Cultura
Arriva Roberto Saviano e il Salone del Libro sembra uno stadio. La fotogallery
Più che al Salone del Libro, oggi, verso mezzogiorno, all’Auditorium del Lingotto, sembrava di essere allo stadio. Salutato da un lungo applauso in apertura e addirittura da una standing ovation in chiusura Roberto Saviano ha rubato la scena a Francesco Piccolo, Michele Serra, Luciana Littizzetto e Fabio Fazio che lo accompagnavano sul palco. Il direttore del Salone del Libro Ernesto Ferrero ha fatto da gran cerimoniere disinnescando l’eversione della Littizzetto e ponendo, da subito, l’accento sul contributo dato alla cultura del libro da Saviano e Fazio con le loro trasmissioni.
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Da domani e per tre sere Saviano e Fazio saranno i protagonisti di Quello che (non) ho la trasmissione di La 7 che ha scelto come sfondo le Officine Grandi Riparazioni di Torino che ospitano la mostra Fare gli italiani che ha molto colpito Roberto Saviano. Lo scrittore è tornato sul suo dirompente esordio letterario: “Quando ho scritto Gomorra non pensavo che avrebbe potuto interessare un così vasto pubblico e non lo pensava nemmeno il mio editore. Ma raccontare delle storie permette di condividere e la condivisione permette il cambiamento. Sono stati i lettori a rendere pericolose le mie parole. Alla criminalità organizzata o alle dittature, passate e presenti, non importa tanto che una parola venga detta, quanto che quella parola ‘passi’ al pubblico e crei empatia. Christian Poveda, regista messicano de La vida loca, è stato ucciso dalle stesse persone che gli hanno consentito di girare il documentario sul narcotraffico, dopo che questo era riuscito a penetrare sul mercato americano”. Ciò che veramente spaventa la camorra e le mafie, dunque, è che chi parla di questi fatti riesca a usare un linguaggio capace di raggiungere il pubblico e di differenziarsi dal magma indistinto di una sovrainformazione nella quale tutto si confonde.
È un discorso sull’ambiguità della comunicazione che Michele Serra, uno degli autori di Vieni via con me e, ora, di Quello che (non) ho , ha spostato sullo scenario televisivo nel quale “si è ormai creato un classismo dei pubblici, con trasmissioni nelle quali si può lavorare, anche con fatica, per un pubblico capace di accogliere un linguaggio alto e altre nelle quali il linguaggio diventa corrivo e basso”. Come ha ricordato Saviano non esiste al mondo trasmissione con ospiti letterari che possa vantare i numeri di Che tempo che fa di Fazio. Nonostante questo e nonostante il clamoroso successo di Vieni via con me (maggiore ascolto di sempre nei 33 anni di vita di Raitre) Quello che (non) ho è dovuto emigrare a La 7 dove quasi sicuramente farà registrare un altro record di rete.
Saviano ha anticipato uno dei temi dei suoi monologhi: parlerà di Beslan, della strage perpetrata in un teatro dell’Ossezia nel settembre 2004. Non si limiterà a raccontare ciò che si è letto sui giornali ma scenderà nei dettagli con un esercizio terribilmente pericoloso. Perché è quello che le madri di Beslan vogliono: che si buchi il muro dell’omertà e che le parole “passino”. E anche i lettori e gli spettatori sono parte di questa catena della narrazione, di questa responsabilità condivisa: “Difendete ciò che vi piace perché è quanto di più necessario ci possa esistere”. Applausi e auditorium in piedi.
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