Cronaca
Il fenomeno dei macchinoni in giro per le città con targhe estere che evadono le tasse italiane
E’ un fenomeno in forte aumento, quello della circolazione di autovetture di grossa cilindrata e di altro prezzo con targa straniera che si sta diffondendo in tutte le più grandi aree metropolitane. Linkiesta ha studiato il fenomeno:
Circolare in Italia con un “bolide” dotato di targa estera ha, infatti, i suoi benefici. In primo luogo, quello di non pagare, in Italia, l’imposta di possesso sul veicolo (“bollo auto”), che contribuisce a rimpinguare le casse regionali. Con una targa non italiana e non registrata negli elenchi del P.r.a. o della Motorizzazione Civile, si è in grado di sfuggire agli accertamenti fiscali del “redditometro” ed evitare il pagamento delle addizionali sull’imposta di possesso e gli alti premi assicurativi italiani, introdotti dalla precedente legge di stabilità, per le auto di grossa cilindrata. Questi pochi privilegiati, non essendo soggetti alle norme italiane sulla circolazione dei mezzi a motore, non sono obbligati neanche ad effettuare la revisione quadriennale né la certificazione di controllo dei fumi di scarico, detto “bollino blu”.
Inoltre, c’è da aggiungere, che, senza targa italiana, non si è soggetti alla revoca o sospensione della patente o alla sottrazione di punti da essa, a meno che non ci sia una contestazione immediata dell’infrazione – circostanza assai rara, soprattutto lungo le autostrade della penisola. Si è pertanto “invisibili” – in quanto praticamente impossibile, per le forze dell’ordine nazionali, risalire con facilità all’intestatario del veicolo – alle telecamere di tutor, zone a traffico limitato e autovelox, garantendo agli utilizzatori la certezza di non ricevere la notificazione della contestazione e dell’avviso di pagamento delle multe. La legge italiana, al riguardo, prevede infatti che tali atti decadano dalla loro efficacia sanzionatoria, oltre all’obbligo di pagamento, se non pervenuti alla conoscenza del destinatario «entro un termine ragionevole dall’accertamento dell’infrazione». Limitazione, quest’ultima, all’escussione, che di fatto diventa un ostacolo insormontabile, dati i tempi della burocrazia e i costi necessari per effettuare indagini internazionali.
L’articolo 132 del codice della strada, infatti, autorizza «i possessori di autoveicoli con targa estera a circolare in Italia per la durata massima di un anno dalla data di immatricolazione, attestata sul certificato dello Stato di origine», rendendo obbligatoria per il periodo successivo la registrazione negli elenchi della Motorizzazione Civile. La sanzione prevista per il mancato adempimento va dagli 80 ai 318 euro. Multe irrisorie per chi ha la possibilità di attivarsi e spendere, per allestire questo complessa strategia.
Se i vantaggi per il conducente si declinano in termini di evasione ed elusione fiscale, rendendosi del tutto invisibili all’erario, i danni per lo Stato sono di gran lunga maggiori. Oltre che per le casse dell’Agenzia delle Entrate, anche per quelle delle Regioni e dei Comuni, alle quali non pervengono né i proventi del bollo né delle sanzioni amministrative.
Sottrarsi al fisco è infatti l’obiettivo primario. Nel 2011, le auto di lusso (con un costo superiore agli 80.000 euro e con almeno 2.800 c.c. di cilindrata) immatricolate in Italia sono state 110.855, di cui 53.000 solo al Nord. Tra queste, i controlli incrociati dei Nuclei speciali di polizia valutaria delle Guardia di Finanza hanno scoperto 2.806 casi irregolari, con un importo medio di evasione fiscale alle casse dello Stato di 24.643 euro.
Oltre il danno per la collettività, tutto questo comporta dei seri inconvenienti per tutti gli automobilisti: chi resta coinvolto in un incidente con un veicolo con targa e assicurazione straniera deve rivolgersi all’U.C.I. (Ufficio centrale Italiano, ndr), non essendo possibile utilizzare la constatazione amichevole né attivare i canali assicurativi tradizionali.
Come fa un cittadino italiano ad entrare in possesso di un’auto con targa straniera? Abbiamo rivolto la stessa domanda ad Andrej K., cittadino ucraino e barista di un noto locale nel centro di Milano. È proprio lui a spiegare dettagliatamente le modalità con cui poter guidare, sul territorio italiano, una vettura immatricolata nei paesi dell’est Europa. Racconta infatti che «da quando alcuni paesi dell’est, come la Polonia o la Romania, sono entrati in Europa, è tutto più facile. Il trucco è sempre lo stesso ed è facile per chi ha alle proprie dipendenze un cittadino di quei paesi. Gli si fa intestare, infatti, fittiziamente l’auto, che viene immatricolata e assicurata lì dove non ci sono tasse così alte e i prezzi che avete voi in Italia».
A.K. tiene anche a precisare che conosce «dei lavoratori polacchi che sono stati obbligati dal loro principale ad intestarsi le sue due Porsche, minacciando, se non l’avessero fatto, il licenziamento». «E comunque», continua, «fanno tutti così, non solo gli italiani ricchi, ma anche i cittadini dell’Est che lavorano in Italia per sfuggire alle multe», dice con la sicurezza di chi conosce come va il mondo. In un caso o nell’altro, l’evasione fiscale e il danno all’erario sono assolutamente garantiti.
Oltre all’intestazione fittizia a prestanome bulgari, romeni, polacchi, ucraine, slovacchi e anche moldavi, c’è un altro agevole sistema per eludere il fisco e in qualche caso anche avvantaggiarsene: si tratta di un falso contratto di leasing stipulato con concessionarie o agenzie tedesche specializzate, che in più gode del beneficio di poterlo “scaricare” dalla dichiarazione italiana dei redditi per chi sia fornito di partita Iva.
Il gioco è più semplice e la resa maggiore. Per disfarsi di un’auto costosa con targa italiana e sottrarla così ai controlli tributari, la si vende ad una società tedesca di leasing a medio e lungo termine, con la quale l’ex proprietario italiano stipulerà un contratto di noleggio, a tariffe vantaggiose. La stessa automobile scompare dalla disponibilità formale del contribuente italiano per poi ritornargli subito dopo.
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