Economia
Il Comune di Torino sempre più vicino al commissariamento: difficili le trattative per vendere le ex municipalizzate
Saranno 40 giorni di passione per la giunta Fassino per evitare a Torino e soprattutto alla loro responsabilità politica il commissariamento. La corsa contro il tempo è già in ritardo dato che la data ultima è il 31 dicembre 2012 con i soldi freschi in mano, non con trattative o con contratti in corso d’opera. I conti del Comune di Torino sono sempre più disperati e il tentativo della staffa di vendere i gioielli di famiglia ovvero le partecipazioni delle ex municipalizzate (Amiat, Gtt, Sagat e Trm) oltre alle possibili cessioni immobiliari non stanno funzionando. Ci vogliono più di 300 milioni di euro, ma ad ora ci sono speranze molto modeste di portarle a casa. Anche perchè vista la situazione drammatica del Comune di Torino, i potenziali acquirenti delle quote societarie delle ex municipalizzate puntano evidentemente a strappare prezzi di favore in negoziazioni private. Lo Spiffero fa un quadro realistico della situazione:
I margini di manovra sarebbero ormai strettissimi. Iren pare decisa a sfilarsi dalla competizione per l’acquisizione dell’80% di Trm e del 49% di Amiat, la cosiddetta filiera ambientale. La multiutility pubblica avrebbe giudicato non conveniente la partecipazione alla gara secondo i termini stabiliti dal Comune di Torino, che peraltro “vanta” nei suoi confronti debiti per 260 milioni. Domenica si terrà un’assemblea straordinaria in vista della quale il sindaco Piero Fassino sta operando affinché i soci possano convincersi della bontà dell’operazione: c’è ancora una flebile speranza e il sindaco intende mettere in campo tutto il carisma e il peso politico per riuscire a persuadere i vertici riluttanti.
Intanto il fondo F2i di Vito Gamberale – partner di Iren solo per l’acquisizione dell’80% di Trm e non certo per il 49% di Amiat – starebbe puntando senza indugi alla negoziazione, la stessa alla quale l’amministrazione sarà costretta a ricorrere anche per la cessione del 49% di Gtt, il Gruppo torinese dei trasporti, alla quale saranno ammesse tutte le aziende che hanno ottenuto la qualifica. Così, oltre alla Trenord, potrebbe tornare d’attualità la proposta degli inglesi di Arriva. Certo, questa prassi rischia di far rivedere al ribasso le pretese di Palazzo Civico, anche se da ambienti vicini al sindaco rivelano che “in fondo non ci si può discostare di molto rispetto a quanto preventivato dal momento che si tratta comunque di una negoziazione che prevede dei vincoli ben chiari”. Palazzo Civico è in fermento: i dossier sul tavolo di Fassino sono tanti e il Comune ha bisogno di denaro liquido come dell’ossigeno. Proprio in queste ore il primo cittadino ha incontrato l’amministratore delegato di Iren Roberto Garbati, naturalmente per parlare di Trm. La deadline (mai come in questo caso da intendersi secondo la traduzione letteraria) è il 31 dicembre.
Assieme al suo vice Tom Dealessandri e all’assessore al Bilancio Gianguido Passoni sta lottando contro il tempo per evitare il peggio, anche perché dalla cessione di pezzi delle partecipate cittadine (alle già citate Gtt, Amiat e Trm si deve aggiungere il 20% di Sagat) dipende il futuro politico e finanziario della città. Da questa operazione l’amministrazione si aspetta di introitare quei 280 milioni indispensabili per rientrare nel patto di stabilità e scongiurare il commissariamento. Ma con ogni probabilità saranno meno. Un’altra nota dolente deriva dalla vendita degli immobili, operazione dalla quale Passoni si aspettava 90 milioni: nella prima asta, però, dei 25 milioni previsti il Comune ne ha incassato solamente uno, altre sono in corso. «Certo sarebbe stato meglio se fossero arrivate delle proposte ammissibili per la filiera ambientale e per Gtt – commenta in un colloquio informale con Lo Spiffero Dealessandri -. Siamo coscienti “di tutto” e lavoreremo fino all’ultima ora per chiudere positivamente queste operazioni».
Lo spettro del commissariamento, a questo punto, rischia di palesarsi in modo sempre più nitido, in una città che, quand’anche dovesse scamparla, si ritroverebbe tra pochi mesi prosciugata di tutte o quasi le proprie società strategiche, ancora piena di debiti e nelle mani di gruppi industriali, fondi d’investimento, istituti di credito e fondazioni bancarie: gli unici ad avere i quattrini necessari per evitare – scongiurata la débâcle finanziaria – il collasso del tessuto produttivo ed economico di un territorio, che per troppi anni si è nutrito di risorse pubbliche.
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