Politica
Polemiche nelle primarie parlamentari del PD per Paola Bragantini e Caterina Romeo
Le primarie parlamentari del PD si portano dietro una serie di polemiche legate prevalentemente a due fra le più affermate leader torinesi del Partito Democratico: Paola Bragantini e Caterina Romeo. Secondo i pareri di vari osservatori anche del suo partito la segretaria provinciale del PD Paola Bragantini e candidata alle primarie parlamentari ha decisamente esagerato i suoi sforzi per essere candidata violando le regole della tenzone elettorale. Le accuse alla sono quattro: l’accesso privilegiato all’anagrafe degli iscritti e dei votanti alle primarie precedenti, l’affissione di manifesti a pagamento, il ricorso alla una incessante campagna telefonica attraverso call center e un numero esagerato di seggi allestiti nella circoscrizione di cui la Bragantini è presidente.
Le critiche a Caterina Romeo non si collegano a una sua candidatura, ma sono legate al fatto che la ex coordinatrice provinciale del PD e ora consigliere provinciale a Torino sia stata inserita nella Commissione dei Garanti per le Primarie del Pd di Torino dopo che recentemente è stata condannata in primo grado per violazione alla legge elettorale.
Non si placano le polemiche su Paola Bragantini, segretaria del Pd di Torino e candidata alle “parlamentarie”. A rilanciare le accuse di “gravi irregolarità” commesse dalla numero uno del partito subalpino è Davide Fazzone, consigliere provinciale e sostenitore di Matteo Renzi, che in una lettera indirizzata ai vertici provinciali (e inoltrata alla Commissione nazionale) elenca le numerose violazioni del regolamento, a suo dire, compiute in questi giorni. Quattro sono i fatti contestati: l’accesso privilegiato all’Anagrafe degli iscritti e dei votanti alle ultime primarie, l’affissione di manifesti, il ricorso alla propaganda telefonica e il numero esagerato di seggi allestiti nella Circoscrizione di cui la Bragantini è presidente.
«Lo scorso 19 Dicembre – racconta Fazzone – ho trascorso oltre 5 ore nella nostra sede provinciale ad esaminare uno per uno l’elenco degli oltre 8000 iscritti per capire se avevo eventualmente la forza di raccogliere le firme necessarie ad un’eventuale candidatura. A due giorni dalla scadenza per la presentazione delle firme mi sarei aspettato la coda da parte degli aspiranti candidati ad esaminare lo stesso elenco ed invece, con mio grande stupore, sono stato l’unico in tutta la giornata ed uno dei pochi in generale ad aver sentito l’esigenza di effettuare questa verifica». Da qui il dubbio «che alcuni disponessero di tale elenco ed altri evidentemente no, creando fin da subito una disparità inaccettabile nella corsa alle primarie». Inoltre l’articolo 3 al comma 3 prevede per i candidati l’impegno a non avvalersi di qualsiasi forma di pubblicità a pagamento: pena la decadenza della candidatura. «Dispiace constatare come questa norma sia stata completamente disattesa proprio dalla segretaria, da cui ci si aspetterebbe invece un rispetto delle regole se non più rigoroso quantomeno pari a quello degli iscritti che rappresenta. Trovo infatti inaccettabile che in questi giorni gli spazi dell’affissione politico/ideologica della città di Torino siano tappezzati da tuoi manifesti elettorali. Sebbene tali spazi siano in effetti gratuiti, chi ha un minimo di esperienza di campagne elettorali sa bene che la stampa di circa 1500 manifesti e la conseguente affissione hanno un costo indicativo di oltre 2000 euro. L’affissione, peraltro, non può in nessun modo essere stata opera di semplici volontari. Coprire tutti gli spazi di Torino in una sola notte sarebbe stata opera complicata anche per la “gloriosa macchina da guerra”, a maggior ragione per l’attuale militanza dei compagni del nostro partito. Tralascio poi il fatto che i manifesti siano stati recapitati presso la sede provinciale con la stessa bolla di consegna del materiale stampato per la consultazione del 29, fatto quantomeno inopportuno, che a molti ha fatto sorgere più di un dubbio sulle modalità di finanziamento dei manifesti stessi».
Caterina Romeo è stata condannata a 1 anno e 4 mesi per violazione alla legge elettorale, la scorsa settimana. La sua colpa, aver convalidato una dozzina di firme false nella lista Consumatori per Fassino, alle ultime elezioni comunali. Ora Romeo è stata nominata “garante” per la validità delle primarie Pd, che decideranno a Torino quali candidati diventeranno parlamentari.
Una caduta di stile, da parte del partito, che peraltro dimostra una cosa: queste condanne per peccati “veniali”, vengono vissute dai partiti per quello che sono. Incidenti di percorso, in un tragitto fatto da mille irregolarità, deroghe, favori, approssimazioni. Perché, da che Italia è Italia, le firme per le liste sono raccolte a casaccio, gli elettori delle primarie non sono controllati e possono recarsi a quattro banchetti a votare quattro volte, le irregolarità sono all’ordine del giorno.Diciamo che questo atteggiamento sarebbe persino normale: una condanna, di questo genere, poichè “così fan tutti”, è quasi un attestato di merito nel cursus honorum di una carriera politica. Peccato che il Pd, quando a fare altrettanto è un rappresentante di altro partito, gridi allo scandalo, invochi rigore, si stracci le vesti perché le “regole” vanno rispettate. Del resto, il presidente dei Garanti è Giancarlo Quagliotti, a sua volta coinvolto nell’inchiesta delle tangenti, una ventina d’anni fa.
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