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Cronaca

Sveva Taffara: continua il mistero sulla sua morte

Redazione Quotidiano Piemontese

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A due mesi e mezzo dalla morte di Sveva Taffara non si è ancora fatta luce sulla sua morte, ma in rete continuano i contributi che la ricordano.

Un uomo e una donna si incontrano, hanno voglia di conoscersi e decidono di rivedersi sulla riviera romagnola per trascorrere qualche giorno assieme. Niente di strano, capitano frequentemente situazioni del genere. Però lei da subito capisce che quanto poteva nascere non sboccierà, che quanto al momento della partenza le poteva apparire gioioso, si dimostra al contrario essere triste e inutile. Nonostante abbia solo 26 anni conosce bene il brutto della vita, lo ha provato diverse volte sulla sua pelle e sa come si snodano le storie che di amore non hanno nulla… e quella che forse sperava di iniziare nel migliore dei modi non parlava d’amore. Per questo al primo litigio dice che tornerà a Torino e si fa accompagnare alla stazione di Cesena. Sono le dieci di mattina del 6 agosto quando scende dall’auto di lui e si dirige da sola all’entrata della stazione… ma il treno che va a nord, quello delle dieci e cinque, è già in movimento. La ragazza si siede su una panchina e pensa che in fondo è una donna libera, che non ha voglia di tornare in Piemonte a convivere con i suoi guai, che per una volta può anche decidere cosa fare del suo tempo. E’ in quell’istante che l’altoparlante annuncia l’arrivo dell’intercity diretto a Lecce… ferma anche a Rimini e Riccione, quindi la sua vacanza può continuare. Non ha biglietto, ma che importa. Sono le dieci e dodici quando sale e cerca un posto in cui restare in anonimato… due minuti e quel lungo serpente d’acciao si anima nuovamente strisciando verso quella libertà difficile da assaporare nel piccolo mondo in cui vive la quotidianità, dove chi la conosce la giudica, dove i ricordi sanno solo di dolore e tristezza.

Insomma, la brutta storia che si è creata ed ha strappato a questa terra Sveva Taffara, appare alquanto particolare ed incongruente. Pare quasi ci sia stato qualcuno che, sul quel serpente d’acciaio che correva verso Foggia, si sia offerto di accompagnarla al suo appuntamento speciale. Ed incongruente è anche il dire che per certo Sveva non è arrivata a quelle sorgenti che tanto sognava, quando le telecamere dell’area di servizio Esso di San Nicola di Melfi l’hanno vista partire alle 18.17. E da quel punto venti minuti di viaggio bastano per arrivare a Rionero in Vulture. Sveva è riuscita, prima di morire, a far diventare reale il suo sogno? Ci sia riuscita o meno presto lo scopriremo, perché il killer non potrà restare senza volto. Troppi modi ci sono per scoprirlo e non potrà fare come Giuseppe Taffara, non potrà non finire in galera quando la galera è il minimo che si merita. Nessuno dica che si tratta di suicidio, nessuno dia una mano a quel destino, per Sveva da sempre bastardo, che pare abbia voluto inghiottirla a tutti i costi in modo impensabile e strano. Impensabile e strano come tutta la sua corta ma intensa vita. Un destino così impensabile e strano che poco ci vuole le abbia fatto incontrare altre persone sbagliate, persone che non è stata in grado di tenere a bada come pensava.

Quanto capitato a Sveva il 6 di agosto, si può tranquillamente dire sia più che strano… ma non si può altrettanto tranquillamente dire che porti il pensiero a valutare un suicidio. Sveva prima delle 15 è in treno e dice al fratello che andrà alle sorgenti che portano il suo nome, è presumibile si fosse fatta un piano di viaggio e sapesse di potervi arrivare senza chiedere passaggi… ed allora per quale motivo si dice abbia fatto l’autostop? Avete mai visto persone coi bagagli chiedere passaggi a sconosciuti? Forse che chi ha una valigia ed un trolley se li trascina per strada in attesa che qualcuno si fermi? Certo, Sveva era una donna e questa condizione sessuale facilita i passaggi in auto… ma che senso hanno gli abiti trovati sull’asfalto, assieme al trolley ed ad una sportina che conteneva quanto si era tolta di dosso dopo essersi bagnata alla fontana? Perché non li ha portati con sé fino alla cisterna? Perché bagnarsi e poi spogliarsi… e non viceversa? Perché entrare in mutande in un campo recintato da filo spinato? Come fare ad infilarsi fra il filo spinato senza farsi neppure un graffio? Come ha fatto ad entrare pare essere la domanda dominante, ma altrettanto dominante è il chiedersi come ha fatto a trovare una cisterna che in pochi sapevano esistere… era segnalata da razzi luminosi e cartelli rinfrangenti?

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