Economia
Il dibattito in Sala rossa sulla situazione Fiat
Oggi in consiglio Comunale a Torino si è svolto un dibattito sul caso Fiat. La ricostruzione del dibattito da parte dell’ufficio stampa del Comune. Nella sua relazione introduttiva, il vicesindaco Tom Dealessandri ha ricordato come la crisi del mercato dell’auto sia particolarmente accentuata in Italia ma riguardi tutto il continente europeo e tutte le case costruttrici, determinando una contrazione della produzione. Lo stabilimento di Mirafiori vive una forte dissaturazione, situazione simile anche negli stabilimenti di Cassino e Melfi. “La stessa Pomigliano, dove investimenti sono stati effettuati con l’arrivo della produzione della nuova Panda – ha sottolineato il vicesindaco – non ha visto rientrare in fabbrica i 1400 lavoratori inizialmente previsti e mette in atto la cassa integrazione”. Dealessandri ha poi ricordato come l’ad FIAT abbia dichiarato l’impossibilità di mantenere il prospettato piano “Fabbrica Italia”: a Mirafiori è sospesa la realizzazione della nuova linea ed è stata rimandata la sostituzione della nuova Punto a Melfi. “
A questo punto ci si chiede se gli stabilimenti rimarranno o meno. Il governo, anche su pressione di partiti e sindacati ha chiesto chiarimenti a FIAT. Da parte nostra, come amministrazione comunale abbiamo cercato di fare il possibile affinché FIAT tenga conto del nostro passato, del legame forte con la città e con il Paese: è inconcepibile che la FIAT se ne vada da qui”, ha aggiunto il vicesindaco, che ha aggiunto: “Dopo l’incontro col governo, è emerso da parte di FIAT che oggi non è messo in discussione alcuno stabilimento, anche se la dissaturazione è quella che ricordavo, ma la situazione è complessa – ha sottolineato – Oggi molti gruppi automobilistici stanno mettendo in discussione i loro impianti. General Motors sta preparando una ristrutturazione degli impianti in Europa (Opel) ma questo non dovrebbe mettere in discussione l’impianto GM torinese, dedicato all’evoluzione tecnologica (diesel e ibrido)”.
Dealessandri ha poi aggiunto che pesa il fatto che ci sia cassa integrazione per l’ultimo trimestre 2012 agli Enti centrali, segno che l’avvenuta integrazione con Chrysler determina esuberi, mentre più positiva è la situazione di Powertrain, dei settori componentistica ingegneria e progettazione, poiché si produce e progetta per mercati meno sofferenti, come le Americhe. La parte di evoluzione sul prodotto e questo mette il Gruppo Fiat in condizione di prepararsi a nuove situazioni di mercato, e Marchionne ha prospettato, a Las Vegas, decine di nuovi modelli nei prossimi anni. Sull’incontro col governo, occorre un sostegno all’esportazione, non soltanto per il settore auto, se ne occuperà il Ministero dello sviluppo economico. Altro tema, ha proseguito il vicesindaco, quello degli ammortizzatori sociali, che ad esempio per Mirafiori andranno verso l’esaurimento. Ci sono in Piemonte 45 importanti aziende metalmeccaniche in crisi, in un terzo di esse siamo già ai contratti di solidarietà, dopo i quali, se non si supera la crisi, c’è la chiusura.
“La situazione non è semplicemente di crisi, se non viene affrontata in termini globali si può arrivare alla messa in discussioni di interi settori industriali”, ha poi Aggiunto il vicesindaco, ricordando che ad essere in sofferenza non è solo il settore dell’automobile.
“Tutti devono fare la loro parte: gli enti locali, la FIAT, il governo. Noi cerchiamo di realizzare la seconda cittadella del Politecnico a Mirafiori, ci prepariamo per i nuovi Fondi europei del 2013-2020, vogliamo fare tutto il possibile perché si rivitalizzi il settore. Da parte sua, FIAT lavori seriamente per affrontare la situazione, al di là delle rassicurazioni sulla permanenza in Italia. Anche il governo, infine, deve attivarsi per salvaguardare il settore automotive in Italia”, ha concluso il vicesindaco.
La parola è passata ai consiglieri.
Andrea Tronzano (PDL): Contesto l’Amministratore delegato di Fiat Marchionne quando dice che l’azienda investirà solo dove avrà incentivi, perchè la Fiat dal 1977 ha avuto 7,8 miliardi di Euro.
Marchionne ha ragione quando dice che l’Italia è in ritardo su tutti i parametri utili allo sviluppo (infrastrutture, fisco, costo del lavoro) ma deve ricordare che siamo un popolo coraggioso, che si è schierato a favore del referendum in tutte le sue componenti più illuminate.
Concludo parlando dei 45mila lavoratori dell’indotto Fiat, che sono in cassa integrazione in deroga e che pesano sui nostri bilanci. Su questo ci vuole una risposta rapida, compatibilmente con le esigenze del mercato, per evitare che l’assenza di certezze sugli investimenti Fiat, costringa alla chiusura molte aziende.
Maurizio Marrone (Pdl): Occorreva fare chiarezza con Fiat un anno fa, quando sulle prospettive dell’azienda fu bocciato un Ordine del giorno in Sala Rossa. Oggi ci troviamo alle prese con un brusco risveglio: l’archiviazione del progetto di Fabbrica Italia. Marchionne e la Fiat hanno già fatto chiarezza dicendo a chiare lettere che faranno ciò che ritengono giusto fare.
Ora chiedo che il Consiglio comunale promuova un azione per trovare un’alternativa al rinnovo del mercato automobilistico torinese, invece di sostenere ennesimi aiuti di Stato, pur indiretti come gli sgravi fiscali, per il rilancio industriale di Fiat.
Fabrizio Ricca (Pdl): Posso capire Fiat, ma non la giustifico. La situazione complessiva è indubbiamente difficile. Ma il vero problema è la pressione fiscale del nostro Paese. Il 68 per cento che le aziende versano in tasse allo Stato è una percentuale altissima rispetto agli altri Paesi, dove si versa fino al 24,2 per cento in meno. Si potrebbe aiutare l’azienda senza degli aiuti di Stato, bensì facendo pagare meno imposte all’azienda.
La Fiat deve restare a Torino. Ma vogliamo i fatti e vogliamo conoscere le intenzioni della casa automobilistica. Non possiamo più aspettare.
Vittorio Bertola (Movimento 5 stelle): Mi piacerebbe poter produrre le registrazioni di quel che dicemmo noi e quel che disse Fassino, allora non ancora sindaco, e anche Chiamparino, nel dicembre 2010:” Voterei sì al referendum altrimenti la Fiat potrebbe non investire e andare all’estero”. Eppure quel piano che puntava su un Suv, auto senza futuro, e sull’abolizione delle pause pipì degli operai non era credibile. Vorrei sapere qual’era il ragionamento che costoro facevano.
Intanto prosegue la politica dei 90 gradi, ancora nuovi incentivi per la Fiat e poi varianti urbanistiche per permetterle nuove speculazioni immobiliari. Persino le mummie dell’Egizio gli abbiamo dato. Infine la vicenda dell’offerta di un’azienda per realizzare a Torino il car sharing con veicoli elettrici: è lo stesso assessore all’ambiente che ha rivelato l’esistenza di un veto da parte di Fiat.allora il problema non sono gli incentivi ma la classe politica. Se vogliamo dare un futuro all’automobile, nelle sue forme innovative e Fiat non è interessata, si spezzi la catena del servilismo e si cerchino altri partner.
Silvio Magliano – Pdl: Mi pare chiaro che gli uomini di buona volontà hanno fatto e stanno facendo di tutto e mi riferisco a questa Amministrazione che su una questione come questa non deve dividersi indebolendo la propria azione.
C’era un problema di produttività in questa azienda ma non ostante l’esito del referendum non è cambiato nulla in Fiat.
Ora il problema che abbiamo davanti ed il confronto tra Fiat e governo rischia di marginalizzarci.
Spaventa pensare all’indotto cresciuto attorno a Fiate e pensare che tutto quello che questa città, passata da un re ad un altro re ha fatto per questa azienda e per questa famiglia, non ci abbia insegnato la lezione. Fiat dovrebbe considerare che il design dell’auto è nato qui e che sull’automobile abbiamo centrato la formazione dei nostri giovani.
Oggi non sianmo in grado di attrarre altre realtà, come Wolkswagen, eppure non sono certo gli uomini e le competenze che ci mancano
Enzo Liardo (Pdl): Chiediamoci per quali ragioni alcune società automobilistiche marginali hanno raddoppiato le vendite. La Fiat, negli ultimi anni, non ha grossi interessi ad investire in Italia, non ha mai aggredito il mercato (anche sul piano pubblicitario), non ha neanche saputo cavalcare le mode in ambito automobilistico. Occorre cambiare atteggiamento verso Fiat.
Federica Scanderebech (Fli): Torino senza la Fiat è una città morta. Intorno all’auto c’è un indotto di diciottomila persone, con alle spalle 18 mila famiglie che hanno scelto in anni passati di venire a lavorare a Torino.
Occorre essere consapevoli di questo e fare in modo che questo dibattito produca un atto condiviso da parte di tutte le forze politiche, perché Fiat possa continuare a produrre benessere, perchè gli stabilimenti possano restare attivi e vi siano alti livelli di occupazione. Il 13 ottobre ci sarà una marcia, a Mirafiori. Sarà l’occasione per dire che Fiat deve restare in città, perché nessun salvatore straniero potrebbe venire a salvarci.
Marco Grimaldi (Sel): Lo scorso anno chiedevamo a Marchionne di deporre le armi di “distrazione di massa”. Oggi apprendiamo che tutte le scuse sono finite. Di sicuro non si potra’ dire che e’ colpa della Cgil se la Fiat continua perdere quote di mercato e sono congelati 20 miliardi di investimenti. Pur di non parlare di politiche industriali, investimenti e ricadute occupazionali, economiche e sociali, il Paese ha subito la retorica sui fannulloni di Pomigliano, sui
sindacalisti che non si assumono responsabilità, su profitti brasiliani che pagano le perdite italiane. Nel frattempo, questa offensiva culturale ha ottenuto un mondo del lavoro più povero e diviso, la sospensione del Contratto nazionale dei lavoratori metalmeccanici e una legge “ad aziendam” che ha cancellato decine di lotte, decine di
anni di lotte e diritti conquistati nel dopoguerra.
Fiat ricordava a tutti noi nella pubblicita’ Fabbrica Italia che “le cose che creiamo ci dicono cosa diventeremo”. Cosa diventeremo creando niente? La Città non ha neanche promosso gli incontri tra le città che ospitano insediamenti Fiat. Stiamo per perdere l’auto, un pezzo del futuro produttivo della Città.
Stefano Lo Russo (PD): Marchionne elenca come problemi del Paese la competitività, l’accesso al credito e un’eccessiva rigidità dei controlli sulle società quotate. E oggi dichiara che il problema del sistema produttivo Fiat non sono i lavoratori: è un fatto da cui partire. Resta però il problema che se in questo periodo di crisi la Fiat rinuncia a creare nuovi modelli, finita la crisi avrà eroso quote di mercato e perso concessionari. A fronte di impegni concreti richiesti da Marchionne, il Governo deve chiedere a Fiat impegni altrettanto concreti e precisi. Sorprende l’auspicio di molti relativo al fatto che investitori stranieri si sostituiscano alla Fiat: perché poi dovrebbero investire altri e non Fiat, garantendo occupazione, produttività e ricchezza territoriale? Come Consiglio comunale siamo stati sempre attenti, consci però dei limiti della nostra azione. È importante ora essere compatti e dire con chiarezza che il tempo delle promesse e degli impegni generici è finito. Occorre chiedere impegni chiari e cogenti perché Fiat, e non altri, rimangono sul nostro territorio.
Michele Curto (SEL): Vorrei ricordare che oggi a Mirafiori si fanno solo due vetture: MiTo e Musa. E la produzione della MiTo è frutto di accordi fatti con la Città di Torino. Non credo che la Città si trovi impotente: abbiamo accettato un ruolo subalterno all’azienda. Perché parlare di produttività se non c’è più produzione? C’è la crisi dell’auto, ma Fiat perde quote di mercato doppie rispetto ai concorrenti e produce in Italia solo 400mila vetture: meno di quelle che vende. A Mirafiori, negli ultimi anni, si è passati da una produzione di 172mila vetture alle 44mila vetture quest’anno. E l’anno prossimo saranno solo 30mila. Questa è l’eutanasia della fabbrica. Fermiamo questa pantomima. Oggi in Fiat salgono le quote dei fondi americani e la proprietà storica, che noi non abbiamo mai chiamato, rischia di essere estromessa. Apriamo un tavolo urgente con la Fiat e il Governo, altrimenti i primi a rimetterci saranno i lavoratori, che già oggi sono i più colpiti dalla cassa integrazione: il loro reddito netto è stato drasticamente tagliato da 1.300 euro a 850 euro al mese. Dal 2011 a oggi a Mirafiori su 450 giornate di lavoro sulla linea della Musa si è lavorato solo 77 giorni.
Il dibattito si è quindi concluso con la replica del sindaco Piero Fassino, che ha riassunto le caratteristiche della crisi europea del mercato dell’auto, evidenziando come il calo delle vendite riguardi pressoché tutti i marchi, in misura spesso analoga ai marchi del gruppo FIAT. “E’ la crisi più profonda nel settore auto dal dopoguerra e non si può dunque ascrivere al gruppo dirigente del Lingotto ogni responsabilità”, ha spiegato Fassino, invitando a non ragionare in astratto, bensì partendo da un esame obiettivo dei fattori della crisi. Il sindaco è poi entrato nel vivo dell’argomento dell’incontro tra governo e FIAT: “A mio avviso, nell’incontro si sono acquisiti tre punti non scontati: in primo luogo, si è trattato di una riunione non formale, dove si è parlato concretamente di politica industriale e non solo di problemi di occupazione, con un impegno del governo ad attivare misure a sostegno della competitività. In secondo luogo, c’è stata una dichiarazione esplicita da parte dell’azienda di non voler dismettere siti produttivi in Italia, a conferma di quanto John Elkann e Sergio Marchionne mi avevano già detto nei giorni precedenti. Infine, il governo si è impegnato ad attivare misure di sostegno all’esportazione, con la prospettiva che FIAT utilizzi i suoi impianti italiani per la produzione destinata al mercato americano, in crescita”.
Acquisizioni importanti per Fassino, che ha poi ricordato, a proposito della polemica sui nuovi modelli, che è difficile immetterne in un mercato che non compra, tanto più con la moderna organizzazione degli stabilimenti basata sul just in time, su scorte minime. “Oggi il problema non è tirar fuori nuovi modelli ma mettere in campo azioni per far sì che la FIAT sia pronta al momento della ripresa del mercato”, ha spiegato Fassino, aggiungendo che dall’ideazione alla messa in produzione di un modello occorrono 18-24 mesi, per cui le scelte verso la futura ripresa vanno fatte adesso. “Non servono recriminazioni sul passato, dobbiamo guardare alla prospettiva, occorre creare le condizioni perché la FIAT si trovi pronta a cogliere le future opportunità di un mercato uscito dalla crisi. E da parte nostra vogliamo fare tutto ciò che è possibile per ottenere questa certezza”, ha aggiunto il primo cittadino, specificando che tra la Città e i vertici della FIAT il contatto è costante. Fassino ha anche affermato che l’idea da alcuni a tratti ventilata di favorire l’insediamento di produttori stranieri si scontra con una situazione che vede i costruttori intenti a chiudere e ridimensionare gli impianti più che ad aprirne di nuovi. “In questi anni – ha poi aggiunto Fassino – abbiamo assistito alla scomparsa di grandi aziende industriali: è sparita l’Olivetti, sta scomparendo il gruppo Indesit-Merloni, l’equivalente della FIAT per gli elettrodomestici.
E senza che si sia battuto un colpo, mentre se si parla di FIAT scatta quasi un riflesso ideologico. Dobbiamo avere più determinazione nell’affrontare i problemi dell’industria, in questi anni i governi non vi hanno dedicato sufficiente attenzione”. Il sindaco ha poi ribadito: “Vogliamo che la FIAT resti in Italia, A Torino, dove è nata e cresciuta. L’azienda deve sentire in questo un dovere morale, noi dobbiamo contribuire a far sì che questo avvenga, per garantire che Torino rimanga un grande hub dell’automobile, con la FIAT e le tante aziende di componenti e dell’indotto che hanno saputo reggere alla crisi differenziandosi sul mercato e divenendo fornitrici anche per altri marchi del sistema auto. Il patrimonio di competenze e di saper fare di Torino è immenso, dobbiamo tutelarlo. Dobbiamo sostenerlo e avere una costante sollecitazione nei rapporti con il governo, con l’azienda, con i sindacati. La situazione resta complessa ma non siamo rassegnati né passivi. Faremo tutto ciò che è in nostro potere perché la FIAT continui a considerare Torino e l’Italia luoghi strategici. E metteremo in pista il completamento degli insediamenti non solo commerciali ma anche produttivi sull’area TNE di Mirafiori””, ha concluso il sindaco.
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