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Economia

Per Sergio Marchionne la colpa della fine di Fabbrica Italia è della Consob

Redazione Quotidiano Piemontese

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Sergio Marchionne   è intervenuto all’assemblea dell’Unione Industriale di Torino,.  Tra aprile 2010 e ottobre 2011 Fiat abbiamo ricevuto una raffica di richieste dalla Consob: 19 lettere in cui si chiedevano i dettagli finanziari e tecnici su Fabbrica Italia. Giunti all’esasperazione abbiamo emesso un comunicato, era l’ottobre scorso, ritirando Fabbrica Italia e indicando chiaramente che non avremmo mai pià usato quella dicitura nè fornito informazioni sull’entità degli investimenti o sui tempi. La ragione è semplice. Fabbrica Italia era nata con una prospettiva diversa. Era un progetto disegnato per contribuire alla soluzione dei problemi industriali dell’Italia e al suo futuro sviluppo”.

Marchionne ribatte anche a Della Valle: “La smetta di rompere le scatole. Dobbiamo ricordarci che abbiamo davanti  un’Italia che è ancora tutta da ricostruire. Non ci sono ricette segrete se vogliamo lasciare ai nostri figli un futuro che sia all’altezza delle nostre aspettative di crescita industriale, sociale e civile. Niente che si chiami volontà, impegno e lavoro. L’azienda nel suo complesso non è malata, è sana ed è in ottima forma. Fiat prevede di chiudere il 2012 «con ricavi superiori a 77 miliardi di euro, un utile della gestione ordinaria compreso tra 3,8 e 4,5 miliardi che rappresenta il risultato più alto nei 113 anni di storia di una Fiat che includeva la Fiat Industrial, un utile netto tra 1,2 e 1,5 miliardi di euro, un indebitamento netto industriale tra 5,5 e 6 miliardi, liquidità superiore ai 20 miliardi. Il fatto di attaccarsi allo straniero come salvatore dell’Italia è la più grande pirlata che abbia mai sentito in vita mia. Uno può fare scelte di mercato molto chiare, può comprare macchine che non sono nostre, ma non cerchiamo di ammirare troppo gli altri. L’incontro con il governo è stato soddisfacente nel senso che abbiamo messo sul tavolo la situazione. Capiscono benissimo le condizioni di mercato e credo che ci sia un livello di comprensione per le scelte che dobbiamo fare. Nessuno può investire in un mercato che perde”.

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