e reati affini della Procura della Repubblica, tesa a verificare il corretto impiego dei finanziamenti a fondo perduto concessi da Finpiemonte alle imprese che, fino al 2011, hanno allestito siti internet ed intrapreso attività nel settore dell’e-commerce.
Il sistema di frode individuato dai Finanzieri, simile a quello emerso in una analoga inchiesta condotta, di recente, dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Torino, era basato sulla maggiorazione fittizia dei costi.
Le imprese potevano ricevere un finanziamento pubblico pari al 50% del costo del sito web che intendevano allestire per l’esercizio dell’attività economica. Così, se l’investimento complessivo era di € 50.000, l’impresa otteneva da Finpiemonte 25.000 euro a fondo perduto. Era sufficiente, quindi, raddoppiare gli importi fatturati ed ecco che l’impresa riusciva a realizzare gratuitamente il sito internet.
Un ulteriore raggiro riguardava invece le condizioni preliminari per accedere ai finanziamenti pubblici. L’erogazione del contributo era infatti subordinata, tra l’altro, alla circostanza che l’unità produttiva sovvenzionata fosse localizzata in aree del Piemonte sottoposte a processi di riconversione economica (ad esempio, alcuni Comuni della cintura torinese, come Grugliasco, Nichelino, Moncalieri; il Canavese; l’Astigiano). In molti casi, la specificazione, nella domanda, che un’unità produttiva si trovava in quelle zone, si è rivelata in realtà fittizia; in questo modo veniva aggirato il vincolo del bando e l’impresa poteva ottenere il finanziamento richiesto.
Un ruolo chiave, nel meccanismo di frode, era ricoperto da professionisti torinesi, che procacciavano le imprese potenziali beneficiarie e curavano le istruttorie amministrative. Alcuni periti spesso compiacenti, poi, completavano le pratiche di rimborso, dichiarando falsamente che per l’allestimento dei siti erano stati in effetti sostenuti costi pari all’importo delle fatture gonfiate. La materiale realizzazione dei siti, invece, era affidata sempre alle stesse imprese compiacenti, incaricate anche di emettere le fatture con gli importi raddoppiati.
Con la conclusione delle indagini, la Guardia di Finanza ha eseguito anche il sequestro preventivo di beni mobili ed immobili degli indagati, per complessivi 2,2 milioni di euro. L’intera vicenda è ora al vaglio della Corte dei Conti, per l’accertamento delle responsabilità erariali connesse agli episodi accertati. Infine, sono in corso mirati controlli fiscali, finalizzati al recupero delle imposte risparmiate dalle imprese contabilizzando le fatture false.
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