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Il cielo sopra Fassino, i problemi sotto gli occhi dei cittadini di Torino: il sindaco replica all’Espresso

Redazione Quotidiano Piemontese

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L’Espresso dedica un articolo alla situazione di Torino a cui Fassino ha reagito con un suo intervento sul sito del magazine.

Com’erano rassicuranti, le frasi di Piero Fassino. “Con Sergio Marchionne ho rapporti fluidi e una buona interlocuzione”, diceva il 18 maggio 2011 nei panni di neosindaco di Torino, certo, ma anche in quelli di ex responsabile fabbriche del Pci. “Incalzerò il governo perché compia scelte di politica industriale che rendano possibile la permanenza della Fiat a Torino e in Italia”, aggiungeva. Senonché la realtà ha sgambettato il suo ottimismo. “Non era mai successo”, sottolineano i sindacalisti di Mirafiori, “che i 5 mila 400 dipendenti dei nostri enti centrali, per la maggior parte colletti bianchi, finissero sei giorni in cassa integrazione”. Invece questo è lo spettacolo a cui si assisterà tra giugno (14, 15, 21) e il prossimo luglio (12, 13, 19). Una prima volta che Maurizio Marrone, consigliere comunale Pdl, interpreta senza sconti: “Per Torino è l’apice di una stagione marchiata da conti in rosso, promesse sbiadite e politiche fallimentari”. E anche se la maggioranza, ufficialmente, respinge le accuse, in via riservata parla di “una stagione buia, figlia di errori che andranno corretti”.

Il riferimento, esplicito, è alla grandeur di Sergio Chiamparino, l’ex sindaco a cui destra e sinistra riconoscono gli stessi pregi, ma anche gli stessi difetti. “Da una parte, approfittando delle Olimpiadi invernali 2006, ha rilanciato la città rendendola più moderna ed efficiente”, dice Roberto Tricarico del Pd. “Dall’altra”, completa il quadro l’opposizione, “ha sommerso Torino di spese insostenibili”. Al punto che, nel consuntivo 2011 appena presentato, figlio anche della scure del governo sugli enti locali, “risultano 260 milioni di passivo di gestione e 4,5 miliardi di debiti complessivi”. Senza contare il fondo di tesoreria, “precipitato da 158 milioni a una mancetta di 2 mila 700 euro”.

“La situazione è drammatica”, denuncia il Movimento 5 Stelle. E il problema, oltre alle miserie di cassa, è il momentaccio mediatico che sta attraversando Fassino. A maggio, per dire, nessuno voleva credere che intendesse celebrare le nozze di Nicola D’Amore, ex brigatista condannato per omicidio e rapina: tant’è che ha dovuto rinculare, alla svelta, sotto il bombardamento delle polemiche nazionali. Per non parlare dei fischi che, negli ultimi tempi, accolgono Fassino quando si espone in pubblico. “E’ successo al corteo del primo maggio”, ricorda malvolentieri un Pd torinese. Ma anche domenica 13 maggio, se è per questo, giorno in cui la Juventus ha conquistato lo scudetto e lui allo stadio è stato zittito dai tifosi. “Fino al ventennale della strage di Capaci”, testimoniano i politici presenti il 23 maggio alla Biennale per la legalità, “quando la piazza lo ha fatto desistere ancora una volta dal prendere la parola”.

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La replica di Fassino

Onestà intellettuale, rispetto per le persone e deontologia professionale vorrebbero che se si scrive su una città e il suo Sindaco, se ne sentisse almeno l’opinione. L’Espresso non ha ritenuto di farlo, e allora dico qui la mia opinione per rispetto e tutela dei lettori dell’Espresso e dei cittadini di Torino andando al merito dei fatti.

Cominciamo dai conti in rosso. L’indebitamento della città di Torino – che non è di 4,5 ma di 3,4 miliardi – è dato da una spesa per investimenti e non da spesa corrente (che a Torino è inferiore alla media nazionale). Nell’arco di dieci anni la Città di Torino ha investito su metropolitana, sistema ferroviario metropolitano, termovalorizzatore, teleriscaldamento, impianti olimpici, valorizzazione delle residenze sabaude e del patrimonio architettonico e urbano.

Ma Torino paga la cecità dell’attuale Patto di stabilità che non distingue tra spesa corrente e spesa per investimenti, con l’esito paradossale di penalizzare chi investe. E’ così vera questa stortura che per rimediarvi si è deciso che gli investimenti per Expo 2015 non saranno conteggiati nel Patto. Se lo si fosse fatto per i Giochi Olimpici 2006, Torino sarebbe oggi in una situazione certamente più tranquilla.

E’ questa una delle ragioni per cui mi sono battuto – insieme agli altri Sindaci e all’Anci – perché il Patto di stabilità venisse rivisitato. Rivendicazione del tutto coerente con la proposta del Presidente Monti avanzata in sede europea perché il Patto di stabilità e i suoi vincoli vengano flessibilizzati. E registro con soddisfazione che nell’incontro Governo – Anci di qualche giorno fa il Presidente del Consiglio abbia annunciato la volontà di accogliere la richiesta dei Sindaci a partire dal 2013.

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